Sentenza n. 108 del 1983

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SENTENZA N. 108

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche) promosso con ordinanza emessa l'1 dicembre 1977 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Sondrio, sul ricorso proposto da Bruni Alessandro, iscritta al n. 144 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 149 del 31 maggio 1978.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 14 aprile 1982 i1 Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;

udito l'avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un giudizio promosso da un contribuente che aveva posto in detrazione, nella propria denuncia dei redditi, una somma corrisposta per borse di studio ed altre erogazioni liberali - detrazione esclusa dall'ufficio delle imposte in quanto ai sensi dell'art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 le erogazioni liberali sono deducibili solo dai redditi d'impresa e tali non erano quelli in oggetto - la Commissione tributaria di 1 grado di Sondrio, con ordinanza 1 dicembre 1977 ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dell'art. 60 cit. in quanto prevede la deducibilità delle erogazioni liberali, per fini di ricerca scientifica ed istruzione universitaria, soltanto dai redditi d'impresa.

Detta norma comporterebbe una ingiustificata disparità di trattamento fra tassazione dei redditi d'impresa e tassazione degli altri redditi, nonché violazione dell'art. 53 della Costituzione sotto il profilo che tale norma sancirebbe un principio di uguaglianza anche nelle agevolazioni fiscali.

Nel giudizio dinanzi a questa Corte si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata; la limitazione delle deducibilità delle erogazioni liberali a fini di ricerca scientifica ed istruzione universitaria ai soli redditi d'impresa sarebbe razionale, in quanto dette erogazioni per le imprese avrebbero un nesso con la loro attività ed il loro reddito, mentre non lo avrebbero negli altri casi.

Non esiste allora uguaglianza di situazioni oggettive fra i produttori di redditi di diversa natura e la non uniforme disciplina degli oneri deducibili dal reddito lordo di ciascuno, in quanto non sarebbe in contrasto col principio di uguaglianza, attuando viceversa esattamente il principio della tassazione proporzionata alla capacità contributiva.

Considerato in diritto

1. - La Corte é chiamata a decidere se sia costituzionalmente legittima, con riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., la disposizione contenuta nell'art. 60, secondo comma, lettera a), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 ("Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche"), in base alla quale sono deducibili dal reddito di impresa, nei limiti del due per cento della somma imponibile, le erogazioni liberali fatte dalle imprese a favore di università e di istituti di istruzione universitaria.

Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale di tale norma, in quanto essa, limitata ai soli redditi di impresa, porrebbe in essere una ingiustificata disparità di trattamento, nell'ambito dell'IRPEF, a detrimento degli altri tipi di redditi che a norma dell'art. 1 del citato d.P.R. n. 597 sono soggetti all'or menzionata imposta.

2. - La questione non é fondata.

Le disposizioni legislative le quali contengono agevolazioni e benefici tributari di qualsiasi specie, quali che ne siano le finalità, hanno palese carattere derogatorio e costituiscono il frutto di scelte del legislatore, al quale soltanto spetta di valutare e di decidere non solo in ordine all'an, ma anche in ordine al quantum e ad ogni altra modalità e condizione afferente alla determinazione di dette agevolazioni: come questa Corte ha già riconosciuto (sentenza n. 134 del 1982) la deducibilità, infatti, "va concretata e commisurata dal legislatore ordinario secondo un criterio che concili le esigenze finanziarie dello Stato con quelle del cittadino chiamato a contribuire ai bisogni della vita collettiva, non meno pressanti di quelli della vita individuale".

Ora, per costante giurisprudenza di questa Corte, valutazioni e scelte di questo genere non sono sindacabili dal giudice della legittimità costituzionale se non quando esse si appalesino irrazionali o ingiustificate.

Il che non avviene nel caso di specie, dato che il citato art. 60, lettera a), che ha accordato ai soli redditi di impresa la detraibilità delle predette erogazioni, appare sorretto da sufficienti motivi.

Ed invero, premesso che il d.P.R. n. 597 del 1973 accoglie, ai suoi fini, nell'art. 51, una nozione di impresa più ampia di quella che dà il codice civile nell'art. 2195 (sicché la sfera di applicazione del beneficio in parola risulta essa stessa notevolmente ampia), non possono porsi sul medesimo piano i redditi che devono essere qualificati giuridicamente come redditi di impresa e quelli che tale qualifica non hanno: i primi, infatti, sono sottoposti per molti aspetti (compreso quello tributario) ad un regime giuridico differenziato, come conseguenza della struttura propria di una impresa e, soprattutto, della funzione che questa svolge nella vita economica e sociale della Nazione.

Ne consegue che il reddito di impresa, legato anche (art. 52 del citato d.P.R. n. 597) alle risultanze di apposite documentazioni che devono essere tenute dai titolari delle imprese, non può essere posto sullo stesso piano di redditi di diversa fonte.

D'altro canto il legislatore con la norma in questione ha inteso incentivare una forma di partecipazione delle imprese ad attività scientifiche e culturali, che non é infrequente da parte delle imprese medesime, anche in ragione dell'interesse che molte di esse indubbiamente hanno per le or cennate attività: e perciò l'art. 60 non solo comprende le erogazioni di cui trattasi fra gli oneri deducibili al momento della denuncia dei redditi, ma altresì, definisce tali oneri come "sociali", a questo titolo escludendoli, sia pure parzialmente, dalla determinazione dei redditi.

L'art. 60, lettera a), infine, si inquadra in una vasta serie di disposizioni tributarie che, in ossequio al disposto degli artt. 9 e 33 Cost., relativi l'uno allo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica e l'altro alla "tutela del patrimonio storico ed artistico della Nazione", accordano agevolazioni di vario tipo. Ma queste disposizioni, pur perseguendo una medesima finalità, hanno caratteri diversi e non sono riconducibili a sistema: esse, infatti, si differenziano sia in ordine al contenuto della agevolazione, sia in ordine alla individuazione dei destinatari, sia, infine, per quel che riguarda i modi, le forme, i termini e, in particolare, il quantum delle agevolazioni medesime: lo stesso art. 60 contiene disposizioni diverse nel primo e nel secondo comma.

In questo quadro così vario ed articolato, che meriterebbe di essere reso organico ma che costituisce frutto della cennata discrezionalità del legislatore e della possibilità di valutazioni diverse a seconda dei caratteri di ciascuna imposta e delle sue varie applicazioni, si colloca anche la norma denunciata in questa sede, la quale ha voluto prendere in considerazione un solo modo di produzione dei redditi, quello cioè che esso ha ritenuto, non senza ragione, maggiormente interessato alle attività scientifiche e culturali in genere.

Tutto ciò premesso, la Corte non ravvisa nella norma in questione violazione né dell'art. 3, primo comma, né dell'art. 53 Cost.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 60, comma secondo, lettera a), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 ("Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche"), nella parte in cui prevede la deducibilità delle erogazioni liberali, per fini di ricerca scientifica ed istruzione universitaria, soltanto dai redditi d'impresa, sollevata con l'ordinanza di cui in epigrafe in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 aprile 1983.

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI -  Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO –

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 28 aprile 1983.