Sentenza n. 165 del 1982
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SENTENZA N. 165

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE         

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, lett. A, della Regione Sardegna 17 maggio 1957, n. 20 (referendum popolare in applicazione degli articoli 32, 33 e 54 dello Statuto speciale per la Sardegna) promosso con ordinanza emessa il 14 settembre 1979 dall'Ufficio per il referendum popolare costituito presso la Corte d'appello di Cagliari su richiesta di referendum abrogativo della legge regionale 28 aprile 1978, n. 32, sulla "protezione della fauna e dell'esercizio della caccia in Sardegna", iscritta al n. 791 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8 del 9 gennaio 1980.

Visti gli atti di costituzione del Comitato promotore del referendum, della Federazione italiana della Caccia e Sezione regionale sarda e della Regione Sardegna;

udito nell'udienza pubblica del 19 maggio 1982 il giudice relatore Antonio La Pergola;

udito l'avv. Giuseppe Guarino, per la Regione Sardegna.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza in data 14 settembre 1979, l'Ufficio per il referendum popolare costituito presso la Corte d'Appello di Cagliari, costituito ai sensi dell'art. 6, primo comma, della legge regionale 17 maggio 1957, n. 20 (Referendum popolare in applicazione degli artt. 32, 33 e 54 dello Statuto speciale per la Sardegna) ha sollevato, in riferimento all'art. 32 dello Statuto sardo, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 lett. a della citata legge regionale.

Detta disposizione é censurata in quanto prevede il referendum abrogativo sulle leggi regionali, laddove un tale istituto di democrazia diretta andrebbe adottato con il mezzo tecnico della legge costituzionale: si assume infatti che la testé citata disposizione statutaria, che é di rango costituzionale, contempla il referendum preventivo o sospensivo, ad esclusione di altro referendum che, come quello abrogativo, concerna leggi già perfezionate.

Si costituiscono nel presente giudizio sette promotori, anche nella veste di presentatori della richiesta referendaria, il primo come presentatore in proprio e in nome e per conto del comitato promotore, per sentir dichiarare l'infondatezza della questione.

La difesa dei promotori afferma che il problema di costituzionalità prospettato alla Corte deriva da un'erronea interpretazione dell'invocata norma statutaria: la quale, si dice, é del resto oggetto di divergenti ricostruzioni in dottrina, per la difettosa formulazione tecnica, e l'insufficiente coordinamento con le altre disposizioni dello stesso Statuto. Viene infatti dedotto che l'art. 32 dello Statuto, diversamente da come si assume nel provvedimento di remissione, prevede sicuramente e comunque il referendum del tipo abrogativo. Tale conclusione é argomentata in base ai seguenti rilievi di ordine letterale e sistematico:

A) L'art. 32, primo comma, dispone che "un disegno di legge adottato dal Consiglio regionale é sottoposto al referendum popolare, su deliberazione della Giunta o quando ne sia fatta domanda da almeno un terzo dei consiglieri o da diecimila elettori". Ma siffatto testuale riferimento al disegno di legge non starebbe a significare che si é voluto escludere il referendum abrogativo, in quanto esso concerne leggi già vigenti nell'ordinamento, dal momento che nel quarto comma dello stesso art. 32, é previsto che il referendum non é ammesso per le leggi tributarie e di bilancio: e quest'ultima statuizione, si osserva, dimostra che secondo Statuto, la consultazione popolare successiva all'entrata in vigore della legge, e indetta alfine di abrogarla, é consentita in tutti i casi nei quali essa non forma oggetto di espresso e puntuale divieto.

B) A voler poi prescindere dai rilievi di ordine letterale, l'art. 32 andrebbe letto in connessione con l'ultimo comma dell'art. 33, ai sensi del quale ogni legge approvata dal Consiglio regionale é promulgata trenta giorni dopo la comunicazione al Governo, salvo che detto organo non la rinvii al Consiglio regionale: questa essendo la sola ipotesi nella quale la promulgazione della legge é sospesa, resta escluso, si deduce, che lo Statuto abbia voluto contemplare la figura del referendum sospensivo - preventivo, la cui previsione richiederebbe un'espressa ed apposita deroga al termine entro cui la legge va promulgata.

