Ordinanza n. 136 del 1982
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ORDINANZA N. 136

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 41 e 73 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni degli immobili urbani) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 6 giugno 1980 dal Tribunale di Bassano del Grappa nel procedimento civile vertente tra Cortese Bruno e Fincato Renato ed altro, iscritta al n. 585 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 291 del 22 ottobre 1980;

2) ordinanza emessa il 24 febbraio 1981 dal Tribunale di Lecce nel procedimento civile vertente tra Metrangolo Piergiovanni e Indirli Carmelina, iscritta al n. 320 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 262 del 23 settembre 1982;

Visti l'atto di costituzione di Cortese Bruno e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 26 gennaio 1982 il Giudice relatore Arnaldo Maccarone;

Udito l'avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che con ordinanza 6 giugno 1980 il Tribunale di Bassano del Grappa ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 73 della l. 27 luglio 1978, n. 392, inteso, letteralmente, nel senso che esso consenta il diritto di prelazione solo a favore del conduttore di un immobile locato ad uso di studio professionale con contratto stipulato prima dell'entrata in vigore della legge, lamentando che analogo diritto non sarebbe riconosciuto in relazione ai contratti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge stessa ed il conseguente contrasto con l'art. 3 della Costituzione;

che, il giudice "a quo" ha altresì prospettato una differente possibile interpretazione dell'art. 73, secondo cui, per motivi logico-sistematici, sarebbe da ritenere ivi implicitamente richiamato l'art. 41 precedente che, tra l'altro, esclude espressamente l'operatività del diritto di prelazione in relazione ai rapporti di locazione concernenti immobili urbani adibiti ad uso di studio professionale;

che, secondo il giudice "a quo", si paleserebbe in tal caso illegittimo lo stesso art. 41 per pretesa violazione degli artt. 3, 35 e 42 Cost. in quanto, anche per i professionisti, come per gli esercenti attività industriali, commerciali ed artigianali, ammessi invece al diritto di prelazione, avrebbe normalmente rilievo l'esercizio dell'attività in un determinato luogo e quindi competerebbe il detto diritto, inteso appunto a favorire l'acquisizione della proprietà dei locali nei quali vengono esercitate attività lavorative;

che, con ordinanza 24 febbraio 1981 il Tribunale di Lecce ha sollevato questione di legittimità costituzionale del citato art. 73 per motivi analoghi a quelli svolti nella prima parte dell'ordinanza del Tribunale di Bassano del Grappa, cioè ritenendo che la disposizione anzidetta non faccia specifico riferimento all'art. 41;

Considerato che, ai fini della interpretazione dell'art. 73 impugnato, argomenti logici, desunti dall'inquadramento della norma stessa nel sistema attuato dalla legge, rendono inattendibile una interpretazione soltanto letterale;

che, infatti, l'art. 41, secondo comma, della legge in esame, nel dettare la disciplina dei diritti di prelazione e riscatto istituiti coi precedenti artt. 38, 39 e 40 in relazione agli immobili non destinati ad uso di abitazione, ne esclude l'applicazione ai rapporti di locazione di cui all'art. 35 precedente, comprendenti appunto quelli riguardanti locali destinati all'esercizio di attività professionali, mentre il diritto stesso resta attribuito a coloro che esercitano nell'immobile attività commerciale, industriale o artigianale, considerati evidentemente come maggiormente interessati alla conservazione dei locali rispetto agli altri conduttori;

che, ciò vale ad escludere che il legislatore, in sede di disciplina transitoria, abbia voluto imporre una regolamentazione diversa della materia in considerazione soltanto della data di stipulazione del contratto, non rinvenendosi motivi che in qualche modo avrebbero giustificato tale differenziazione, la quale si risolverebbe, d'altra parte, in un irrazionale privilegio dei rapporti in corso rispetto a quelli nuovi;

che anzi, per i contratti in corso, l'art. 73 non fa riferimento all'art. 34 precedente regolante l'attribuzione del diritto all'indennità di avviamento, che quindi va esclusa per i contratti in parola, onde l'attribuzione del diritto di prelazione, per molti aspetti simmetrico rispetto all'avviamento per la comune intenzione di tutela dell'operatore economico, condurrebbe ad un evidente e non giustificabile squilibrio normativo;

che, pertanto, anche in assenza di un formale riferimento all'art. 41, 2 comma, deve ritenersi che solo per difetto di coordinamento sia stata omessa nell'art. 73 l'espressa menzione del limite di applicazione del diritto di prelazione insito nel sistema, ed espressamente sancito dall'art. 41;

che tale norma, escludendo, come si é detto, il diritto di prelazione a favore dei locatari degli immobili adibiti ad uso di studi professionali, potrebbe apparire ingiustificatamente discriminatoria nei confronti dei predetti;

che peraltro la eventuale disparità di trattamento potrebbe essere eliminata sia dichiarando l'illegittimità costituzionale della norma, nella parte in cui esclude il diritto di prelazione, sia dichiarando l'illegittimità costituzionale delle norme che il diritto di prelazione conferiscono;

che la scelta fra l'una e l'altra soluzione, secondo giurisprudenza costante di questa Corte, non può dipendere dal modo in cui la questione é stata prospettata dalle ordinanze di remissione;

che, essendo già stata sollevata la questione concernente l'esclusione dei professionisti dal diritto di prelazione, appare necessario, salva ogni pronunzia nel merito, sollevare incidentalmente anche questione di legittimità costituzionale dei menzionati artt. 38, 39, 40 e 41, comma secondo, nella parte in cui conferiscono il diritto di prelazione a favore dei locatari esercenti attività industriali, commerciali ed artigianali, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, per il dubbio che essi accordino un ingiustificato privilegio a favore di queste categorie;

che tale ultima questione appare rilevante in quanto pregiudiziale all'altra ai fini della decisione e non manifestamente infondata;

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 38, 39, 40 e 41 comma 2 della L. 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui conferiscono il diritto di prelazione ai locatari di immobili urbani esercenti attività industriali, commerciali ed artigianali, in riferimento all'art. 3 della Costituzione e ne dispone la trattazione innanzi a sé;

Ordina la sospensione dei giudizi introdotti con le ordinanze iscritte ai nn. 585/80 e 320/81;

Ordina che la Cancelleria provveda agli adempimenti di legge;

Ordina che la presente ordinanza sia pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 14 luglio 1982.