Sentenza n. 187 del 1982
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SENTENZA N. 187

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 50, commi 22 e 23, della legge della Regione Veneto 26 novembre 1973, n. 25 (Organizzazione amministrativa della Regione, stato giuridico e trattamento economico del personale regionale), promosso con ordinanza emessa l'1 dicembre 1976 dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto sul ricorso proposto da Venettoni Leonardo contro la Regione Veneto ed altro, iscritta al n. 421 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 299 del 2 novembre 1977.

Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;

udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1982 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari;

udito l'avvocato Guido Viola, per la Regione Veneto.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Leonardo Venettoni, trasferito dall'INAPLI alla regione Veneto il 1 luglio 1972 ed inquadrato, in esecuzione della legge regionale 26 novembre 1973, n. 25 (Organizzazione amministrativa della regione, stato giuridico e trattamento economico del personale regionale), nel ruolo del personale regionale con la qualifica di "collaboratore", in data 26 febbraio 1974 venne comandato a prestare servizio presso il TAR per il Veneto, rimanendovi fino al 16 maggio 1975. In data 24 settembre 1975 richiese l'attribuzione della qualifica superiore corrispondente alle mansioni di "direttore di sezione" svolte presso il TAR e, in esito alla nota del 9 ottobre 1975, con la quale il Presidente della Giunta regionale gli comunicava che questa non aveva ritenuto di avvalersi nei suoi confronti della facoltà di cui all'art. 50, comma ventiduesimo, della legge regionale n. 25 del 1973, adì il TAR, chiedendo che, previo annullamento della citata comunicazione, la regione Veneto fosse dichiarata tenuta ad applicare nei suoi confronti la norma in questione.

La Regione, costituitasi in giudizio, eccepì il difetto di tutti i presupposti per l'attribuzione della qualifica superiore, fra cui l'atto formale di conferimento delle superiori mansioni da parte della Giunta regionale, al quale peraltro il ricorrente considerava equipollente l'analogo provvedimento del TAR. Le parti, inoltre, controvertevano sull'interpretazione del disposto "potrà attribuire", di cui al ventiduesimo comma dell'art. 50 l.r. citata: secondo la Regione, la norma riservava ampia discrezionalità alla Giunta regionale; secondo il ricorrente, invece, essa andava intesa nel senso che, una volta accertata la ricorrenza dei presupposti di legge, la Giunta era tenuta ad attribuire la qualifica superiore. Il ventiduesimo comma, infatti, dell'art. 50 della l.r. citata così disponeva: " All'atto del primo inquadramento nei ruoli regionali e comunque non oltre un anno dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, nell'osservanza dei principi fondamentali della legislazione statale, in riconoscimento dello svolgimento di compiti superiori rispetto a quelli previsti dalla qualifica regionale di inquadramento, potrà attribuire, sentite le organizzazioni sindacali più rappresentative, ai singoli impiegati trasferiti dallo Stato o dagli ex INIASA ENALC, INAPLI, comandati o distaccati dallo Stato o dagli Enti locali, la qualifica immediatamente superiore a quella spettante ai sensi dei commi precedenti, purché i detti compiti risultino da atto formale della Giunta e siano svolti da almeno sei mesi".

2. - Il TAR, ritenuto che la norma " non possa essere interpretata nel senso che, quando si verifichi la situazione in essa prevista, l'attribuzione della qualifica superiore sia per la Giunta regionale un atto dovuto", con ordinanza in data 1 dicembre 1976 ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale della citata disposizione in riferimento agli artt. 3, 97, primo comma, e 117 della Costituzione.

Attribuendo ad un organo amministrativo il potere pressoché arbitrario, benché limitato nel tempo, di determinare la carriera degli impiegati, la norma consentirebbe infatti all'autorità amministrativa di trattare diversamente dipendenti che si trovino in situazioni uguali (onde l'addotto contrasto con l'art. 3 Cost.) ed ostacolerebbe l'imparzialità ed il buon andamento dell'attività amministrativa, rischiando "di favorire atteggiamenti clientelari e di provocare malcontento nel personale escluso dai benefici" (onde la violazione del principio posto dall'art. 97 Cost.). Inoltre - continua l'ordinanza - la norma appare anche in contrasto con l'art. 117 Cost., costituendo principio fondamentale della legislazione statale in materia di impiego pubblico quello che lo svolgimento di mansioni superiori, anche se espressamente consentito dalla legge o da norme regolamentari, sarebbe comunque irrilevante ai fini della promozione alla qualifica superiore.

