Sentenza n. 114 del 1982
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SENTENZA N. 114

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 260, comma secondo, c.p.m.p. (procedibilità) promosso con ordinanza emessa il 18 febbraio 1981 dal Tribunale militare territoriale di Torino, nel procedimento penale a carico di Ballocco Giorgio, D'Aurelio Nicola e Todisco Luigi, iscritta al n. 255 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 255 del 16 settembre 1981.

Udito nella camera di consiglio del 6 maggio 1982 il Giudice relatore Arnaldo Maccarone.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel procedimento penale a carico di Todisco Luigi e D'Aurelio Nicola, imputati rispettivamente del reato di alienazione di effetti di vestiario militare (art. 165 c.p.m.p.) e di acquisto e ritenzione di effetti militari (art. 166 c.p.m.p.), il Tribunale militare territoriale di Torino con ordinanza 18 febbraio 1981, ha sollevato, in relazione agli artt. 3 e 112 Cost.,questione di legittimità costituzionale dell'art. 260, secondo comma, del c.p.m.p., il quale prevede che i reati per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi e quelli previsti dal n. 2 dell'art. 171 dello stesso codice sono puniti a richiesta del comandante del Corpo o di altro ente superiore da cui dipende il militare colpevole.

Nell'ordinanza il giudice a quo, dopo avere ricordato le pronunzie di questa Corte nn. 42 del 1975 e 189 del 1976 con cui é stato escluso il contrasto della detta disposizione con gli artt. 3, 24, 28, 52 Cost., fa riferimento altresì alla sent. 84/79 con cui, a suo dire, questa Corte avrebbe riconsiderato, esaminando questione analoga, i principi già affermati, ritenendo fondata, per contrasto con l'art. 112 Cost., la censura sollevata contro l'art. 378, terzo comma della legge 20 marzo 1865, n. 2248, nel testo modificato dalla legge 19 novembre 1921, n. 1688, secondo cui l'ingegnere capo del genio civile "promuove" l'azione penale in alcuni casi di contravvenzione alle disposizioni del Testo Unico delle leggi sulle opere idrauliche 25 luglio 1904.

Secondo il giudice a quo, con tale pronunzia questa Corte avrebbe affermato che sono in contrasto con gli artt. 112 e 3 Cost. quelle disposizioni normative che attribuendo ad altri organi diversi dal P.M. la titolarità esclusiva e discrezionale dell'azione penale per taluni reati, ne inibiscono l'esercizio al P.M. medesimo. Tale principio sarebbe applicabile nella specie, per cui anche la richiesta di procedimento di cui all'art. 260 c.p.m.p., attribuendo al comandante del corpo invia esclusiva e discrezionale il potere di dare inizio all'azione penale dovrebbe considerarsi in contrasto con gli invocati precetti costituzionali.

In questa sede non vi é stata costituzione di parti e pertanto la causa é stata assegnata per la decisione alla camera di consiglio ai sensi degli artt. 26, legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.

 

Considerato in diritto

 

Il Tribunale militare territoriale di Torino sostiene che questa Corte, con la sent. n. 84/79, ritenendo l'illegittimità dell'esercizio esclusivo dell'azione penale da parte di organi diversi dal P.M. per contrasto con l'art. 112 Cost., avrebbe affermato principi applicabili anche in relazione all'art. 260,secondo comma, c.p.m.p., secondo cui i reati per i quali lo stesso codice stabilisce la pena non superiore nel massimo a sei mesi di reclusione sono puniti a richiesta dell'autorità amministrativa competente.

La tesi peraltro non può essere accolta e la questione deve essere dichiarata non fondata.

Invero nella ricordata sentenza n. 84/79 questa Corte ha chiaramente affermato che l'art. 112 Cost., facendo obbligo al P.M. di esercitare l'azione penale "non vuole escludere che ad altri soggetti possa essere conferito analogo potere", in quanto la ratio della norma esclude soltanto che al P.M. possa essere sottratta la titolarità dell'azione penale in ordine a determinati reati, nel senso che l'ordinamento può conferire la titolarità dell'azione penale anche a soggetti diversi dal P.M. a condizione che non si venga con ciò a vanificare l'obbligo del P.M. medesimo di esercitarla (salvo che nelle ipotesi costituzionalmente previste). E se in quella fattispecie la Corte é pervenuta alla dichiarazione di illegittimità della norma allora impugnata, ciò é avvenuto in conseguenza della interpretazione della norma stessa da parte dei giudici a quibus, che avevano seguitato a ritenere che la formula adottata dall'art. 378, terzo comma, della legge 20 marzo 1865, n. 2248 allegato F, secondo cui, in determinati casi, l'autorità amministrativa "promuove l'azione penale" attribuiva all'autorità stessa la titolarità esclusiva e l'esercizio discrezionale dell'azione penale, anche se la Corte, in precedenti pronunzie, aveva adottato una interpretazione adeguatrice al riguardo, affermando che l'espressione letterale della legge doveva essere intesa nel senso che l'autorità amministrativa aveva facoltà di portare a conoscenza dell'autorità giudiziaria fatti ritenuti penalmente rilevanti, "senza che peraltro ciò potesse valere a limitare o condizionare l'azione del P.M.".

La norma attualmente impugnata, invece, dispone soltanto che taluni reati di lieve entità sono puniti a richiesta del comandante del Corpo o dell'ente da cui il militare dipende. Tale statuizione, come questa Corte ha già avuto modo di affermare in casi analoghi (sentt. nn. 22/59

; 105/67; 104/74), stabilisce solamente una condizione per il promovimento dell'azione stessa, il che, come pure la Corte ha ritenuto con le menzionate pronunzie, non contrasta con l'art. 112 Cost., il quale appunto, affermando l'obbligatorietà dell'azione penale, non esclude che l'ordinamento stabilisca determinate condizioni per il promovimento o la prosecuzione di essa, anche in considerazione degli interessi perseguiti dalla pubblica amministrazione che, in ipotesi particolari, possono consigliare l'adozione di consimile cautela. La cui ratio nella specie é identificabile nella convenienza che, ai fini dell'apprezzamento delle circostanze tutte del fatto, intervenga il comandante più direttamente in grado di formulare un giudizio sulla rilevanza del fatto medesimo e sulla personalità dell'agente.

La fondatezza della censura mossa sotto il profilo della pretesa violazione dell'art. 3 Cost., che deriverebbe dall'esercizio del lamentato potere discrezionale dell'autorità amministrativa, é poi manifestamente esclusa sia dalle considerazioni sopra enunciate, che rendono evidente la razionalità della disciplina impugnata, sia da quanto questa Corte ha già avuto occasione di considerare a proposito di analoga questione con l'ord. n. 60/78, riaffermando il consolidato principio che la discrezionalità nell'applicazione della legge non può dar luogo a disparità di trattamento apprezzabili sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza ma, tutt'al più, a mere disparità di fatto di per sé inidonee a determinare la illegittimità del precetto.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 260, secondo comma, Codice penale militare di pace, sollevata in riferimento all'art. 112 della Costituzione, con ordinanza del Tribunale militare territoriale di Torino del 18 febbraio 1981;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della detta norma sollevata con la menzionata ordinanza in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 giugno 1982.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 18 giugno 1982.