C) Un argomento in tal senso viene desunto dal disposto dell'art. 138 Cost., nel quale si configura il referendum facoltativo per l'approvazione delle leggi di revisione costituzionale: il termine a quo per la promulgazione é in questo caso di tre mesi dalla pubblicazione notiziale ed é dunque diverso da quello previsto per la promulgazione delle leggi ordinarie. Nella specie, la richiesta del referendum abrogativo da parte di una frazione del corpo elettorale esigerebbe adempimenti che non possono essere soddisfatti nell'arco di trenta giorni, anche ammesso che la promulgazione debba avvenire non nel corso, ma necessariamente allo spirare di detto termine.

D) Sempre in considerazione del prospettato collegamento fra l'art. 32 e l'art. 33 dello Statuto si osserva poi che l'ipotesi del referendum approvativo lascia scoperta un'ulteriore, grave lacuna del sistema, non essendo espressamente disposto che la consultazione elettorale abbia luogo dopo l'esperimento del controllo governativo sulla legge regionale: controllo che soddisfa ad un'esigenza di ordine costituzionale, ed é infatti prevista in via generale anche nell'art. 127 Cost.

E) A sostegno della soluzione già indicata si adducono ancora questi elementi di giudizio: 1) La validità del referendum é subordinata al fatto che abbia votato almeno un terzo del corpo elettorale: e questa sarebbe una modalità tipica del referendum abrogativo; 2) l'aver disposto la consultazione elettorale sia promossa anche da parte di un'aliquota di consiglieri regionali, risulterebbe, d'altra parte, incompatibile con l'adozione del referendum sospensivo, perché la minoranza verrebbe investita di un potere di veto, in violazione del principio maggioritario, che governa l'approvazione della legge ordinaria; 3) il referendum su deliberazione della Giunta meglio si accorderebbe con l'ordinamento regionale, se esso ha come oggetto l'abrogazione, invece che l'approvazione della legge: il referendum approvativo sarebbe infatti in questo caso volto a dirimere un conflitto fra Consiglio e Giunta, laddove una simile ipotesi di arbitraggio politico non trova razionale o plausibile collocazione nel sistema di governo della Regione sarda.

2. - Si costituiscono nel presente giudizio la Regione Sardegna, in persona del suo Presidente, riservandosi di produrre memorie; la Federazione italiana della caccia e la relativa sezione sarda, nelle persone dei rispettivi Presidenti, chiedendo, sostanzialmente in base agli stessi argomenti dedotti dal giudice a quo, che la Corte dichiari l'incostituzionalità della norma censurata.

3. - In prossimità dell'udienza la difesa dei promotori produce una memoria aggiuntiva, nella quale si ribadiscono e sviluppano le osservazioni svolte nell'atto di costituzione, e siafferma che questa Corte dovrebbe ritenere l'infondatezza della proposta questione quand'anche essa assuma che l'invocata previsione dello Statuto preveda il referendum sia del tipo abrogativo, sia del tipo sospensivo. Il vizio di illegittimità, quale é delineato nell'ordinanza di rinvio, deriverebbe dall'aver la norma censurata introdotto l'istituto dell'abrogazione popolare in violazione del tassativo divieto, che si asserisce sancito nell'art. 32. In ogni caso, dunque, la previsione del referendum abrogativo, non confliggerebbe con le prescrizioni dello Statuto e si ispirerebbe d'altra parte ad una soluzione già adottata dai legislatori regionali della Val d'Aosta e del Trentino Alto Adige, i quali hanno essi pure configurato il solo tipo del referendum abrogativo, in conformità ed attuazione di analoghe disposizioni statutarie.

Nel chiedere che la Corte dichiari infondata la questione sollevata, la difesa dei promotori chiede altresì che la Federazione sulla caccia e la relativa sezione regionale sarda non siano considerate parte del presente giudizio.

