Sentenza n. 186 del 1982
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SENTENZA N. 186

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 74 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 10 aprile 1979 dalla Commissione Tributaria di 1 grado di Modena sul ricorso proposto dal Maglificio "La Trottola", iscritta al n. 1015 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 71 del 12 marzo 1980;

2) due ordinanze emesse il 15 dicembre 1980 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Latina nei ricorsi proposti da Cosentino Ciro, iscritte ai nn. 753 e 754 del registro ordinanze 1980 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 352 del 24 dicembre 1980;

3) ordinanza emessa il 30 ottobre 1981 dalla Commissione Tributaria di 2 grado di Verona sul ricorso proposto dalla Soc. d.f. F.lli Negri, iscritta al n. 9 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 54 del 24 febbraio 1982.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 14 aprile 1982 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;

udito l'avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza 10 aprile 1979 (nel corso di un giudizio dinanzi ad essa pendente avverso un accertamento tributario, a seguito del quale era stato aumentato l'imponibile del ricorrente ed erano state irrogate pene pecuniarie senza tener conto dei maggiori costi connessi con il maggior reddito accertato, in quanto non registrati nelle scritture contabili) la commissione tributaria di 1 grado di Modena ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,24 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 74, commi secondo e terzo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 ("Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche"), i quali, nello stabilire i criteri per la determinazione del reddito d'impresa soggetto ad IRPEF, escludono la deducibilità dal reddito lordo delle poste passive non registrate nelle scritture contabili prescritte ai fini fiscali o non imputate al conto profitti e perdite.

Si osserva che tale normativa, comportando la tassazione del ricavo lordo dell'impresa anziché del reddito netto, non adegua la tassazione alla capacità contributiva del soggetto passivo d'imposta, gli impedisce di dimostrare la sua effettiva capacità economica ed implica una tassazione differenziata per redditi netti uguali.

Dinanzi a questa Corte si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Nell'atto di intervento si osserva che la normativa impugnata non esclude affatto la deducibilità dai ricavi e proventi dei costi ed oneri che concorrono a formare il reddito e non é quindi in contrasto con il criterio generale della tassazione del reddito netto, ma stabilisce, sul piano meramente probatorio, che costi ed oneri, per essere dedotti, devono essere registrati nelle scritture contabili ed imputati al conto profitti e perdite.

In tal modo si dà attuazione al principio della determinazione del reddito in base a contabilità, cui é correlato l'obbligo del contribuente di tenere regolari scritture contabili: principio introdotto per esigenze di tutela dell'interesse generale alla riscossione dei tributi, interesse costituzionalmente protetto, il quale giustificherebbe la previsione di limitazioni probatorie che tendono a prevenire facili evasioni.

Allora le disposizioni censurate, operando sul piano meramente probatorio in modo razionale e giustificato, non determinano situazioni di ingiustificata disparità di trattamento fra contribuenti, né comportano limitazioni alle garanzie della difesa in giudizio, essendo in potere e dovere del contribuente di precostituire agevolmente la prova legale prevista dalla norma tributaria, ne infine si pongono in contrasto con il principio sostanziale della capacità contributiva, la cui attuazione soggiace pur sempre al limite generale della prova dei fatti da cui quella capacità é manifestata.

Questione simile é stata sollevata, nel corso di giudizi analoghi al precedente, con due ordinanze della commissione tributaria di 1 grado di Latina, e di quella di 2 grado di Verona (rispettivamente del 15 dicembre 1979 e del 30 ottobre 1981).

Anche nei giudizi così promossi si é costituito il Presidente del consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le quattro ordinanze di cui in epigrafe, sollevano tutte la medesima questione di legittimità costituzionale e pertanto i relativi giudizi vanno riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - La Corte é chiamata a decidere se l'art. 74, commi secondo e terzo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 ("Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche"), escludendo la detrazione dal reddito d'impresa delle poste passive non registrate nelle scritture contabili prescritte ai fini fiscali e non imputate nel conto profitto e perdite, sia in contrasto con gli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione, in quanto comporta una tassazione non proporzionata alla capacità contributiva, sottopone ad un trattamento deteriore chi abbia presentato una denuncia dei redditi infedele rispetto a chi l'abbia omessa del tutto e lede il diritto di difesa del contribuente, impedendogli di dimostrare il proprio reddito netto effettivo.

3. - La questione non é fondata.

