Sentenza n. 176 del 1982
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SENTENZA N. 176

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 1, della legge 9 ottobre 1971, n. 824 (Norme di attuazione, modificazione ed integrazione della legge 24 maggio 1970, n. 336, concernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pubblici ex combattenti ed assimilati) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 12 novembre 1976 dal Consiglio di Stato - Sez. IV giurisdizionale - sul ricorso proposto da Sarti Renato contro il Ministero della Difesa-Aeronautica, iscritta al n. 448 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 320 del 23 novembre 1977;

2) ordinanza emessa il 17 febbraio 1978 dal Consiglio di Stato - Sez. IV giurisdizionale - sul ricorso proposto dal Ministero della Difesa contro Palumbi Giulio, iscritta al n 339 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 264 del 20 settembre 1978;

3) ordinanza emessa il 10 aprile 1979 dal Consiglio di Stato - Sez. IV giurisdizionale - sul ricorso proposto da Iannuccilli Lorenzo contro il Ministero della Difesa-Aeronautica, iscritta al n. 883 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36 del 6 febbraio 1980;

4) ordinanza emessa il 27 aprile 1979 dalla Corte dei conti - Sez. IV giurisdizionale - sui ricorsi riuniti proposti da Audano Giuseppe, iscritta al n. 297 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 166 del 18 giugno 1980.

Visti gli atti di costituzione di Sarti Renato, di Palumbi Giulio e di Iannuccilli Lorenzo e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1982 il Giudice relatore Oronzo Reale;

uditi l'avv. Alessio Festa, per Iannuccilli Lorenzo e l'avvocato dello Stato Pietro De Francisci, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con tre ordinanze sostanzialmente coincidenti la IV Sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato sottoponeva alla Corte la possibile incostituzionalità del 1 comma dell'art. 5 della legge g ottobre 1971, n. 824, per preteso contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

La norma richiamata, nell'estendere i benefici previsti dalla legge 24 maggio 1970, n. 336, ai militari in servizio alla data del 7 maggio 1968, ne indicava come beneficiari gli "ufficiali, sottufficiali e militari di truppa delle Forze Armate e dei Corpi di polizia in servizio permanente e continuativo".

Nel caso esaminato con l'ordinanza di remissione in data 12 novembre 1976 (n. 448 del reg. ord. 1977) il Consiglio di Stato era investito del ricorso di un ufficiale dell'Aeronautica Militare già in s.p.e. e quindi collocato in ausiliaria a far tempo dal 30 giugno 1967; questi era stato richiamato in servizio dal 1 gennaio 1965 al 1 giugno 1968, data quest'ultima in cui era stato nuovamente collocato in congedo, con riliquidazione della pensione, nel frattempo sospesa a norma di legge.

I1 ricorrente, il tenente colonnello Renato Sarti, aveva chiesto l'applicazione a suo favore dei benefici previsti dalle citate leggi n. 336/1970 e 824/1971, benefici che invece gli erano stati rifiutati in base alla considerazione secondo la quale l'espressione "servizio continuativo" non sarebbe riferibile agli ufficiali ed ai sottufficiali, ma soltanto ai vice brigadieri, graduati e militari di truppa, secondo le norme del rispettivo stato giuridico.

I1 Collegio a quo sollevava questione di legittimità costituzionale in via incidentale dell'art. 5 della legge n. 824 del 1971, in relazione all'art. 1 della legge n. 336 del 1970, per possibile contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

Il Consiglio di Stato osservava che pur "nel presupposto comune ed identico per tutti del rapporto d'impiego i benefici previsti sarebbero consentiti a tutti gli impiegati civili dello Stato di ruolo e non di ruolo, ma limitati ai soli ufficiali in servizio permanente effettivo con esclusione di ogni altra categoria di ufficiali, equiparabili agli impiegati civili non di ruolo, determinando una duplice disparità di trattamento fra detti ultimi ufficiali da un lato, e gli ufficiali in servizio permanente effettivo e tutti gli impiegati civili dello Stato dall'altra".

