Ordinanza n. 97 del 1983

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ORDINANZA N. 97

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 20 maggio 1965, n. 507 (Divieto di uso degli apparecchi automatici e semiautomatici da gioco nei luoghi pubblici o aperti al pubblico e nei circoli ed associazioni di qualsiasi specie) promosso con ordinanza emessa l'11 dicembre 1976 dal Pretore di Padova, nel procedimento penale a carico di Baldo Vincenzo ed altri, iscritta al n. 42 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 87 del 30 marzo 1977.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1983 il Giudice relatore Leopoldo Elia.

Ritenuto che il giudice a quo con l'ordinanza in epigrafe ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 110 t.u.l.p.s., come modificato dall'art. 1 legge 20 maggio 1965, n. 507, e degli artt. 718, 719 e 721 cod. pen. in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione.

 

Considerato che il pretore lamenta la circostanza per cui chi tenga un apparecchio semiautomatico per il gioco che sia anche strumento per il gioco d'azzardo debba rispondere del concorso formale dei reati previsti dalle norme indicate in oggetto, con evidente sperequazione della pena;

che al contrario la disciplina del concorso formale dei reati appare del tutto ragionevole nella specie, tanto più dopo la riforma introdotta dal d.l. 11 aprile 1974, n. 99, dell'art. 81 cod. pen., che consente al giudice di commisurare adeguatamente la pena.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi la Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 110 t.u.l.p.s., come modificato dall'art. 1 legge 20 maggio 1965, n. 507, e degli artt. 718, 719 e 721 cod. pen., sollevata dall'ordinanza in epigrafe in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 marzo 1983.

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO – Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO – Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 18 aprile 1983.