Anche la Regione Sardegna presenta una memoria perl'udienza, deducendo l'infondatezza della questione. L'art. 32 dello Statuto andrebbe correttamente inteso risalendo alle ragioni di ordine sistematico che ne spiegano il dettato letterale. La locuzione ivi adoperata, é: "disegno di legge adottato dal Consiglio"; mentre nell'art. 33 si fa riferimento alla legge "approvata" dal Consiglio, quando si tratta di darne comunicazione al Governo, perché decida se rinviarla o no all'organo legislativo della Regione. A questo fine, l'art. 33 qualificherebbe come "legge" l'atto approvato dal Consiglio, perché, una volta intervenuta la deliberazione di quest'organo, la rimanente attività degli organi regionali é vincolata. D'altra parte, l'atto risultante dalla deliberazione dell'organo legislativo regionale può, ai sensi dell'art. 32, formare oggetto di richiesta referendaria in tre distinte ipotesi secondo se la consultazione elettorale sia promossa dalla Giunta, da una frazione dello stesso corpo legiferante o, infine, da almeno diecimila elettori. Dove la procedura referendaria é promossa dal prescritto numero di consiglieri regionali o dalla Giunta, essa si atteggerebbe secondo Statuto come causa interruttiva del procedimento legislativo (ordinario). Il voto popolare verterebbe, allora, sul disegno di legge, precisamente come recita il disposto statutario. Diverso, si dice, é il caso del referendum promosso da una frazione del corpo elettorale, che deve necessariamente essere del tipo abrogativo. Un referendum approvativo non potrebbe infatti, per evidenti ragioni pratiche, svolgersi entro il termine ristretto dei trenta giorni che precedono la promulgazione, e senza, peraltro, che sia già stato portato a conoscenza dei cittadini il testo normativo sottoposto al vaglio del corpo elettorale: il che é invece da escludere, dovendo la pubblicazione, ai termini dello Statuto, sempre seguire alla promulgazione della legge. La disciplina delle diverse ipotesi di referendum, Si soggiunge, va comunque conformata ai convalidati valori dell'ordinamento costituzionale: e fra questi andrebbe annoverato l'istituto dell'abrogazione popolare delle leggi, ormai operante così sul piano nazionale, come su quello regionale.

La difesa della Federazione per la caccia e la sua sezione regionale sarda presentano una memoria aggiuntiva. Prima di tutto si osserva che l'Ufficio per il referendum é legittimato a promuovere la questione di legittimità costituzionale da esso prospettata. Detto Ufficio sarebbe sostanzialmente investito delle stesse attribuzioni che, nell'ordinamento del referendum abrogativo delle leggi statali, competono all'Ufficio centrale per il referendum, costituito, ai sensi della legge n. 352 del 1970, presso la Corte di Cassazione; l'insieme delle attribuzioni qui configurate dalla legge regionale, ed il fatto che ne sia investito un organo provvisto di poteri decisori dimostrebbero poi che sussistono presupposti per la proponibilità del giudizio instaurato in questa sede. Posto ciò, a difesa della Federazione della caccia chiede che la Corte ritenga non manifestamente infondata, e sollevi davanti a se stessa, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, 5 e 6 della legge regionale n. 20 del l957 in riferimento all'art. 108 Cost. Nelle disposizioni testé richiamate si delineano, appunto, le attribuzioni dell'Ufficio per il referendum presso la Corte d'Appello. Ora, sebbene poste ex art. 32 dello Statuto, dette norme risulterebbero pur sempre dall'esercizio di una potestà legislativa regionale, con riguardo alla quale opera, in ogni caso, il limite costituito dei principi dell'ordinamento giuridico dello Stato: secondo uno di tali principi, afferma la difesa della Federcaccia, la posizione delle norme sulla magistratura e sull'ordinamento giudiziario é riservato alla legge dello Stato; la legge regionale censurata verrebbe quindi a concretare un'indebita intereferenza nella sfera della giurisdizione. La difesa della Federazione della caccia chiede altresì che la Corte sollevi innanzi a se stessa la questione di costituzionalità del solo art. 6 della legge nazionale n. 20 del 1957 per presunto contrasto con l'art. 2 della legge costituzionale n. 1 del 1953.

Nel precetto costituzionale che qui si invoca é prevista la competenza della Corte costituzionale sull'ammissibilità del referendum ex art. 75 Cost. Il giudizio rimesso alla Corte toccherebbe l'equilibrio fra il corpo elettorale e gli istituti della democrazia rappresentativa; e così inciderebbe su una delicatissima materia, per la quale si assume che debba valere, anche riguardo al referendum sulla legge regionale, il principio dell'unità della giurisdizione costituzionale, posto a salvaguardia dei precetti sanciti nella Carta fondamentale.

