Ordinanza n. 266 del 1982
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ORDINANZA N. 266

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 519 e 544 cod. pen. (Violenza carnale - causa speciale di estinzione del reato) promosso con ordinanza emessa l'11 maggio 1981 dal Tribunale di Ravenna nel procedimento penale a carico di Leone Taormina Vincenzo, iscritta al n. 474 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 del 28 ottobre 1981.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 2 dicembre 1982 il Giudice relatore Ettore Gallo.

Ritenuto che, con ord. 11 maggio 1981, il Tribunale di Ravenna, nel corso di un procedimento penale a carico di tale Leone Taormina Vincenzo, imputato del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 519 cpv. n. 1 cod. pen., ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 544 cod. pen. in relazione all'art. 3, primo comma, Cost.;

che, per l'esattezza, nel dispositivo si fa anche menzione dell'art. 519 cod. pen., ma in realtà tutta l'ordinanza é unicamente incentrata sull'asserita incompatibilità dell'art. 544, per cui deve ritenersi che il richiamo all'altro articolo sia stato fatto soltanto per la relazione, nel senso che la situazione contemplata nell'art. 544 era da intendersi, per la specie, riferita alla fattispecie prevista e punita nell'art. 519 cpv. n. 1 cod. pen.;

che, in effetti, l'imputato, confesso di avere avuto rapporti carnali colla parte offesa, minore degli anni quattordici (di cui asseriva avere ignorato l'età), aveva però presentato seria profferta di matrimonio, che la minore aveva rifiutato in quanto il Leone Taormina non consentiva che (e frattanto e dopo il matrimonio) ella continuasse ad avere rapporti intimi con altro uomo di cui si diceva innamorata;

che, a quel punto, il Tribunale aveva ritenuto sussistere il denunciato contrasto sia sotto il profilo della ragionevolezza, sia sotto quello della eguaglianza, in quanto, per il primo, il principio del c.d. "matrimonio riparatore" é rifiutato dalla coscienza sociale come criterio inadeguato ed arcaico di composizione dei conflitti, vuoi interpersonali vuoi - e tanto meno - della pretesa punitiva dello Stato e, per il secondo, in quanto verrebbe a determinarsi grave disparità fra chi va impunito per aver ottenuto, senza convinzione e senza ravvedimenti, di contrarre matrimonio, e chi, a causa del rifiuto spesso irragionevole dell'offesa, non ottiene la celebrazione del rito nonostante ogni più sincero pentimento e il più serio proposito;

che il Presidente del Consiglio dei ministri ha spiegato intervento tramite l'Avvocatura generale dello Stato, la quale ha chiesto la restituzione degli atti al giudice a quo, essendo stato frattanto abrogato il denunziato art. 544 cod. pen. in virtù della legge 5 agosto 1981 n. 442.

Considerato però che, trattandosi di disposizione più favorevole al reo, essa va comunque applicata - se applicabile - ai sensi del disposto di cui al terzo comma dell'art. 2 cod. pen. sicché non é il caso di riproporre al Tribunale di Ravenna il riesame della posizione in relazione allo jus superveniens;

che, invece, appare manifestamente inammissibile per assoluta irrilevanza il prospettato profilo d'incostituzionalità riferito al principio di ragionevolezza, giacché non si é in alcun modo verificata nella specie la situazione oggettiva configurante la causa speciale estintiva come delineata dal legislatore;

che appare poi manifestamente infondato l'alternativo prospettato profilo di vera e propria lesione del principio di uguaglianza, perché la legge, attribuendo efficacia estintiva al matrimonio che consegue all'illecito rapporto carnale di cui all'art. 519 cod. pen., aveva inteso soltanto di evitare che la condanna penale costituisse una perenne causa di grave difficoltà all'incontro dei novelli coniugi su di un piano di distensione e di comprensione;

che, perciò, é da escludere che il legislatore si fosse ripromesso d'istituire un premio all'operoso ravvedimento del reo; per cui, senza l'effettiva celebrazione del matrimonio, l'eventuale pentimento potrà essere preso in considerazione ai fini dell'attenuante, ma resta una situazione soggettiva estranea alla ratio dell'area estintiva, e percio insuscettibile di proporsi comparativamente nella prospettiva dell'art. 3 Cost.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 544 cod. pen. in relazione all'art. 3 Cost., sollevata coll'ordinanza in epigrafe dal Tribunale di Ravenna sotto il profilo della ragionevolezza

Dichiara manifestamente infondata la medesima questione, sollevata colla stessa ordinanza dalla detta autorità giudiziaria, sempre in relazione al citato parametro costituzionale, sotto lo stretto profilo del principio di uguaglianza.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 dicembre 1982.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO - Ettore GALLO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 31 dicembre 1982.