L'art. 74, secondo e terzo comma, ha stabilito che nel determinare la base imponibile dell'IRPEF deve tenersi conto degli oneri e dei costi, ma ha anche precisato le condizioni in presenza delle quali tali oneri sono deducibili: essi, infatti, devono risultare registrati nelle scritture contabili appositamente prescritte ai fini fiscali (3 c.) ovvero imputati al conto profitti e perdite (2 c.).

In tal modo l'art. 74, nel rendere concreto il precetto che gli oneri ed i costi, per essere deducibili, devono essere effettivi e reali, ha inteso tutelare adeguatamente l'interesse della finanza, la quale può ammettere la deduzione solo quando gli oneri ed i costi siano provati: e tale prova, come emerge chiaramente dallo stesso art. 74, secondo e terzo comma, nonché dall'art. 3, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ("Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi") deve essere fornita dallo stesso contribuente e deve consistere nel dimostrare che il contribuente medesimo ha osservato il comportamento impostogli dalla legge per la regolare tenuta delle sue scritture e per la regolare conduzione della gestione della sua impresa.

D'altro canto la disposizione contenuta nei due citati commi é del tutto coerente con un sistema impositivo fondato sulla dichiarazione del contribuente, chiamato a rendere noti tutti gli elementi (attivi e passivi) che concorrono a formare la base imponibile: é, perciò, il contribuente che deve fornire alla finanza gli elementi sostanziali che valgano a dimostrare l'effettivo ammontare delle sue entrate e, quindi, anche dei fatti che incidono su tali entrate in senso negativo, salvo, ovviamente, il controllo della finanza medesima.

Soltanto in assenza di qualsiasi dichiarazione del contribuente, e cioè in una situazione ben diversa da quella alla quale si rifà l'art. 74, la finanza agisce ex officio e si richiama agli accertamenti eseguiti dalla polizia tributaria (art. 41 d.P.R. 29-9-1973, n. 600).

Ciò chiarito, ritiene la Corte che nessuna delle prospettate censure abbia consistenza:

a) per quanto riguarda la pretesa violazione dell'art. 3 Cost. si osserva che l'art. 74, stabilendo la cennata condizione per la detrazione dal reddito di impresa degli oneri e dei costi (come é stato riconosciuto in caso del tutto analogo con la sentenza n. 201 del 1970), ha posto tutti i soggetti tassabili in situazione identica dinanzi alla norma, essendo a tutti riconosciuto uguale diritto alla detraibilità.

Ma, ciò detto, non può riconoscersi identità di situazione fra coloro i quali abbiano regolarmente osservato le cennate prescrizioni e coloro i quali, invece, a tali adempimenti si siano sottratti: anzi proprio in virtù del principio di uguaglianza i secondi non possono invocare tale trattamento (citata sentenza n. 201/1970).

A maggiore ragione non può parlarsi di disparità di trattamento rispetto al caso limite della assoluta mancanza di dichiarazione (art. 41 d.P.R. n. 600 del 1973), nel quale la finanza é costretta a procedere all'accertamento di ufficio di tutti gli elementi del caso con la possibilità di avvalersi di facoltà che altrimenti non ha (come ad es. quella di utilizzare dati e notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza e di operare sulla base di presunzioni prive dei requisiti di cui all'art. 38 del medesimo d.P.R. n. 600).

b) Quanto alla asserita violazione dell'art. 53, si rileva che la determinazione del quantum del tributo che il contribuente é tenuto a corrispondere ben può essere dalla legge subordinato alla osservanza di taluni obblighi, come appunto avviene nella fattispecie, sulla base di prescrizioni non defatiganti od eccessive ma che, come si é detto corrispondono esattamente al comportamento che ogni titolare di impresa dovrebbe osservare.

c) Quanto infine alla pretesa violazione dell'art. 24 Cost., la Corte non vede in qual modo possa ritenersi conculcato il diritto alla difesa nella sede giurisdizionale, nessuna limitazione in proposito essendo contenuta nelle norme denunciate: l'art. 74, invero, non attiene all'aspetto processuale ma é norma di diritto sostanziale, la quale pone le condizioni necessarie per godere di un determinato diritto, cioè del diritto alla detrazione di alcune somme.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 74, secondo e terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 ("Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche"), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione, dalle commissioni tributarie di 1 grado di Modena e Latina e dalla commissione tributaria di 2 grado di Verona, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta. l'8 novembre 1982.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 17 novembre 1982.