3. - Ancor più fondato sembra poi al giudice a quo il sospetto di incostituzionalità, ove si ritenesse che l'attribuzione della qualifica superiore costituisse per la Giunta regionale un atto dovuto. Basti considerare, infatti, che, a sensi del successivo comma ventitreesimo dello stesso art. 50 l'attribuzione della qualifica superiore potrà avvenire anche quando nel ruolo organico corrispondente a tale qualifica superiore vi fosse addirittura un'eccedenza di personale per effetto di pregressi inquadramenti in soprannumero.

Tale ultima norma, pur non considerata direttamente rilevante, ma solo chiarificatrice della portata di quella posta dal precedente comma ventiduesimo, viene del pari denunciata in riferimento agli stessi parametri costituzionali "per gli effetti dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87". Conferendosi, attraverso la possibilità di inquadramento del personale beneficiato nella qualifica superiore, permanente rilevanza a temporanei affidamenti di mansioni, verrebbero infatti lese le aspettative di carriera del personale escluso dall'esercizio delle mansioni superiori e con un aggravio finanziario sicuramente non giustificato dalle esigenze degli uffici.

Le conseguenze sull'andamento del servizio appaiono poi al giudice a quo ancor più gravi, ove si tenga conto delle promozioni concesse dall'art. 68, comma primo, del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, che la legge regionale in esame ha esteso al personale dei soppressi enti ENALC, INIASA e INAPLI, talché verrebbero aggiunte promozioni su promozioni - le seconde a seguito di incarichi meramente temporanei -, senza un adeguato accertamento di quei requisiti attitudinali degli impiegati, che sono essenziali al "migliore adempimento" dei compiti loro affidati. Da qui il pericolo di una "dannosa pletora amministrativa (sentenza n. 123 del 1958)", che rende ancor più evidente il contrasto della citata disposizione con la norma di cui all'art. 97 Cost.

La rilevanza della sollevata questione - conclude l'ordinanza - discenderebbe infine dalla considerazione "che la norma di cui si prospetta l'illegittimità costituzionale é quella invocata dal ricorrente a sostegno della sua domanda principale; e che la decisione del ricorso implica comunque la sua applicazione, dovendosi, per accogliere o respingere tale domanda, commisurare alla fattispecie astratta, considerata dalla norma, quella dedotta in lite".

4. - La regione Veneto, rappresentata dagli avvocati Giorgio Berti e Guido Viola, si é costituita in giudizio, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza e, comunque, infondata.

In atto di costituzione si premette che nel giudizio pendente innanzi al TAR la Regione aveva addotto l'inesistenza dei presupposti per l'applicazione della norma; in particolare: dell'atto formale di conferimento delle mansioni superiori; dello svolgimento effettivo di tali mansioni per almeno un semestre; dell'attribuzione delle mansioni in tempo utile a consentire l'applicazione della norma entro l'anno della sua vigenza; dell'equiparabilità delle mansioni svolte dal ricorrente presso il TAR a quelle previste dalla l.r. n. 25 del 1973.

Si contesta, quindi, la rilevanza della sollevata questione, giacché nessuna influenza eserciterebbe ai fini della decisione della causa un'eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale. In altri termini - afferma la Regione - "non potendo applicare la norma, il giudice di merito ne propone l'eliminazione".

Si adduce, nel merito, l'assoluta erroneità dell'interpretazione effettuata dal giudice a quo. La dizione "potrà attribuire" non va riguardata come fonte legittimante di un potere pressoché arbitrario, ma nella sua funzione abilitante la Giunta regionale a risolvere il problema sollevato dall'esistenza di situazioni anomale per un certo numero di dipendenti; situazioni caratterizzate peraltro dal precedente affidamento formale di compiti superiori. Né può conferirsi rilievo, a1 fine di escludere che la Giunta regionale sia tenuta all'attribuzione della qualifica superiore allorché ricorrano i presupposti prescritti, alla circostanza che, a norma del comma ventiduesimo dell'art. 50, all'inquadramento non possa più procedersi oltre il limite temporale di un anno dall'entrata in vigore della legge. Sarebbe vero, invece, il contrario, giacché proprio la mancanza di un termine avrebbe potuto rendere il potere dell'Amministrazione regionale incondizionato e arbitrario.