2. - Con l'ordinanza in data 17 febbraio 1978 (n. 339 del reg. ord. l978) lo stesso Consiglio di Stato sollevava eguale questione di legittimità costituzionale della surrichiamata norma. Nel caso di specie emergeva che l'allora capitano dei carabinieri in ausiliaria Giulio Palumbi venne collocato in congedo assoluto per inidoneità fisica dal 1 luglio 1958 e, in pari data, iscritto al ruolo d'onore in quanto invalido di guerra. Successivamente, quale ufficiale del ruolo d'onore, il Palumbi venne richiamato in servizio, conseguendo varie promozioni, sino a quella di generale di brigata; alla data del 1 gennaio 1972 ebbe termine l'ultimo provvedimento di richiamo in servizio.

Avendo il Palumbi richiesto i benefici di cui alle leggi n. 336 del 1970 e n. 824 del 1971, il Consiglio di Stato, rifacendosi anche all'ordinanza prima riassunta, riteneva che alla stregua della normativa vigente i benefici combattentistici non spettano agli ufficiali del ruolo d'onore richiamati in servizio, la cui posizione deve essere considerata analoga a quella degli ufficiali dell'ausiliaria o della riserva richiamati.

Ciò premesso, venivano svolti, con considerazioni analoghe, i dubbi di costituzionalità dell'art. 5 della legge n. 824 del 1971, in riferimento all'art. 3 Cost., già sopra riferiti; si aggiungeva che l'art. 28 della legge 20 dicembre 1973, n. 824, ha esteso i benefici combattentistici agli ufficiali di complemento trattenuti in servizio, "per i quali, ai sensi dell'art. 1 della stessa legge, si costituisce rapporto di impiego ". Tale ultima disposizione, ad avviso del Consiglio di Stato, introdurrebbe una ulteriore discriminazione, ingiustificata ed irrazionale, nei confronti dei detti ufficiali di complemento cui é riservato un trattamento di maggior favore. Ancora più ingiustificata apparirebbe l'esclusione dai detti benefici degli ufficiali in congedo, provenienti dal s.p.e. e richiamati ove si abbia riguardo al fatto che il servizio da questi prestato é considerato utile agli effetti della pensione, che viene riliquidata dopo la definitiva cessazione del richiamo.

3. - Investita del ricorso dal generale dell'A.M. Lorenzo Iannuccilli, in servizio permanente effettivo dal 13 gennaio 1930 al 26 febbraio 1967 e trattenuto in servizio in posizione di ausiliaria dal 27 febbraio 1967 al 31 ottobre 1968, la stessa IV Sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato, nel negare che la vigente normativa consenta di fruire dei benefici combattentistici agli ufficiali richiamati in servizio in posizione di ausiliaria, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge n. 824 del 1971 in termini coincidenti con quelli delle ordinanze sopra riassunte.

4. - La IV Sezione giurisdizionale della Corte dei conti era stata investita del ricorso dal Col. pilota Giuseppe Audano, in ausiliaria dal 23 febbraio 1968 e trattenuto in servizio fino al 31 dicembre 1973, con cui esso ricorrente chiedeva l'applicazione, a suo favore, dei benefici combattentistici, respinta in sede amministrativa. Affermata la propria "inderogabile giurisdizione" nella dedotta materia concernente pensioni a carico della pubblica amministrazione, la Corte rilevava che, alla stregua della legislazione vigente, la richiesta del ricorrente non poteva trovare accoglimento. Premesso che il rapporto d'impiego cessa con il collocamento in ausiliaria e non si riattiva con il richiamo in servizio da tale posizione e che l'espressione "servizio continuativo" non concerne lo stato giuridico degli ufficiali, il Collegio a quo poneva la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge n. 824 del 1971, che avrebbe ingiustamente discriminato la posizione degli ufficiali in ausiliaria (o della riserva) rispetto alle altre categorie di pubblici dipendenti cui é riconosciuto il diritto a fruire dei cennati benefici.

