Ordinanza n. 133 del 1983

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ORDINANZA N. 133

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3 e 15 della legge 15 novembre 1973, n. 734 (Concessione di un assegno perequativo ai dipendenti civili dello Stato e soppressione di indennita' particolari) e dell'art. 2675 cod. civ. (Responsabilità del conservatore) promosso con ordinanza emessa il 5 febbraio 1979 dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Oliva Vincenzo ed altri contro il Ministero di Grazia e Giustizia ed altri, iscritta al n. 83 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 98 del 9 aprile 1980. Visti l'atto di costituzione di Oliva Vincenzo ed altri e di Minafra Vincenzo e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto che, coll'ordinanza e nel giudizio di cui all'epigrafe, il TAR del Lazio sollevava questione di legittimità costituzionale degli artt. 2,3 e 15 l. 15 novembre 1973 n. 734, nonché dell'art. 2675 cod. civ. per contrasto con gli artt. 3, 28, 36 e 97 Cost. in quanto, stabilendo la corresponsione di un assegno perequativo agli impiegati civili dello Stato, disponevano fra l'altro che gli emolumenti riscossi dai conservatori dei registri immobiliari, per attività espletate a richiesta e nell'esclusivo interesse dei privati, fossero integralmente versati al bilancio dello Stato, in conto entrate eventuali del Tesoro, che, però, detta legge, mentre privava i predetti funzionari dei cennati emolumenti, lasciava tuttavia sussistere la diretta responsabilità dei conservatori nei confronti dei privati utenti dei servizi di conservatoria (art. 2675 cod. civ.); responsabilità addirittura più grave di quella prevista per ogni altro impiegato dello Stato (artt. 22 e 23 d.P.R. 3/1957) in quanto estesa alla colpa lieve, e per di piu' escludente quella solidale dello Stato. Che, per tutto ciò, i citati articoli della legge impugnata venivano a risultare incompatibili con i principi di uguaglianza, di responsabilità civile e amministrativa, di imparzialità della pubblica amministrazione e di proporzionalità retributiva, che svolgeva intervento il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo, tramite l'Avvocatura dello Stato, che le questioni fossero dichiarate infondate per vari motivi. Considerato, però, che frattanto e' sopravvenuta la l. 21 gennaio 1983 n. 22 che coll'art. 2 ha abrogato l'art. 2675 cod. civ., coll'art. 5 ha equiparato la responsabilità dei conservatori a quella degli altri impiegati civili dello Stato, e coll'art. 6 ha esteso al Ministero delle Finanze la responsabilità per i danni cagionati dai conservatori dei registri immobiliari dopo il 24 novembre 1973, anche nelle ipotesi di assenza di dolo o colpa grave, che conseguentemente il giudice a quo dovrà valutare l'incidenza delle nuove citate disposizioni sulle questioni sollevate, per cui e' necessario restituirgli gli atti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al TAR del Lazio.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1983.

Leopoldo ELIA -  Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI -  Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO – Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 21 aprile 1983