Nel merito, la questione sollevata dalla Corte di Appello sarebbe fondata. Il legislatore statutario avrebbe inteso adottare un diverso tipo strutturale del referendum, rispetto a quello previsto in Costituzione per l'abrogazione della legge statale; questa peculiarità dell'istituto referendario in Sardegna sarebbe collegata con il criterio adottato dallo Statuto in ordine alla composizione della Giunta, giacché di quest'organo, abilitato a promuovere la consultazione popolare, può far parte, tolto il Presidente, anche chi non sia membro del Consiglio regionale. D'altra parte, il potere di iniziativa conferito alla Giunta non avrebbe alcuna razionale giustificazione se il referendum fosse del tipo abrogativo. Data la differenza strutturale fra lo schema sancito nello Statuto, ed il caratteristico congegno del referendum abrogativo, andrebbe disattesa l'ipotesi che la previsione dell'art. 32 abbia voluto abbracciare anche quest'ultima figura di consultazione popolare. Si dovrebbe quindi ritenere che il legislatore abbia introdotto un tipo del referendum che lo Statuto non consente e abbia invece mancato di dare attuazione al tipo che é il solo previsto, e di armonizzare la disciplina dell'istituto con le disposizioni statutarie concernenti la promulgazione e pubblicazione della legge regionale.

Con ordinanza n. 175 del 1981 la Corte sospendeva poi il giudizio in corso, sollevando avanti a se stessa la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 legge regionale sarda 17 maggio 1957, n. 20, nella parte in cui conferisce alla Corte d'Appello - Ufficio per il referendum popolare - le attribuzioni che concernono le richieste di referendum abrogativo, in riferimento all'art. 108 della Costituzione. Ciò sull'assunto che la disposizione censurata interferisca indebitamente nell'ambito riservato alla legge dello Stato dell'invocato precetto costituzionale, il quale governa le norme sull'ordinamento giudiziario e sulla magistratura.

Il giudizio, così sollevato dalla Corte innanzi a se stessa, é stato successivamente deciso con sentenza n. 43 del 1982, congiuntamente con l'altro, che concerneva gli artt. 4, 7, 8, 9, 11, 17 e 22 della legge regionale Trentino - Aldo Adige 24 giugno 1957, n. 11, promosso con l'ordinanza dell'11 novembre 1979 dal Tribunale di Trento. Con detta pronuncia la Corte ha ritenuto la prospettata lesione dell'art. 108 Cost., e ha in conseguenza dichiarato l'illegittimità costituzionale del citato articolo 6 della legge regionale sarda.

In prossimità dell'udienza del 19 maggio 1982, la difesa della Regione Sardegna ha prodotto una memoria nella quale si deduce che la dichiarazione di incostituzionalità del citato articolo 6, comporti il venir meno dell'organo che ha promosso innanzi a questa Corte la questione di legittimità costituzionale. Di qui la necessaria conseguenza che la prospettata questione debba ritenersi inammissibile o improcedibile.

 

Considerato in diritto

 

La questione in esame é stata promossa dalla Corte d'Appello di Cagliari, costituita in Ufficio per il referendum popolare ai sensi dell'art. 6 della legge regionale sarda 17 maggio 1957, n. 20. Di detta norma, com'é spiegato in narrativa, questa Corte ha tuttavia dichiarato, con sentenza n. 43 del 1982, l'illegittimità costituzionale. É stata così rimossa quella disposizione della citata legge regionale, che conferiva alla Corte d'Appello di Cagliari l'apposita veste di Ufficio per il referendum, con le connesse attribuzioni: e fra queste figura, prima di tutto, il controllo sulla legittimità delle richieste di abrogazione popolare, ai fini del quale detta Corte ha promosso il presente giudizio di costituzionalità. Una volta caduta la norma istitutiva dell'attribuzione, che la Corte d'Appello era nella specie chiamata ad esercitare in quanto Ufficio per il referendum, vi é un'assorbente ragione per dover ritenere la sopravvenuta inammissibilità della questione prospettata in questa sede.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 lett. a della legge regionale sarda 17 maggio 1957, n. 20, sollevata dall'Ufficio per il referendum popolare costituito presso la Corte d'Appello di Cagliari, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all'art. 32 dello Statuto speciale per la Sardegna.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 ottobre 1982.

 

Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1982.