La difesa della Regione nega, infine, che esista nella legislazione statale il principio fondamentale che viene posto a base dell'addotta violazione dell'art. 117 Cost. Il criterio, infatti, della corrispondenza tra mansioni effettivamente esercitate e qualifica (con relativo trattamento economico), oltre che ricorrente nelle normative transitorie della stessa legislazione statale ed oltre ad aver trovato pieno ingresso nel campo del lavoro con la legge 20 maggio 1970, n. 300, si andrebbe, anzi, generalizzando anche nel pubblico impiego, giusta gli orientamenti della giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V 20 ottobre 1972, n. 684 e 6 febbraio 1973, n. 77).

In conclusione, non potrebbe certo ritenersi vietato all'ente pubblico di dettare disposizioni tese ad ovviare ad esigenze straordinarie della propria organizzazione "emergenti appunto dallo squilibrio tra le qualifiche ufficiali dei dipendenti ed i compiti ai quali taluni di essi, proprio nell'interesse dell'Amministrazione, siano stati chiamati". Al contrario, proprio i principi di imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione esigono che tali situazioni vengano prontamente sanate.

 

Considerato in diritto

 

1. - La legge della regione Veneto 26 novembre 1973, n. 25, dispone all'art. 50, comma ventiduesimo, che "all'atto del primo inquadramento nei ruoli regionali e comunque non oltre un anno dall'entrata in vigore" della legge stessa, la Giunta regionale, "in riconoscimento dello svolgimento di compiti superiori rispetto a quelli previsti dalla qualifica regionale di inquadramento, potrà attribuire... ai singoli impiegati trasferiti dallo Stato, o dagli ex INIASA, ENALC, INAPIL... la qualifica immediatamente superiore..., porche i detti compiti risultino da atto formale della Giunta e siano svolti da almeno sei mesi". Facendo richiamo alla surriportata disposizione, Venettoni Leonardo, già dipendente dell'INAPLI e trasferito alla regione Veneto, ricorreva al competente TAR, ed all'uopo lamentava che il Presidente della Giunta regionale aveva rigettato la sua istanza 24 settembre 1975 di attribuzione della qualifica superiore, pur se egli avesse, quale comandato presso lo stesso TAR, espletato mansioni superiori dal 26 febbraio 1974 al 16 maggio 1975, e perciò per un periodo ben superiore a sei mesi.

L'adito TAR del Veneto ha ritenuto di dover sollevare questione di legittimità costituzionale della norma di cui sopra, in quanto contrastante con gli artt. 3, 97, primo comma, e 117 Cost. Asserendo poi che rafforzerebbe il dubbio sulla denunziata illegittimità, ha coinvolto anche il successivo comma ventitreesimo, ai sensi del quale "l'attribuzione eccezionale delle funzioni e della qualifica superiore potrà avvenire anche se contemporaneamente singoli impiegati risultino inquadrati nel ruolo soprannumerario". La suddetta disciplina, ammettendo alcuni dipendenti all'esercizio di mansioni superiori ed escludendone altri, creerebbe disparità di trattamento nel personale, con conseguente violazione dell'art. 3 Cost.; rendendo ulteriormente pletorica la qualifica superiore, già inflazionata per l'esistenza del ruolo soprannumerario, e provocando conseguentemente un ingiustificato aggravio finanziario, nuocerebbe al buon andamento degli uffici, con conseguente violazione dell'art. 97, primo comma, Cost.; disponendo promozioni in seguito al mero esercizio di mansioni superiori, disapplicherebbe il contrario principio della legislazione statale in materia di pubblico impiego, con conseguente violazione dell'art. 117 Cost. E ciò, indipendentemente dalla soluzione del dilemma se il disposto "potrà attribuire" vada inteso come (esercizio di) potestà discrezionale ovvero come atto dovuto.

2. - Vanno anzitutto precisati gli esatti termini - anche temporali - della questione.

