Sentenza n. 149 del 1982
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SENTENZA N. 149

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma quarto, della legge 29 ottobre 1971, n. 889 (Norme in materiadi previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto) promossi con due ordinanze emesse il 28 e il 30 gennaio 1976 dal Pretore di Sora, nei procedimenti civili vertenti tra Capogna Roberto e l'Ispettorato provinciale del lavoro di Frosinone, iscritte ai nn. 210 e 211 del registro ordinanze 1976 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 112 del 28 aprile 1976.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 marzo 1982 il Giudice relatore Alberto Malagugini;

udito l'avvocato dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con due ordinanze di identico tenore emesse il 28 ed il 30 gennaio 1976 nel corso di due procedimenti civili di opposizione promossi da Capogna Roberto avverso altrettante ordinanze del Capo dell'Ispettorato provinciale del lavoro di Frosinone, con le quali gli era stato ingiunto - ai sensi dell'art. 13, quarto comma, legge 29 ottobre 1971, n. 889 - il pagamento di sanzioni pecuniarie (L. 500.000) per l'omesso versamento all'INPS di contributi dovuti al Fondo per la previdenza degli addetti ai pubblici servizi di trasporto, il pretore di Sora sollevava, su eccezione dell'opponente, questione di legittimità costituzionale della disposizione sopra citata, assumendone il contrasto con gli artt. 25, primo comma e 102, primo comma, Cost..

L'art. 12 della legge 889/1971 prevede che, in caso di omesso versamento dei suddetti contributi previdenziali, i rappresentanti legali delle aziende (pubbliche o private) "sono soggetti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a lire 500.000 e non superiore a lire 2 milioni, salvo che il fatto non costituisca reato". Il successivo art. 13 prevede che le infrazioni in questione "sono accertate dall'Ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio" e che, entro 5 giorni dalla contestazione (o notifica) di esse, il trasgressore é ammesso a pagare, con effetto liberatorio, una somma pari al minimo della sanzione amministrativa prevista. Ove ciò non avvenga, il capo dell'Ispettorato, "se ritenga fondato l'accertamento", sentito a sua richiesta l'interessato, "determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per l'infrazione, tenuto conto della gravità della violazione", e ne ingiunge il pagamento (quarto comma). Avverso l'ingiunzione l'interessato può proporre opposizione innanzi al pretore in sede civile (quinto comma).

Ad avviso del giudice a quo, quello così disciplinato sarebbe un procedimento "di natura giurisdizionale che si conclude con un provvedimento definito "ordinanza" il quale, sia per l'iter formativo, sia per l'oggetto, sia per la motivazione, sia per la sanzione finale, si traduce in una pronuncia avente tutte le caratteristiche della sentenza emessa dal giudice a conclusione di un procedimento civile, penale od amministrativo. Nell'esercizio di tali attività il capo dell'Ispettorato viene ad invadere il campo riservato al potere giudiziario poiché egli, sostituendosi al giudice, compie una valutazione di fatti, elementi e circostanze (prove di accusa o di difesa) così come opera il magistrato, emettendo come questi un provvedimento finale avverso il quale é consentito soltanto il diritto all'opposizione davanti al giudice ordinario, come nel procedimento monitorio".

Richiamata poi la sentenza di questa Corte n. 60/1969 con cui é stata dichiarata incostituzionale l'attribuzione all'Intendente di Finanza della potestà giurisdizionale penale, esercitabile mediante provvedimento monitorio, in materia di contravvenzioni finanziarie punite con l'ammenda, il Pretore sosteneva che analoghe ragioni, attinenti alla natura giurisdizionale ed alla potenziale definitività del provvedimento dovrebbero condurre a ritenere incostituzionale - per contrasto con gli artt. 25, primo comma e 102, primo comma Cost. - anche l'attribuzione al capo dell'Ispettorato del potere di emettere il provvedimento in questione.

Le ordinanze ritualmente notificate e comunicate, venivano pubblicate entrambe nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 28 aprile 1976.

Intervenendo nel giudizio instaurato con la prima di esse, l'Avvocatura dello Stato sosteneva che il richiamo alla sentenza n. 60 del 1969 era inconferente, trattandosi nel caso de quo non di attività giurisdizionale penale bensì di attività amministrativa. Alla fatti specie in esame - nella quale é stata mutuata la disciplina contenuta nella legge di depenalizzazione delle contravvenzioni stradali n. 317/1967 - si attaglia invece, secondo l'Avvocatura, la sentenza n. 32 del 1970, che ha ritenuto non in contrasto col divieto di istituire giurisdizioni speciali (art. 102 Cost.) l'attribuzione ad autorità amministrativa (ex artt. 8 e 9 1. 317 cit.) del potere di conoscere di violazioni non costituenti reato, soggette a sanzione amministrativa. L'ordinanza che le applica non ha infatti - si é precisato in tale decisione - natura discrezionale, e la determinazione dell'entità della sanzione ha il carattere di una semplice valutazione di merito, sicché non si esorbita dall'ambito della normale attività amministrativa; né la forza esecutiva dell'atto sanzionatorio non tempestivamente impugnato significa che esso acquisti autorità di cosa giudicata.

D'altra parte, non trattandosi di attività giurisdizionale, sarebbe da escludere, ad avviso dell'Avvocatura, il preteso contrasto della disposizione impugnata con l'art. 25, primo comma Cost..

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Pretore di Sora con due ordinanze, emesse rispettivamente il 28 ed il 30 gennaio 1976, solleva, con identica motivazione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma quarto, della legge 29 ottobre 1971, n. 889, ritenendone il contrasto con gli artt. 25, comma primo, e 102, comma primo, della Costituzione.

