Sentenza n. 255 del 1982
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SENTENZA N. 255

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20 della legge 18 ottobre 1961, n. 1168 (Norme sullo stato giuridico dei vicebrigadieri e dei militari di truppa dell'Arma dei Carabinieri), promosso con ordinanza emessa il 25 giugno 1979 dalla Corte dei conti - Sezione IV giurisdizionale - sul ricorso proposto da Viscione Vincenzo, iscritto al n. 195 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 138 del 21 maggio 1980.

Udito nella camera di consiglio del 2 dicembre 1982 il Giudice relatore Ettore Gallo.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza 25 giugno 1979 la Corte dei conti Sezione IV giurisdizionale, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 L. 18 ottobre 1961, n. 1168, per contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost., nella parte in cui non prevede la liquidazione della pensione a favore del carabiniere che cessi dal servizio per perdita del grado, con anzianità inferiore a venti ma superiore a quindici anni di servizio.

La questione era stata sollevata nel corso di un procedimento instaurato con ricorso 30 luglio 1975 dal carabiniere Vincenzo Viscione contro la nota n. 322067 del 22 maggio 1975 (poscia sostanziata nel Decreto n. 73 del 4 ottobre 1976) colla quale il Ministro della Difesa comunicava che il Viscione non aveva titolo a pensione ordinaria (ma soltanto ad indennità una tantum) per carenza dell'anzianità minima (anni 19, mesi 6 e giorni 1) prescritta dall'art. 52, terzo comma T.U. 1092/73. Il Viscione, infatti, in servizio dal 16 aprile 1950, era stato arrestato il 7 febbraio 1969 e poscia condannato a pena detentiva, per cui era cessato dal servizio con perdita del grado.

La Corte, mentre rigettava le pretese di merito avanzate dal ricorrente, riteneva invece rilevante, e non manifestamente infondata, su conforme parere del Procuratore Generale, la questione sopra accennata, in quanto verrebbe a verificarsi ipotesi di grave disparità fra il disposto della norma impugnata e quello di cui all'art. 12 R.D. 18 novembre 1920, n. 1626. Infatti, in base a quest'ultima disposizione, l'ufficiale dei carabinieri che, versando nella stessa situazione di cui al caso di specie (cessazione dal servizio a seguito di perdita del grado), abbia compiuto 15 anni di servizio, consegue diritto a pensione anche se non ha raggiunto i 20.

Vero é che, in forza dell'art. 52 terzo comma T.U. 1092 del 1973 é stato ora elevato a 20 anni anche per gli ufficiali il periodo minimo di anzianità comunque necessario per conseguire pensione, e che detta norma, per il disposto di cui all'art. 256 dello stesso T.U., andrebbe applicata retroattivamente: rileva, però, l'ordinanza che il consolidato orientamento di quella Corte ammette la sopravvivenza delle norme più favorevoli preesistenti per i casi in cui il diritto si fosse già maturato in epoca precedente all'entrata in vigore della nuova legge (da ultimo Sezioni Riunite Ord. n. 1 /C del 17 gennaio 1979, Giannelli).

Nessuno si é costituito, né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

La questione é fondata.

Nessun dubbio che fra la norma denunziata e l'art. 12 del R.D. 18 novembre 1920 n. 1626 si determini effettivamente una situazione di disparità incompatibile col parametro costituzionale richiamato dall'ordinanza di rimessione. Infatti, nelle stesse corrispettive posizioni, mentre l'Ufficiale conseguiva diritto a pensione già dal maturare del quindicesimo anno di servizio (14 anni, sei mesi e un giorno), il carabiniere riceveva esclusivamente un'indennità una tantum: solo raggiungendo i venti anni di servizio il carabiniere avrebbe potuto godere degli stessi diritti di cui l'Ufficiale beneficiava cinque anni prima.

Sul punto, del resto, questa Corte si é già pronunciata in analoga questione riguardante la stessa disparità esistente tra Ufficiali e sottufficiali della Marina militare. "Non si può addurre alcuna giustificazione - recita la sent. n. 114/71 - per il trattamento differenziato in materia di pensione, fatto tra persone appartenenti alle stesse forze armate, che hanno analoghi doveri e si trovano in analoghe condizioni, non avendo la differenza di grado alcuna rilevanza rispetto agli anni di servizio necessari per conseguire il diritto a pensione; onde sussiste la violazione del diritto di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost.".

Né ci sono ragioni per discostarsi dall'affermato principio.

Quanto poi all'abrogazione di ambo le norme poste fra loro in comparazione per la sopravvenienza dell'art. 254 T.U. n. 1092 del 1973, va rilevato che questa Corte ha più volte affermato la sindacabilità anche di norme abrogate ogni qualvolta di "efficacia" e di "applicazione" della legge possa parlarsi, indipendentemente dalla sua avvenuta abrogazione: salvo che si tratti di fatti verificatisi successivamente alla data in cui tale norma ha cessato di avere vigore (sentenze n. 4/59 e 77/63).

Né vi osta la retroattività disposta dall'art. 256 del citato T.U., per la quale va fatto riferimento al diritto vivente. Come rileva, infatti, la citata giurisprudenza delle sezioni riunite della Corte dei Conti, non é mai insorto sul punto contrasto giurisprudenziale giacché sia la terza che la quarta sezione "hanno espresso concorde orientamento a favore della salvaguardia dei diritti acquisiti".

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 20 L. 18 ottobre 1961 n. 1168, nella parte in cui non prevede il diritto a pensione del carabiniere che cessi dal servizio per perdita del grado con un'anzianità inferiore a venti anni ma superiore a quindici.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 dicembre 1982.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO - Ettore GALLO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1982.