Il Venettoni, trasferito dall'INAPLI alla regione Veneto il 1 luglio 1972 e comandato a prestare servizio presso il Tribunale amministrativo regionale del Veneto dal 26 febbraio 1974, venne inquadrato, con decorrenza dal 1 gennaio 1973, nel ruolo del personale regionale con la qualifica di "collaboratore". Il suddetto inquadramento venne disposto in esecuzione dell'impugnata legge regionale 26 novembre 1973, n. 25, e la relativa delibera, adottata il 27 luglio 1974, fu regolarmente notificata il 15 novembre 1974. Ora, solo il 24 settembre 1975 - e perciò oltre dieci mesi dopo avere avuto, attraverso la notifica della delibera di cui sopra, piena conoscenza del suo inquadramento con la qualifica di "collaboratore", anziché con quella superiore - il Venettoni riscontrò la delibera che lo riguardava, inviando al Presidente della Giunta regionale un'istanza con richiesta di attribuzione appunto della qualifica superiore. E quando poi ha proposto ricorso al TAR - il 12 dicembre 1975 -, ha impugnato, non già la deliberazione della Giunta, notificatagli il 15 novembre 1974, di inquadramento come " collaboratore", bensì solo la successiva nota 9 ottobre 1975 del Presidente della regione, con la quale questi, replicando alla suddetta istanza, comunicava i motivi del mancato inquadramento nella qualifica superiore; e ciò, pur se l'impugnato comma ventiduesimo (art. 50) della legge regionale n. 25 del 1973, reciti testualmente che "la qualifica immediatamente superiore" poteva essere attribuita dalla "Giunta regionale" ed "all'atto del primo inquadramento nei ruoli regionali".

3. - La questione é stata affrontata dal TAR del Veneto con ricchezza di argomentazioni, la cui parte essenziale si lascia così compendiare: la norma statuisce che la Giunta regionale "potrà attribuire" la qualifica immediatamente superiore; ebbene - si legge nell'ordinanza di rimessione -, il trascritto disposto ("potrà attribuire") appare costituzionalmente illegittimo, non solo nel caso in cui la relativa potestà venga ritenuta ampiamente discrezionale, bensì anche, e più ancora, nell'inversa ipotesi, in cui cioè si ritenga configurarsi attività dovuta. Le conseguenze sarebbero, infatti, identiche: un potere pressoché arbitrario, il quale, provocando malcontento nel personale escluso dai benefici, violerebbe il dovere di imparzialità dell'amministrazione ed il principio fondamentale della legislazione statale, secondo cui lo svolgimento di mansioni superiori sarebbe irrilevante ai fini della promozione alla qualifica superiore. Per ulteriormente dimostrare poi che il sospetto di illegittimità costituzionale del comma ventiduesimo é "ancora più pesante", ove si tratti di potestà vincolata, anziché discrezionale, il giudice a quo prende in considerazione pure il comma ventitreesimo, che prevede "l'attribuzione eccezionale delle funzioni e della qualifica superiore... anche se contemporaneamente singoli impiegati risultino inquadrati nel ruolo soprannumerario". E poiché, a tacer d'altro, tale norma concorrerebbe "a porre in essere una dannosa pletora amministrativa" e comporterebbe "un aggravio finanziario per nulla giustificato dalle esigenze e dalla situazione degli uffici" - per cui sarebbe ancor più evidente la violazione dell'art. 97 Cost. -, il TAR del Veneto solleva d'ufficio anche la questione di legittimità costituzionale del comma ventitreesimo, perché chiarisce "la portata del comma precedente", non già perché "direttamente rilevante per la decisione del ricorso".

4. - La questione é inammissibile.

Indipendentemente, infatti, da ogni considerazione sui dati più sopra emersi - manifestazione di rimostranza ben più di dieci mesi dopo la piena conoscenza della deliberazione della Giunta e proposizione del ricorso giurisdizionale, non già contro questa, ma contro la successiva comunicazione dei motivi da parte del Presidente della regione -, assume rilievo decisivo la constatazione che il TAR non ha compiuto un'adeguata valutazione dei presupposti - la cui esistenza era ampiamente controversa fra le parti - circa l'applicabilità della norma nella parte in cui facoltizzava la Giunta regionale ad adottare il provvedimento de quo.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 50, comma ventiduesimo, della legge della regione Veneto 26 novembre 1973, n. 25, sollevata in riferimento agli artt. 3, 97, primo comma, e 117 della Costituzione dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, 1,8 novembre 1982.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 17 novembre 1982.