Né la Corte riteneva valide le argomentazioni, desumibili per un verso dalla asserita ratio di sfollamento dei ruoli del personale, che non potrebbe trovare applicazione per quel personale militare che non può ovviamente essere oggetto di una siffatta operazione; e per altro verso dal fatto che gli ufficiali richiamati non risultano legati da rapporto di pubblico impiego, ma da rapporto di servizio. E ciò in quanto "ove si tenga presente che si tratta di benefici collegati a benemerenze combattentistiche, la cui preminente importanza a confronto di un mero sfollamento di personale non può essere revocata in dubbio, non sembra che il legislatore possa ragionevolmente sacrificare la parità di ex combattenti, per i quali sussista lo stesso denominatore comune, esplicitamente scelto dal legislatore medesimo, nella esistenza di un rapporto di pubblico impiego al 7 marzo 1968, ai fini dell'applicazione dei benefici concessi".

Né sembra sicuramente sostenibile che nei confronti degli ufficiali in questione possa escludersi un rapporto d'impiego, se meglio si analizza tale posizione ed in particolare l'effettività della prestazione, l'attribuzione dello stipendio corrispondente al grado rivestito con relativa progressione economica e la utilizzazione, ai fini di pensione, del servizio reso; il che, nella sostanza, rende il rapporto del richiamato, nei riguardi dello Stato, non di minor rilievo, ai fini qui considerati, rispetto a quello del personale civile non di ruolo al quale i benefici vengono applicati.

5. - Le ordinanze venivano ritualmente notificate e comunicate e in relazione ad esse spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato; si costituivano altresì le parti ricorrenti, relativamente alle ordinanze nn. 448 del reg. ord. 1977, 339 del reg. ord. 1978 e 883 del reg. ord. 1979, emesse tutte dal Consiglio di Stato.

Negli atti di costituzione il ten. col. Renato Sarti sosteneva in primis che l'impugnato art. 5 della legge n. 824 del 1971 era chiaramente da interpretarsi nel senso che l'espressione "servizio continuativo" ivi contenuta doveva essere estesa anche agli ufficiali e ciò in contrasto con quanto affermato sul punto dal collegio remittente. Ove tale ultima interpretazione, posta a base del dubbio di costituzionalità fosse ritenuta erronea, la proposta questione sarebbe da considerarsi inammissibile, siccome irrilevante.

Comunque, nel merito, si sostiene la fondatezza della proposta questione di legittimità costituzionale, in adesione alle ragioni contenute nell'ordinanza di rimessione, sottolineando la grave disparità di trattamento, anche nei confronti degli ufficiali di complemento e della riserva di complemento cui i benefici combattentistici sono, ai sensi del già ricordato art. 28 della legge n. 824 del 1973, riconosciuti a certe condizioni.

Anche il generale Giulio Palumbi, riassunti i termini essenziali della sua carriera militare e ricordato che già l'Amministrazione gli aveva riconosciuto i benefici di cui agli artt. 1 e 2 della legge n. 336 del 1970 e negato solo quello discendente dall'art. 3, con intima contraddizione, precisa che egli era in servizio al momento in cui ha inoltrato la domanda di applicazione dei benefici combattentistici e che ben avrebbe potuto restarvi.

Tanto premesso, anche egli sostiene l'interpretazione dell'art. 5 impugnato secondo la quale anche agli ufficiali deve ritenersi applicabile l'espressione " servizio continuativo" ivi contenuta.

Nel merito, si sottolinea comunque la peculiarità della posizione degli ufficiali del ruolo d'onore, cui egli appartiene, rispetto agli altri ufficiali provenienti dal s.p.e. e richiamati nell'ausiliaria o nella riserva. Il in servizio del ruolo d'onore, infatti, "permane finalizzato ad esigenze concrete dell'Amministrazione e disciplinato con norme derogatorie rispetto a quelle relative agli ufficiali in congedo assoluto...". In linea subordinata, si aderisce alle ragioni addotte a sostegno della incostituzionalità della norma, e si chiede che la proposta questione venga accolta.

