Ordinanza n. 42 del 1983

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ORDINANZA N. 42

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Comitato promotore del referendum abrogativo degli artt. 1 e 1 bis del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12 (Norme per l'applicazione dell'indennità di contingenza) convertito in legge 31 marzo 1977, n. 91, nei confronti dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, in relazione all'ordinanza di questo ufficio in data 3 giugno 1982 (con la quale é stato disposto che le operazioni della consultazione elettorale già indetta per il 13 giugno 1982 non avessero più corso), giudizio iscritto al n. 29 r.a.c..

Udito nella camera di consiglio del 21 dicembre 1982 il Giudice relatore Antonio La Pergola.

Ritenuto che il Comitato promotore del referendum abrogativo degli artt. 1 e 1 bis del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12 ("Norme per l'applicazione dell'indennità di contingenza"), convertito con modificazioni nella legge 31 marzo 1977, n. 91, ha, con ricorso depositato presso la Cancelleria della Corte il 10 giugno 1982, sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dell'Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, in relazione all'ordinanza con la quale detto Ufficio aveva disposto, in data 3 giugno 1982, ai sensi dell'art. 39 della legge n. 352 del 25 maggio 1970, che le operazioni della relativa consultazione elettorale già indetta per il 13 giugno 1982 non avessero più corso, dovendo le statuizioni di legge sottoposte a referendum ritenersi abrogate dalla legge 29 maggio 1982, n. 297, sopravvenuta nelle more del procedimento referendario;

che si assume la sussistenza dei requisiti prescritti per la rituale instaurazione della prospettata controversia, e precisamente:

a) sotto il profilo soggettivo, si deduce la legittimazione dei promotori del referendum a sollevare il conflitto e la legittimazione passiva dell'organo decidente, nei confronti del quale é prodotto il ricorso;

b) sotto il profilo oggettivo, si asserisce, poi, che l'impugnata decisione dell'Ufficio Centrale lede la sfera costituzionalmente garantita ai ricorrenti, con il risultato di "vanificare" il principio della sovranità popolare, perché adottata "in evidente contrasto con i canoni ermeneutici indicati" in altra pronuncia di questa Corte (sentenza n. 68/78): e si soggiunge che, sebbene l'oggetto della richiesta referendaria fosse l'abrogazione non dell'intera legge, ma di sue puntuali statuizioni (artt. 1 e 1 bis del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12), l'Ufficio Centrale ha condotto l'indagine, ad esso demandata ex art. 39 della legge n. 352 del 1970, sui principi ispiratori della disciplina posta rispettivamente in dette statuizioni e nella successiva legge 29 maggio 1982, n. 297, laddove avrebbe dovuto scendere all'esame della compatibilità tra i singoli disposti dell'anteriore normativa e della nuova. Detto Ufficio avrebbe inoltre trascurato che i commi secondo e terzo dell'art. 5 della legge n. 297/82, recanti le disposizioni transitorie, rivelano l'intento del legislatore di non abrogare sostanzialmente la normativa già investita della richiesta di referendum;

ritenuto che alla Corte viene pertanto richiesto in via preliminare di dichiarare ammissibile il conflitto così proposto ed in via definitiva di annullare l'impugnata ordinanza dell'Ufficio Centrale;

considerato che la Corte é chiamata in questa fase a deliberare senza contraddittorio se il ricorso sia ammissibile, in quanto esista la materia di un conflitto, la cui risoluzione spetti alla sua competenza, rimanendo impregiudicata, ove la pronuncia sia di ammissibilità, la facoltà delle parti di proporre, anche su questo punto, istanze ed eccezioni; che secondo la giurisprudenza di questa Corte occorre al riguardo verificare se concorrano i requisiti di ordine soggettivo ed oggettivo prescritti dal comma primo dell'art. 37 della legge n. 87 del 1953: e cioè, se il conflitto sorga fra gli organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono, e per la delimitazione della sfera di attribuzioni, determinata, per i vari poteri, da norme costituzionali;

considerato, quanto al possibile oggetto della controversia qui prospettata, che la Corte ha in precedenti pronunzie dichiarato l'inammissibilità del ricorso esperito dai promotori dell'abrogazione popolare per conflitto di attribuzione nei confronti dell'Ufficio Centrale, in relazione all'ordinanza con la quale detto organo aveva, come nella specie, disposto la cessazione della procedura referendaria in corso: l'Ufficio Centrale risulta infatti investito del potere di dichiarare cessate le operazioni afferenti al referendum, una volta soddisfatto il duplice presupposto che esso abbia prima della decisione: a) sentite i presentatori e promotori della richiesta di abrogazione popolare, b) esaminato se ricorrano gli estremi perché il quesito referendario sia trasferito dalle disposizioni che ne formavano l'oggetto iniziale alle altre, sopravvenute nelle more della procedura; mentre rimane precluso alla Corte di censurare il modo come l'Ufficio Centrale esercita nel merito il potere decisorio ad esso così attribuito, in via definitiva ed esclusiva, appositamente al fine di tutelare, in tutta la sua possibile estensione la sfera che i ricorrenti assumono lesa (cfr. sentenze 69/78 e 30 e 31/80);

considerato, infine, che identica conclusione soccorre sotto ogni riguardo per il caso in esame.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il ricorso per il conflitto di attribuzione indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1983.

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALUGINI - Livio PALADIN – Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 28 febbraio 1983.