Sentenza n. 82 del 1983

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SENTENZA N. 82

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma secondo, della legge 9 ottobre 1971, n. 824 (Norme di attuazione, modificazione e integrazione della legge 24 maggio 1970, n. 336, concernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pubblici ex combattenti), promossi con ordinanze emesse il 6 aprile 1976, l'8 aprile e il 22 novembre 1977 rispettivamente dal Tribunale di Lecce, dal Pretore di Siena e dal Pretore di Andria, iscritte al n. 549 del registro ordinanze 1976, al n. 273 del registro ordinanze 1977 e al n. 36 del registro ordinanze 1978 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 246 del 1976, n. 190 del 1977 e n. 87 del 1978.

Visti gli atti di costituzione del Banco di Napoli e del Monte dei Paschi di Siena e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'8 febbraio 1983 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;

 

uditi l'avv. Renato Scognamiglio, per il Monte dei Paschi di Siena, l'avv. Vincenzo Spagnuolo Vigorita, per il Banco di Napoli, e l'avvocato dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza 6 aprile 1976 il Tribunale di Lecce ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 35 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma secondo, della legge 9 ottobre 1971, n. 824, a norma del quale, ai fini della concessione dei benefici combattentistici previsti dalla legge 24 maggio 1970, n. 336, "negli ordinamenti nei quali sia prevista la distinzione del personale in dirigenti, funzionari, impiegati e subalterni per carriera di appartenenza si intende quella che si articola nei gradi conseguibili in ciascuno degli indicati gruppi".

Osserva il Tribunale che secondo l'orientamento giurisprudenziale pressoché costante, la disposizione predetta ha posto una chiara limitazione, secondo la quale negli ordinamenti nei quali sia prevista la distinzione del personale in dirigenti, funzionari, impiegati e subalterni, per carriera di appartenenza si deve intendere quella che si articola nei gradi conseguibili in ciascuno degli indicati gruppi e l'art. 4 del Regolamento per il personale del Banco di Napoli prevede puntualmente siffatta distinzione, cosicché non é possibile alcun dubbio interpretativo sui limiti posti alla possibilità di attribuire il beneficio della qualifica superiore.

Questa normativa introdurrebbe una non giustificata disparità di trattamento tra dipendenti degli istituti di diritto pubblico e gli impiegati civili dello Stato, nonché fra gli stessi dipendenti degli istituti di credito di diritto pubblico, a seconda che abbiano raggiunto o no l'ultimo grado della categoria di appartenenza, con violazione degli artt. 3 e 35 della Costituzione.

Nel giudizio dinanzi a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Si osserva che con l'art. 2 della legge n. 336 del 1970 il legislatore ha previsto che ai dipendenti dello Stato e degli enti pubblici "ex combattenti ed assimilati" (artt. 1 e 3), "all'atto della cessazione dal servizio" sia attribuito solo, in via alternativa, il beneficio del conferimento della qualifica o classe di stipendio, paga o retribuzione immediatamente superiore a quella posseduta.

La norma impugnata fu emanata per eliminare possibili controversie interpretative della legge n. 336/1970, ed era diretta a consentire una uniforme applicazione del beneficio (alternativo) attribuito al dipendente ex combattente che cessa dal servizio, nel senso che la qualifica o classe di stipendio, paga o retribuzione immediatamente superiore a quella posseduta si riferisce alla carriera di appartenenza del dipendente medesimo: e per carriera di appartenenza si intende, secondo la fondamentale distinzione di cui all'art. 1 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, quella direttiva, di concetto, esecutiva, ausiliaria, ovvero, per riportarsi al Regolamento vigente pel Banco di Napoli, dirigenti, funzionari, impiegati e subalterni.