Anche il generale Lorenzo Iannuccilli, nell'atto di costituzione, sottolinea i motivi di disfavore che la normativa, così come interpretata dal collegio remittente, riserva agli ufficiali trattenuti in servizio provenendo dal s.p.e. rispetto agli impiegati non di ruolo dello Stato ed evidenzia la simiglianza tra lo status dell'ufficiale in s.p.e. e quello dell'ufficiale trattenuto in servizio. Conclude pertanto per l'accoglimento della proposta questione così come prospettata dal Consiglio di Stato.

L'Avvocatura dello Stato svolge un'unica tesi relativamente a tutte le ordinanze di rimessione di cui si é detto.

A suo avviso, infatti, i giudici a quibus non avrebbero compiutamente approfondito "gli aspetti concernenti la rilevanza della prospettata questione, a causa di una impropria lettura delle due espressioni "permanente" e "continuativo" contenute nella legge del 1971; mentre "il problema che il Consiglio di Stato avrebbe... dovuto affrontare era di stabilire se la posizione dell'ufficiale (in congedo) richiamato sia o non sia riconducibile ad un rapporto di pubblico impiego".

Al riguardo, si osserva che il rapporto caratteristico che lega l'ufficiale allo Stato é inerente al grado; ove il soggetto faccia del servizio militare la propria professione, a tale rapporto può accompagnarsi "un distinto ed ulteriore rapporto, quello di pubblico impiego".

Ma, si assume, "questo rapporto di impiego si aggiunge al rapporto inerente al grado solo per gli ufficiali in servizio permanente, come testualmente é stabilito nel secondo comma dell'art. 3 della legge n. 113 del 1954; non sussiste, invece, come é testualmente precisato nel terzo comma, per gli ufficiali in congedo, sebbene in capo ad essi, in ragione del diverso rapporto inerente al grado, permangano obblighi di servizio".

Prive di pregio sarebbero le obiezioni legate all'entrata in vigore della ricordata legge n. 824 del 1973 la quale stabilisce, per taluni ufficiali di complemento richiamati o trattenuti in servizio per lunghi periodi, che con il trattenimento in servizio si costituisce il rapporto di impiego. In tal caso infatti si é tenuto presente che é ora consentito che gli ufficiali di complemento siano ammessi "ad un servizio... destinato a durare sino al raggiungimento di limiti di età o di pensionabilità".

Neppure rileverebbe "che il servizio prestato come richiamato sia, in date circostanze e a certe condizioni, considerato utile ai fini del conseguimento del diritto a pensione o della riliquidazione della pensione già conseguita. Tale evenienza, infatti, non é collegata alla reviviscenza o alla costituzione ex novo di un rapporto di impiego".

Si conclude pertanto per una dichiarazione di irrilevanza o di manifesta infondatezza delle prospettate questioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le tre ordinanze del Consiglio di Stato e quella della Corte dei conti riassunte in narrativa propongono un'eguale questione di legittimità costituzionale. I quattro giudizi possono quindi essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Tutti i giudici a quibus sospettano di incostituzionalità l'art. 5 della legge 9 ottobre 1971, n. 824, il quale, estendendo agli ufficiali, sottufficiali e militari delle forze armate e dei Corpi di polizia in servizio permanente o continuativo i benefici combattentistici di cui alla legge 24 maggio 1970, n. 336, esclude da questi, nell'interpretazione degli stessi giudici, gli ufficiali in posizione ausiliaria (n. 448 del reg. ord. 1977, n. 883 del reg. ord. 1979, n. 297 del reg. ord. 1980) e quelli del ruolo d'onore (n. 339 del reg. ord. 1978) che alla data del 7 marzo 1968 si trovavano in servizio per esservi stati trattenuti o richiamati.

In tutte le ordinanze di rimessione il parametro indicato é l'art. 3 della Costituzione. Il principio di eguaglianza sarebbe, infatti, violato per il diverso trattamento che la norma impugnata riserva agli ufficiali in ausiliaria nonché a quelli del ruolo d'onore, rispetto: a) agli ufficiali in servizio permanente effettivo; b) agli impiegati civili non di ruolo; c) agli ufficiali di complemento trattenuti in servizio fino al raggiungimento dei limiti di età stabiliti per i pari grado del servizio permanente, di cui agli artt. 2, 3 e 28 della legge 20 dicembre 1973, n. 824.

