Sentenza n. 99 del 1982
 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 99

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18, comma 3,in relaz. all'art. 11, comma 1, del d.P.R. 26 ottobre 1972,n. 643 (Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili) promosso con ordinanza emessa il 10 novembre 1975 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Biella sul ricorso proposto da Pagliardi Angioletta ed altra, iscritta al n. 6 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 del 10 marzo 1976.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 marzo 1982 il Giudice relatore Francesco Saja;

udito l'avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con atto pubblico del 3 luglio 1973, Pagliardi Angioletta e Alessandrina vendevano ad Angeleri Giacomo alcuni immobili, loro pervenuti per successione a causa di morte denunciata a Biella il 19 dicembre 1972.

Ai fini dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili (Invim), dovuta ai sensi dell'art. 4, n. 1, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, le venditrici dichiaravano i valori iniziale e finale di pari importo e, per conseguenza, nulla corrispondevano per la detta imposta al momento della registrazione della vendita.

In sede di accertamento dei valori, l'ufficio riteneva congruo il valore finale, ma riduceva il valore iniziale.

Le venditrici aderivano a questa determinazione in data 4 luglio 1974 e provvedevano contestualmente al pagamento del tributo.

Il giorno successivo, però, esse impugnavano l'accertamento, deducendo l'illogicità della legge sopra citata e lamentando che il valore iniziale del bene venduto non fosse stato maggiorato con l'aggiunta della somma da loro pagata per imposta di successione.

L'adita Commissione tributaria di primo grado di Biella, con ordinanza del 10 novembre 1975, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, terzo comma, d.P.R. n. 643 del 1972, in relazione al precedente art. 11, primo comma, "laddove dispone per i trasferimenti discendenti da atti inter vivos un trattamento diverso e deteriore rispetto a quello previsto per i trasferimenti mortis causa, in quanto mentre per i primi le spese di cui all'art. 11, se già non esposte nella dichiarazione prevista nel primo comma, debbono, a pena di decadenza, essere denunciate all'ufficio al momento della registrazione dell'atto, per i secondi, mortis causa, la denuncia può essere fatta sino alla scadenza del termine stabilito ai fini della deduzione delle passività agli effetti dell'imposta successoria".

La differenza di trattamento sembrava contrastare con l'art. 53, primo comma, della costituzione.

L'ordinanza, regolarmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella G.U. n. 65 del 10 marzo 1976.

É intervenuta la Presidenza del Consiglio dei ministri, sostenendo in via preliminare l'inammissibilità della questione per irrilevanza nel giudizio a quo, specialmente perché le venditrici hanno acquistato il bene per successione a causa di morte e perciò, ai fini della denuncia delle spese per la maggiorazione del valore iniziale, avrebbero potuto fruire del più lungo termine stabilito dal denunciato art. 18, 3 comma, d.P.R. n. 643 del 1972.

Nel merito, l'interveniente rileva che il diverso trattamento, relativo al termine per la denuncia delle spese effettuate, stabilito dal citato art. 18 con riferimento agli acquisti tra vivi ed agli acquisti mortis causa, é giustificato dalla diversità dei termini previsti per la corresponsione dell'imposta di registro(acquisti tra vivi) e dell'imposta di successione (acquisti a causa di morte) che si riflette analogamente sull'Invim.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con l'ordinanza in epigrafe la Commissione tributaria di primo grado di Biella ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 11,1 comma, e 18, 3 comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643,relativo all'imposta sull'incremento di valore degli immobili, laddove prevede per i trasferimenti inter vivos un trattamento diverso e deteriore rispetto a quello previsto per i trasferimenti mortis causa. Precisamente, il giudice a quo ritiene che la su indicata normativa contrasta con l'art. 53 della Costituzione in quanto dispone che le spese di acquisto, se già non indicate nella dichiarazione prevista nel 1 comma del cit. art. 11, debbono, a pena di decadenza, essere denunciate per gli atti inter vivos al momento della registrazione; mentre consente per i trasferimenti mortis causa che la denuncia sia fatta nel maggior termine stabilito per la deduzione delle passività agli effetti dell'imposta di successione.

2. - La questione é inammissibile per manifesta irrilevanza.

L'ordinanza di rimessione muove del presupposto che oggetto del giudice a quo sia un acquisto inter vivos e su tale presupposto ritiene che sia applicabile la disciplina impugnata,per cui la denuncia delle spese relative deve essere fatta al momento della registrazione dell'atto.

Ma l'equivoco é evidente.

L'acquisto nella specie é avvenuto non già per atto inter vivos, bensì per successione materna, la quale é stata denunciata a Biella il 19 dicembre 1972. Conseguentemente ad esso é riferibile la previsione normativa del ricordato art. 18 relativamente agli acquisti mortis causa, secondo il quale le spese di cui al cit. art. 11 possono essere denunziate nel termine stabilito per la deduzione delle passività agli effetti dell'imposta successoria (ossia nel termine previsto dall'art. 16 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, 4 comma).

Ciò posto, risulta evidente come la prospettata questione di legittimità costituzionale non é per nulla rilevante nel giudizio a quo e pertanto va dichiarata inammissibile.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dagli artt. 11, 1 comma, e 18, 3 comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, in riferimento all'art. 53 della Costituzione, sollevata con l'ordinanza in epigrafe della Commissione tributaria di primo grado di Biella.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto  - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 20 maggio 1982.