Secondo l'Avvocatura dello Stato non v'è quindi, alcun dubbio che il beneficio opera esclusivamente nell'ambito della carriera di appartenenza e che i dipendenti pubblici in tanto possono godere del beneficio in questione in quanto nell'ambito appunto della carriera, non abbiano raggiunto la qualifica massima; che se questa qualifica avessero invece raggiunto potrebbero godere esclusivamente dell'altro beneficio, attribuito in via alternativa e cioè degli aumenti periodici di stipendio.

Tale situazione si verifica per tutti i dipendenti ex combattenti previsti dalla legge, sia cioè dipendenti dello Stato, sia - per restare nella specie - dipendenti degli istituti di credito di diritto pubblico, senza alcuna discriminazione e per altro verso é logico e razionale che il dipendente che abbia raggiunto il massimo della qualifica alla sua carriera possa usufruire solamente del beneficio alternativo degli aumenti di stipendio, non essendo concepibile l'attribuzione di una qualifica iniziale della carriera superiore e cioè un trasmutamento del dipendente da ausiliario ad esecutivo, o da esecutivo a funzionario o da funzionario a dirigente.

Non vi sarebbe, pertanto, alcuna violazione né dell'art. 3 né dell'art. 35 della Costituzione.

Si é costituito il Banco di Napoli chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Questione identica - ma con riferimento al solo art. 3 della Costituzione - é stata sollevata anche dal Pretore di Siena, con ordinanza emessa l'8 aprile 1977 nel corso di un giudizio promosso da 44 dipendenti del Monte dei Paschi, tutti con il più alto grado della categoria di appartenenza, i quali avevano chiesto, ai sensi della legge n. 336/1970, l'attribuzione del grado superiore a quello in possesso all'atto del collocamento a riposo.

Anche nel giudizio così promosso é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata. Si é pure costituito il Monte dei Paschi, formulando la stessa richiesta.

Questione analoga é stata parimenti sollevata dal Pretore di Andria con ordinanza emessa il 22 novembre 1977, nel corso di un analogo giudizio promosso contro il Banco di Napoli. In tale ordinanza, peraltro, la disparità di trattamento viene denunciata anche "tra dipendenti inquadrati in ordinamenti che non prevedono una netta distinzione del personale in vari gruppi, prevedendo uno scorrimento verticale pieno sino ai vertici, e dipendenti inquadrati in ordinamenti che tale distinzione contemplano".

Anche nel giudizio così promosso é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri e si é costituito il Banco di Napoli: entrambi hanno chiesto che la questione sia dichiarata non fondata.

 

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze di cui in epigrafe sollevano la medesima questione di legittimità costituzionale e pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti ai fini di un'unica sentenza.

2. - L'art. 3, secondo comma, della legge 9 ottobre 1971, n. 824 ("Norme di attuazione, modificazione e integrazione della legge 24 maggio 1970 n. 336, concernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pubblici ex combattenti"), testualmente stabilisce: "Negli ordinamenti nei quali sia prevista la distinzione del personale in dirigenti, funzionari, impiegati e subalterni, per carriera di appartenenza si intende quella che si articola nei gradi conseguibili in ciascuno degli indicati gruppi".

Posta in relazione con l'art. 2 della precedente legge 24 maggio 1970, n. 336 ("Norme a favore dei dipendenti civili dello Stato ed enti pubblici ex combattenti ed assimilati"), la citata norma é stata interpretata nel senso che il beneficio del conseguimento della qualifica o classe di stipendio, paga o retribuzione immediatamente superiore a quella posseduta, a chi lo chieda in sostituzione del beneficio di cui al primo comma dello stesso art. 2, non può essere accordato se abbia raggiunto, nella carriera di appartenenza, il massimo grado.