3. - La questione non é fondata.

Non esiste, innanzitutto, eguaglianza o omogeneità di situazioni giuridiche tra gli ufficiali in ausiliaria o del ruolo d'onore e quelli in servizio permanente effettivo.

Il Consiglio di Stato, nell'ordinanza n. 448 del reg. ord. 1977, riconosce che il presupposto dell'applicazione dei benefici combattentistici é costituito dal rapporto di pubblico impiego, ma soggiunge che gli "ufficiali non in servizio permanente effettivo né in servizio obbligatorio di leva" sono "soggetti anch'essi... di un rapporto di impiego pubblico". Senonché questa affermazione é priva di fondamento nella normativa vigente, della quale non é contestata la legittimità costituzionale.

La fondamentale legge 16 aprile 1954, n. 113 (Stato degli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica) stabilisce all'art. 3 che "gli ufficiali si distinguono in ufficiali in servizio permanente, ufficiali in congedo, ufficiali in congedo assoluto"; che "gli ufficiali in congedo sono ripartiti in quattro categorie: ufficiali dell'ausiliaria, ufficiali di complemento, ufficiali della riserva e ufficiali della riserva di complemento"; che mentre "gli ufficiali in servizio permanente sono vincolati da rapporto di impiego", invece "gli ufficiali in congedo non sono vincolati da rapporto di impiego".

L'art. 55 della stessa legge definisce lo status degli ufficiali dell'ausiliaria, cioè di quegli "ufficiali che, avendo cessato dal servizio permanente nei casi e nelle condizioni previsti dalla presente legge, sono costantemente a disposizione del Governo per essere all'occorrenza chiamati a prestare servizi che non siano riservati agli ufficiali in servizio permanente da norme di ordinamento o da appositi regolamenti. Il richiamo in temporaneo servizio dell'ufficiale in ausiliaria é disposto con decreto ministeriale previa adesione del Ministro per il Tesoro".

Infine l'art. 116 della stessa legge stabilisce che "in ruoli d'onore, distinti per ciascuna Forza armata, sono iscritti d'ufficio, previo collocamento in congedo assoluto, gli ufficiali che siano riconosciuti permanentemente inabili al servizio militare" per mutilazioni e invalidità riportate in servizio di guerra, o in incidente di volo comandato, o in servizio e per causa di servizio; e precisa che "gli ufficiali del ruolo d'onore possono essere richiamati in servizio, col loro consenso, in tempo di guerra e in tempo di pace, solo in casi particolari".

Le norme sopra riportate dimostrano che nel diritto positivo (salvo quanto si dirà di seguito al n. 5) non esiste, per quanto riguarda gli ufficiali, rapporto di impiego se non nel caso del servizio permanente effettivo, situazione giuridica, questa, nettamente distinta tanto dall'ausiliaria, quanto dal ruolo d'onore.

Nell'ordinamento militare italiano non c'è coincidenza tra rapporto di servizio e rapporto di impiego: il secondo implica il primo, ma non viceversa. Sicché viene meno il dato che costituisce il fondamento del ragionamento del Consiglio di Stato.

4. - Ne é consentita l'assimilazione che, in un certo senso, opera la Corte dei conti (n. 297 del reg. ord. 1980), ponendo a raffronto lo status degli ufficiali in ausiliaria richiamati con quello degli impiegati civili non di ruolo. Questi ultimi sono legati all'Amministrazione da un "rapporto di impiego" (cfr. artt. 3, 4 e 7 del d.l.C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207; 4 e 5 della legge 5 giugno 1951, n. 376)) ne mai si é dubitato della loro qualità di impiegati.

Riferendosi agli ufficiali in ausiliaria trattenuti o richiamati in servizio, la Corte dei conti riconosce che "da un primo esame parrebbe escluso un rapporto di impiego", ma soggiunge che "ciò non sembra sicuramente sostenibile se meglio si analizza tale posizione ed in particolare quanto a tale proposito ha rilevato il pubblico ministero (l'effettività delle prestazioni, l'attribuzione dello stipendio corrispondente al grado con relativa progressione economica e la utilizzazione, ai fini della pensione, del servizio reso); il che, nella sostanza, rende il rapporto del richiamato, nei riguardi dello Stato, non di minore rilievo, ai fini qui considerati, rispetto a quello del personale civile non di ruolo". Ma queste osservazioni della Corte dei conti non sono tali da capovolgere le opposte conclusioni cui giunge questa Corte.

