Sentenza n. 110 del 1983

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SENTENZA N. 110

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 44 del r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033 (repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei prodotti agrari) promosso con ordinanza emessa il 6 marzo 1976 dal Pretore di Atessa, nel procedimento penale a carico di Pugliese Guido ed altro, iscritta al n. 444 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 205 del 4 agosto 1976.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 20 ottobre 1982 il Giudice relatore Alberto Malagugini;

udito l'avvocato dello Stato Sergio La Porta, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un procedimento penale per i reati di cui agli artt. 5 e 76 cpv. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162 e 5 lett. f) l. 30 aprile 1962, n. 283 instaurato sulla base di analisi di revisione - confermativa di quella di prima istanza dalle quali era risultato che i campioni prelevati da alcune partite di vino prodotto dagli imputati Pugliese Guido e Pugliese Francesco, contitolari della ditta omonima, erano colorati artificialmente, il vice Pretore di Atessa, con ordinanza dibattimentale del 6 marzo 1976, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 44 r.d. l. 15 ottobre 1925, n. 2033, modificato - si dice nel provvedimento - "con legge 283 del 1962 e legge 7 agosto 1973, n. 519".

Nella succinta motivazione dell'ordinanza, il giudice a quo, dopo aver affermato trattarsi di questione "rilevante e non manifestamente infondata", assumeva il contrasto del su indicato art. 44 con gli artt. 3, 24 e 113 Cost. "nella parte in cui fa obbligo al sequestrato del deposito della somma di lire 10.000, attualmente lire 50.000, per la revisione delle analisi, in considerazione anche della entità dei beni sottoposti a sequestro, sufficiente alla garanzia del pagamento delle spese".

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, veniva pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 205 del 4 agosto 1976.

2. - L'Avvocatura dello Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, rilevava che le medesime questioni erano già state dichiarate infondate da questa Corte con la sentenza n. 6 del 1965 e che a diversa conclusione non poteva condurre il fatto che il pagamento delle spese di analisi possa trovare sufficiente garanzia nei beni sequestrati. Il sequestro ha, infatti, finalità diverse dal deposito cauzionale; e d'altra parte esso non dà certezza di soddisfacimento come nel caso, ad esempio, che la merce debba essere distrutta ai sensi dell'art. 1 l. 283/1962.

Considerato in diritto

1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe emessa alla pubblica udienza del 6 marzo 1976 nel procedimento penale a carico di Pugliese Guido ed altro, il Vice Pretore di Atessa ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44 del r.d.l. 15 ottobre 1925 n. 2033, "nella parte in cui fa obbligo al sequestrato del deposito della somma di lire 10.000 attualmente lire 50.000 per la revisione delle analisi" ("in considerazione anche della entità dei beni sottoposti a sequestro, sufficiente alla garanzia del pagamento delle spese"). La disposizione di legge denunziata, a giudizio del pretore rimettente, potrebbe essere in contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 Cost.

2. - Va anzitutto premesso che l'ultimo comma dell'art. 44 del r.d.l., n. 2033 del 1925, convertito nella legge 18 marzo 1926, n. 562 e modificato dalla legge 27 febbraio 1958, n. 190 - e cioè la sola disposizione di legge denunziata - é stato sostituito dall'articolo unico della legge 23 aprile 1975, n. 149 e non può più, quindi, essere oggetto di censura.

Tanto premesso anche a giudicare ininfluente l'errore in cui é incorso il giudice a quo, la questione da lui sollevata - peraltro, già sottoposta, negli stessi termini, a questa Corte, che l'ha dichiarata non fondata con la sentenza n. 6 del 1965 - é pur sempre manifestamente inammissibile.

Invero manca, nella ordinanza di rimessione, il benché minimo accenno di motivazione sulla rilevanza della questione stessa, che non é dato desumere altrimenti, posto che il Vice Pretore di Atessa l'ha sollevata al dibattimento dopo e in conseguenza della già esperita revisione dell'analisi.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44 del r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033, nel testo sostituito dall'art. 1 della legge 27 febbraio 1958, n. 190 e modificato dall'articolo unico della legge 23 aprile 1975, n. 149, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 Cost. dal vice Pretore di Atessa con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 aprile 1983.

Leopoldo ELIA -  Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI -  Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO – Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 28 aprile 1983.