La precitata legge n. 889 del 1971 reca "norme in materia di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto" e prevede gli adempimenti a carico delle imprese, il cui personale é obbligatoriamente iscritto al fondo (indicate all'art. 4, primo comma) nonché le sanzioni civili (art. 11) e le sanzioni amministrative (art. 12) stabilite rispettivamente per i casi di ritardo nell'invio all'INPS dell'elenco annuale di contribuzione o delle tabelle degli emolumenti accessori corrisposti al personale e dell'inosservanza dell'obbligo di versamento dei contributi.

Di detta legge, la disposizione denunziata (art. 13, comma quarto), nel caso, appunto, di accertata inosservanza dell'obbligo di versamento dei contributi previdenziali da parte delle aziende pubbliche o private operanti nel settore dei trasporti pubblici e qualora i soggetti tenuti al versamento non si siano avvalsi della facoltà di pagare, con effetto liberatorio, entro cinque giorni dalla contestazione o notifica una somma pari al minimo della sanzione amministrativa prevista, attribuisce al capo dell'Ispettorato provinciale del lavoro, competente per territorio (a sensi del primo comma del medesimo art. 13), se ritenga fondato l'accertamento e sentito l'interessato che ne abbia fatto richiesta entro quindici giorni dalla scadenza del termine utile per il pagamento, il potere di determinare "con ordinanza motivata la somma dovuta per l'infrazione, tenuto conto della gravità della violazione" e di ingiungere "all'autore della violazione e alle persone solidalmente obbligate, di pagare presso l'ufficio del registro, la somma medesima insieme con le spese di notificazione entro trenta giorni dalla notificazione dell'ingiunzione".

La sanzione amministrativa in esame consiste nel "pagamento di una somma non inferiore a lire 500 mila e non superiore a lire 2 milioni, salvo che il fatto non costituisca reato" (art. 12).

Contro l'ingiunzione del Capo dell'Ispettorato provinciale del lavoro, "l'interessato, entro il termine prefissato per il pagamento, può proporre azione (mediante ricorso) al pretore del luogo in cui l'infrazione é stata accertata" che decide inappellabilmente osservate le norme processuali all'uopo stabilite (art. 13, quinto, sesto, settimo e ottavo comma). Infine, per quanto non previsto espressamente dalla legge qui considerata "si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni della legge 3 maggio 1967, n. 317", recante modificazioni al sistema sanzionatorio delle norme in materia di circolazione stradale e delle norme dei regolamenti locali (art. 13, ultimo comma).

A giudizio del pretore rimettente, le attività devolute al Capo dell'Ispettorato provinciale del lavoro avrebbero natura giurisdizionale, con conseguente invasione del campo riservato al potere giudiziario, donde la violazione degli artt.25, comma primo e 102, comma primo, Cost..

2. - La questione non é fondata.

Il giudice a quo assume che la norma denunziata "demanda al capo dell'Ispettorato provinciale del lavoro un potere sanzionatorio simile a quello attribuito al giudice penale" e ritiene, perciò, di poter dedurre argomenti a sostegno della fondatezza della sollevata questione di costituzionalità dalla sentenza n. 60 del 1969, con la quale questa Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale delle norme della legge 7 gennaio 1929, n. 4 attributive di una competenza giurisdizionale in materia penale all'Intendente di finanza.

Il raffronto, peraltro, non é proponibile, essendo del tutto evidente che l'attività devoluta dalla legge n. 889 del 1971 al capo dell'Ispettorato provinciale del lavoro é oggettivamente e soggettivamente di natura amministrativa e non già giurisdizionale e meno che mai comporta competenza ad irrogare sanzioni penali.

Come giustamente osserva l'Avvocatura dello Stato, può, invece, ben più utilmente richiamarsi la sentenza n. 32 del 1970 di questa medesima Corte, con la quale é stata dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 8 e 9 della legge 3 maggio 1967, n. 317, alla quale non a caso, secondo quanto si é visto, rinvia l'ultimo comma del medesimo art. 13 della legge in esame.

Come nelle fatti specie legali in quella occasione considerate anche la legge n. 889 del 1971, nella parte denunziata, non prevede ipotesi di reato, ma dall'inosservanza dell'obbligo di tempestivo versamento dei contributi previdenziali fa discendere, ricorrendone i presupposti, una sanzione amministrativa, la cui determinazione in concreto ad opera del capo del competente Ispettorato del lavoro esprime semplici valutazioni di merito così escludendosi che si esorbiti dall'ambito normale dell'attività amministrativa (cfr. anche sent. n. 95 del 1967; n. 141 del 1969 e n. 3 del 1973). Quanto, infine, al fatto che l'ordinanza del capo dell'Ispettorato provinciale del lavoro, se non impugnata nei termini di legge, abbia forza esecutiva valgono le considerazioni testuali di cui alla richiamata sentenza n. 32 del 1970 di questa Corte, nella parte in cui ricorda che l'efficacia di titolo esecutivo é comune ad una pluralità di provvedimenti che non hanno carattere di giurisdizionalità e che l'atto amministrativo definitivo può e deve essere impugnato, a pena di decadenza, entro un tempo prestabilito.

Nessuna violazione si ha, dunque, dell'art. 102, primo comma, Cost., posto che si é in presenza di attività amministrativa e non giurisdizionale; e questa constatazione di per sé basta ad escludere ogni possibilità di contrasto con l'art. 25, primo comma, Cost., della norma impugnata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, quarto comma, della legge 29 ottobre 1971,n. 889 sollevata, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 102, primo comma, Cost. dal Pretore di Sora con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 29 luglio 1982.