Ordinanza n. 67 del 1982
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ORDINANZA N. 67

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 18 dicembre 1973, n. 877 (Nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio), promosso con ordinanza emessa il 25 luglio 1980 dal pretore di Crema, nei procedimenti penali riuniti a carico di De Grandi Giuseppe, iscritta al n. 913 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 70 dell'11 marzo 1981.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 1982 il Giudice relatore Livio Paladin.

Ritenuto che il pretore di Crema - con ordinanza emessa il 25 luglio 1980 - ha impugnato la legge 18 dicembre 1973, n. 877 ("Nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio"), in riferimento agli artt. 70, 72 e 73 della Costituzione: deducendo l'illegittimità del procedimento formativo della legge in esame, per effetto della non corrispondenza fra il testo dell'art. 1, primo comma, quale era stato approvato dalla Camera dei deputati, e quello successivamente approvato dal Senato (e promulgato dal Presidente della Repubblica); e che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la Corte dichiari infondata la proposta questione, in quanto all'indiscutibile diversità formale dei due testi, dovuta a un "mero errore materiale", farebbe riscontro "la considerazione sostanziale della identità della norma voluta e approvata dai due rami del Parlamento".

Considerato che nel giudizio a quo si tratta anzitutto di applicare l'art. 1, primo comma, della legge n. 877 del 1973, per stabilire se il caso in esame vada o meno assoggettato all'apposita disciplina del lavoro a domicilio; sicché l'impugnativa si appalesa con certezza rilevante - alla data dell'ordinanza di rimessione - limitatamente a questa sola parte dell'atto legislativo;

Considerato, però, che nel corso del presente giudizio é entrata in vigore la legge 16 dicembre 1980, n. 858 (intitolata "Interpretazione autentica e modificazione dell'art. 1 della legge 18 dicembre 1973, n. 877, recante nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio"): l'art. 1 della quale ha riaffermato - con effetto "dalla data di entrata in vigore della precedente legge 18 dicembre 1973, n. 877", secondo l'espressa disposizione dell'art. 3 - che "é lavoratore a domicilio chiunque, con vincolo di subordinazione, esegue nel proprio domicilio o in locale di cui abbia disponibilità... lavoro retribuito per conto di uno o più imprenditori, utilizzando materie prime o accessorie e attrezzature proprie e dello stesso imprenditore, anche se fornite per il tramite di terzi" (mentre l'art. 2 reinserisce nella parte finale della definizione del lavoro a domicilio - ma con effetto per il solo avvenire - la disgiuntiva "o" in luogo della congiuntiva "e"); e che, pertanto, si rende necessario restituire gli atti al giudice a quo, affinché accerti se la sollevata questione sia tuttora rilevante.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

ordina la restituzione degli atti al pretore di Crema.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 1982.

 

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Brunetto  - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 1 aprile 1982.