I giudici a quibus dubitano che la norma, così interpretata, vietando che coloro i quali abbiano raggiunto quel grado massimo possano conseguire lo stipendio proprio della carriera superiore, violi gli artt. 3 e 35 Cost., in quanto si porrebbe in essere una distinzione non giustificata:

a) - fra i dipendenti degli istituti di credito di diritto pubblico (ai quali appartengono coloro i quali avevano promosso i giudizi nel corso dei quali é stata sollevata la questione di legittimità costituzionale in oggetto) ed i dipendenti delle Amministrazioni civili dello Stato;

b) - fra i dipendenti dai medesimi istituti di credito di diritto pubblico a seconda che abbiano raggiunto o meno il grado massimo della carriera di appartenenza;

c) - fra coloro, infine che appartengono ad istituti di credito retti da ordinamenti nei quali esiste una distinzione di carriere e coloro che appartengono ad istituti di credito retti da ordinamenti che tali distinzioni non conoscono.

La questione non é fondata.

3. - Premette la Corte che, come é stato concordemente rilevato dalla giurisprudenza ordinaria ed amministrativa, consentire a chi ha raggiunto il massimo della propria carriera di conseguire il passaggio allo stipendio della carriera superiore, significherebbe aggiungere, per opera dell'interprete, una seconda fictio a quella preveduta espressamente dalla legge: a ciò va aggiunto che, in ogni caso, rimarrebbe sempre l'ipotesi di coloro i quali abbiano raggiunto il grado della carriera più elevata ed ai quali, di conseguenza, é ovvio che non possa essere attribuito alcun diverso assegno o trattamento economico neppure fittiziamente.

Il beneficio in parola, cioè quello di cui all'art. 2, secondo comma, della legge n. 336 del 1970, é poi alternativo con quello preveduto dal primo comma del medesimo articolo (attribuzione di tre aumenti periodici di stipendio, paga o retribuzione), sicché ove non sia chiesta l'applicazione del secondo comma o questa non sia possibile, come nei casi in questione, va pur sempre applicato il beneficio di cui al primo comma, che, come é noto, talora può essere superiore a quello del secondo comma: in altri termini coloro i quali rimangono esclusi dal beneficio in questione sono senza meno ammessi a fruire di altro beneficio.

Ciò premesso la Corte, riferendosi più da vicino alle censure prospettate dai giudici a quibus, osserva che esse risultano ictu oculi infondate.

Infatti:

a) - non esiste a questo riguardo alcuna differenza fra dipendenti da istituti di credito di diritto pubblico e dipendenti statali, sia perché la legge n. 336 del 1970 e quella n. 824 del 1971 hanno chiaramente per destinatari anche, anzi in primo luogo, i secondi (art. 1 della legge n. 336), sia perché anche per i dipendenti statali, come risulta dall'art. 1 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 ("Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato") esistono differenti carriere;

b) - non si configura alcuna disparità di trattamento fra chi sta al vertice della propria carriera e chi questo vertice non ha raggiunto: si tratta di situazioni diverse, dato che quando si é raggiunto il vertice di una carriera non vi é, ovviamente, alcuna possibilità giuridica di trasferimento in quella superiore e rimane naturalmente preclusa, quindi, la possibilità di conseguire ulteriori avanzamenti ed ulteriori sistemazioni che non siano esplicitamente prevedute dalla legge.

Diversamente, invece, avviene per coloro i quali non si trovano al vertice, essendo naturale, per costoro, la possibilità di progressione nell'ambito della carriera prescelta;

c) - É del tutto inconferente il paragone che si pretende operare fra chi appartiene ad ordinamenti privi di distinzioni di carriera e chi appartiene ad ordinamenti che ne hanno, dato che anche nei primi non può non verificarsi la situazione di chi abbia raggiunto il vertice e non possa quindi beneficiare del secondo comma dell'art. 2 in questione.

Nessuna motivazione, infine, é stata data dall'ordinanza di rimessione circa l'allegata violazione dell'art. 35 Cost.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 9 ottobre 1971, n. 824 ("Norme di attuazione, modificazione e integrazione della legge 24 maggio 1970, n. 336, concernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed Enti pubblici ex combattenti"), sollevata in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 marzo 1983.

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO – Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO – Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 7 aprile 1983.