Innanzitutto l'art. 3 della legge n. 113 del 1954 limita lo status di impiegati agli ufficiali in servizio permanente effettivo: e questa norma non é stata censurata dal giudice a quo. Del pari, per quanto riguarda il riferimento allo stipendio " corrispondente al grado", non forma oggetto di censura l'art. 4 della citata legge, il quale stabilisce che "il grado é indipendente dall'impiego". Del resto é evidente che effettività della prestazione, stipendio e utilizzazione del servizio ai fini della pensione, sono effetti collegati al rapporto di servizio che nell'ordinamento militare italiano non coincide, come già rilevato, col rapporto di impiego. Dovendosi escludere quest'ultimo nel caso degli ufficiali in ausiliaria trattenuti o richiamati, mentre esso é dichiarato dalla legge, come si é visto, per gli impiegati civili non di ruolo, deve escludersi il presupposto della sospettata violazione del principio di eguaglianza.

5. - Resta da esaminare se, invece, tale presupposto esista in relazione agli ufficiali di complemento trattenuti in servizio in virtù della legge 20 dicembre 1973, n. 824, come ritiene di non escludere il Consiglio di Stato nelle ordinanze nn. 339 del reg. ord. 1978 e 883 del reg. ord. 1979.

Ma anche in questo caso la conclusione dell'esame é negativa.

É vero, infatti, che l'art. 28 della legge n. 824 del 1973 estende "agli ufficiali e ai cappellani militari indicati nei precedenti artt. 2, 3 e 7 nonché ai sottufficiali indicati nel precedente art. 26" "le norme dell'art. 5 della legge 9 ottobre 1971, n. 824", cioè i benefici combattentistici. Ma questo avviene in conseguenza del fatto che in virtù delle disposizioni della stessa legge gli ufficiali " vincolati alla ferma volontaria" al termine della ferma, "gli ufficiali di complemento e della riserva di complemento... e i cappellani militari" che abbiano prestato altri quattro anni e mezzo di effettivo servizio escluso quello corrispondente alla durata della ferma di leva e si trovino in servizio vi permangono, a domanda, "fino al raggiungimento dei limiti di età stabiliti per pari grado del servizio permanente" (art. 2: richiamato negli artt. 3 e 7). La loro posizione viene ad assumere di diritto (non in via di fatto ipotetico) la stabilità nel servizio che é estranea alla posizione degli ufficiali in ausiliaria, i quali sono a disposizione del Governo "per essere all'occorrenza chiamati (,, in temporaneo servizio,,) a prestare servizi che non siano riservati agli ufficiali in servizio permanente" (art. 55 della legge n. 113 del 1954). Il che vale anche per gli ufficiali iscritti nel ruolo d'onore (art. 116 della legge citata). In ogni caso, l'art. 1 della legge n. 824 del 1973 stabilisce testualmente che per gli ufficiali e cappellani (e sottufficiali) di cui trattasi con "il trattenimento in servizio si costituisce rapporto di impiego". E questa disposizione che non é messa in discussione nella ordinanza di rimessione, risolve ancora una volta la questione in base al diritto positivo. Pertanto si può concludere che anche nei confronti degli ufficiali di cui alla legge n. 824 del 1973 manca il presupposto della eguaglianza o omogeneità delle situazioni per sostenere la irrazionale disparità di trattamento denunciata in due delle tre ordinanze del Consiglio di Stato.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, primo comma, della legge 9 ottobre 1971, n. 824 sollevata, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Consiglio di Stato con le ordinanze 12 novembre 1976, 17 febbraio 1978, 10 aprile 1979 e dalla Corte dei conti con l'ordinanza 27 aprile 1979 di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta. il 25 ottobre 1982.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 10 novembre 1982.