Sentenza n. 218 del 1982
 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 218

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE         

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 67, ultimo comma, del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 (Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo) promosso con ordinanza emessa il 3 luglio 1976 dal Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia, sui ricorsi proposti da Di Marcantonio Amleto ed altro contro l'Università degli Studi di Trieste, iscritta al n. 670 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 340 del 22 dicembre 1976.

Visti gli atti di costituzione di Di Marcantonio Amleto, di Del Beccaro Felice e dell'Università degli Studi di Trieste e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 19 maggio 1982 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;

udito l'avvocato dello Stato Renato Carafa, per l'Università degli Studi di Trieste e per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza 3 luglio 1976 (n. 670 R.O. 1976) il TAR del Friuli - Venezia Giulia, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 9 e 33 della Costituzione, dell'art. 67, ultimo comma, del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, "nella parte in cui impone ai dirigenti esodati il divieto di assumere o conservare incarichi universitari".

La rilevanza é motivata sotto il profilo che dal riconoscimento della illegittimità costituzionale della norma predetta dipende l'annullamento dei provvedimenti impugnati e la conservazione dell'incarico universitario da parte dei ricorrenti.

Quanto alla fondatezza, si afferma che l'art. 67, ultimo comma, imponendo a tutti gli esodati coi benefici previsti dai rimanenti commi dello stesso articolo, il divieto di assumere e conservare altri impieghi pubblici, non trova giustificazione plausibile, se applicato all'assunzione e conservazione di incarichi universitari, perché la disciplina di questo particolare tipo di impiego pubblico é caratterizzata dalla regola fondamentale di consentirne l'assunzione a tutti gli studiosi che siano ritenuti maggiormente in grado di contribuire all'insegnamento ed allo sviluppo della ricerca e della cultura.

Il divieto di assumere o conservare anche incarichi universitari sarebbe pertanto in contrasto con le regole fondamentali dell'ordinamento universitario e creerebbe in quest'ambito ingiustificate discriminazioni fra studiosi, a seconda che rivestano o meno l'irrilevante qualifica di dirigenti esodati ai sensi della norma citata, con violazione dell'art. 3 della Costituzione, nonché un ingiustificato ostacolo ad acquisire all'insegnamento universitario e allo sviluppo della cultura e della ricerca energie dei dirigenti suddetti, con violazione dell'art. 9, primo comma, Cost., secondo cui la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica, e dell'art. 33, primo comma, Cost., secondo cui l'arte e la scienza sono libere e libero ne é l'insegnamento.

Si sottolinea che la discriminazione fra dirigenti esodati e non esodati, sarebbe particolarmente ingiustificata dopo la sentenza n. 110 del 1975 di questa Corte, in quanto é ora consentito l'accesso all'incarico universitario ai dirigenti non esodati, i quali hanno minori disponibilità di tempo per l'insegnamento e la ricerca scientifica, mentre é inibito a quelli esodati che hanno più tempo disponibile per tali fini.

Il Presidente del Consiglio dei ministri e l'Università degli studi di Trieste chiedono che la questione sia dichiarata non fondata.

Ricordato che questa Corte, con la sentenza n. 194 del 1976, ha già dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 del d.l. n. 261 del 1974, l'Avvocatura deduce che le stesse ragioni ivi indicate portano a far ritenere non fondata anche la questione di legittimità costituzionale dell'art. 67 ora in esame.

In particolare si afferma che i principi fissati dagli artt. 3, 9 e 33 Cost. non vengono lesi da tale norma, che é ispirata al buon andamento della pubblica Amministrazione ed alla esigenza di creare le condizioni economiche, sociali e giuridiche che consentano l'impiego di tutti i cittadini idonei al lavoro, giacché attraverso l'eliminazione di cumuli di trattamenti preferenziali di quiescenza e di impieghi a favore degli stessi soggetti, con i relativi oneri a carico dell'erario, si persegua appunto l'indirizzo costituzionale fissato dall'art. 4 Cost.

Davanti a questa Corte si sono costituite anche due parti private, il prof. Amleto Di Marcantonio e il prof. Felice Del Beccaro, chiedendo che la questione sia dichiarata fondata.

 

Considerato in diritto

 

1. - La Corte é chiamata a decidere se l'art. 67, ultimo comma, del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 ("Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle Amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo") violi gli artt. 3, 9 e 33 Cost., nella parte in cui preclude ai dirigenti statali esodati a norma della medesima disposizione di assumere o conservare incarichi universitari.

2. - La questione non é fondata.

L'art. 67 del d.P.R. n. 748/1972 ha voluto concedere particolari benefici "ai dirigenti ed al restante personale delle carriere direttive i quali chiedano, entro il 30 giugno 1973, il collocamento a riposo anticipato", allo scopo di consentire lo sfoltimento dei ruoli dei dipendenti statali appartenenti alla dirigenza ed alla carriera direttiva. L'ultimo comma di tale articolo, poi, con il divieto per i c.d. esodati di assumere altri rapporti d'impiego e (secondo le successive disposizioni dell'art. 6, u.c., della legge 20 marzo 1975, n. 70) incarichi professionali presso lo Stato od altri enti pubblici, ha voluto evitare che coloro i quali avessero conseguito, per effetto di quei benefici, un trattamento di quiescenza di particolare favore, potessero acquisire, sempre a carico della finanza pubblica, ulteriori vantaggi ed emolumenti.

Si tratta di un divieto di carattere generale, che trova il suo fondamento appunto nel particolare trattamento accordato dalla stessa norma che ha previsto il c.d. sfollamento.

Ciò premesso, é anche chiaro che eventuali deroghe od eccezioni ad una disposizione del genere non possono non rientrare in una valutazione di indole politica di esclusiva competenza del legislatore, al fine di stabilire se sussistano considerazioni utili a limitare le conseguenze della norma stessa, sindacabile da questa Corte soltanto sotto il profilo della irrazionalità.

Ciò posto, sotto il profilo della legittimità costituzionale, ad avviso della Corte, non sussistono i motivi che secondo l'ordinanza di rimessione porrebbero la mancata eccezione al divieto (per quel che concerne l'insegnamento universitario) in contrasto con norme costituzionali.

In primo luogo, anche a prescindere da ogni considerazione circa la effettiva incidenza materiale del divieto sulla possibilità di utilizzare gli "esodati" come docenti universitari, sta di fatto che la norma dell'articolo 67, u.c., non ha per destinatari gli studiosi o gli aspiranti ad incarichi universitari, ma solo i dipendenti statali già appartenenti alla dirigenza ed alla carriera direttiva: quindi non si crea alcuna disparità di trattamento fra gli studiosi, neppure per il fatto che i dipendenti statali in costanza di rapporto di impiego possono assumere incarichi del genere, così come non si apportano limitazioni alla libertà dell'insegnamento (artt. 3 e 33 Cost.).

Ugualmente non sussiste violazione dell'art. 9, primo comma, Cost. secondo cui la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, poiché il divieto di assumere incarichi universitari non preclude certo agli "esodati" di proseguire negli studi e nella ricerca scientifica o tecnica, che essi possono svolgere anche senza essere legati agli istituti universitari da speciale rapporto di lavoro.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 67, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748 ("Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle Amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo"), nella parte in cui preclude ai dirigenti statali esodati di assumere o conservare incarichi universitari, sollevata in riferimento agli artt. 3, 9 e 33 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 dicembre 1982.

 

Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 16 dicembre 1982.