Sentenza n. 51 del 1982
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SENTENZA N. 51

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE         

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 65 del d.P.R. 9 maggio 1950, n. 203 (Testo unico delle disposizioni riguardanti le imposte straordinarie sul patrimonio) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 9 gennaio 1975 dal Tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Bonanomi Carla Stella e l'Amministrazione delle Finanze dello Stato, iscritta al n. 468 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 313 del 26 novembre 1975;

2) ordinanza emessa l'8 ottobre 1976 dalla Corte di Cassazione sul ricorso proposto dalla curatela del fallimento s.p.a. G. L. Tondani contro l'Esattoria Civica di Milano ed altro, iscritta al n. 66 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 100 del 13 aprile 1977.

Visti l'atto di costituzione della curatela del fallimento Soc. Tondani e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 dicembre 1981 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;

uditi l'avv. Enrico Biamonti per la curatela del fallimento Soc. Tondani e l'avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il 15 settembre 1971 l'Esattoria delle Imposte di Milano intimò a Bonanomi Carla Stella - quale acquirente di un immobile già di proprietà, alla data del 29 marzo 1947, di Rossi Francesco - il pagamento della somma di lire 13.663.325, dovuta dal Rossi medesimo a titolo di imposta straordinaria progressiva sul patrimonio: ciò in forza del privilegio speciale di cui all'art. 65 d.P.R. 9 maggio 1950 n. 203 (testo unico delle disposizioni riguardanti le imposte straordinarie sul patrimonio).

Con citazione del 15 febbraio 1972 la Bonanomi convenne avanti il Tribunale di Milano l'Esattoria e l'Amministrazione finanziaria dello Stato chiedendo dichiararsi infondata la intimazione.

L'adito Tribunale con ordinanza del 9 gennaio 1975 (comunicata il 24 marzo e notificata il 18 settembre 1975, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 313 del 26 novembre 1975 e iscritta al n. 468 registro ordinanze 1975) sollevò d'ufficio, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 65 d.P.R. 203/1950 nella parte in cui questa norma - a differenza dell'art. 97 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 e dell'art. 68 r.d. in pari data, n. 3270, rispettivamente relativi all'imposta di registro ed a quella sulle successioni - "non dispone che l'azione a garanzia del privilegio spettante allo Stato per la riscossione dell'imposta si estingue nel termine (decennale ordinario) posto dalla legge per domandare il pagamento dell'imposta".

La rilevanza della questione é dal Tribunale ravvisata in ciò che, pur non essendo nella specie prescritta l'obbligazione principale, dovrebbe nondimeno la terza acquirente del bene essere assolta da ogni pretesa e andare indenne da azione espropriativa se, conformemente ad esigenze di uguaglianza rispetto al trattamento del terzo possessore in altre ipotesi di privilegio fiscale, fosse a questo applicabile, anche in materia di imposta straordinaria sul patrimonio, un autonomo termine estintivo, che dovrebbe, secondo il Tribunale, essere quello decennale ordinario (operante, in mancanza di diversa disposizione, per la richiesta di pagamento dell'imposta straordinaria sul patrimonio).

Sulla non manifesta infondatezza della proposta questione il Tribunale, premesso che, in linea di principio, il privilegio speciale può essere esercitato senza altro limite di tempo che non sia quello della prescrizione del credito garantito, osservava che l'art. 97 della legge di registro ha posto, in deroga a tale principio, un autonomo termine di estinzione dell'azione esecutiva privilegiata, soggiungendo che la Corte costituzionale, con sentenza 141/1974, ha esteso tale disciplina alla materia dell'imposta di successione, avendo ritenuto irrazionale il diverso trattamento prima risultante dall'art. 68 della relativa legge.

Il Tribunale - non senza aver ricordato che la Corte, nella menzionata sentenza, argomentava anche dalle esigenze di certezza del diritto e di sicurezza nella circolazione dei beni, quali ragioni giustificatrici di una rigorosa delimitazione del termine entro cui può essere esercitata l'azione esecutiva sul bene oggetto del privilegio - ha osservato

a) che non minore irrazionalità é dato rilevare nel diverso trattamento riservato dalla legge alla materia dell'imposta straordinaria sul patrimonio, "posto che la diversità dei presupposti di imposta non esplica alcun rilievo rispetto al favore per le esigenze finanziarie dello Stato, in funzione del quale é stabilito il privilegio",

b) che le esigenze di sicurezza nella circolazione dei beni e di tutela del terzo acquirente "operano indifferentemente, quale che sia la natura ed il campo di applicazione dell'obbligazione tributaria, cui il privilegio accede".

Ha infine rilevato il giudice a quo che sotto lo specifico profilo testé indicato (irragionevolezza del deteriore trattamento del terzo possessore nella materia di cui trattasi rispetto a quello del terzo possessore in materia di imposte di registro e successoria) la questione di costituzionalità dell'art. 65 d.P.R. 203/1950 non é stata affrontata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 210/1971, la quale si é limitata ad affermare la legittimità del rinvio operato dal legislatore fiscale alle generali norme del codice civile in tema di privilegi, senza tener conto che lo stesso legislatore fiscale aveva ritenuto di derogare a quella regolamentazione generale, ponendo un autonomo termine di estinzione del privilegio in materia di imposta di registro (disciplina successivamente estesa dalla Corte stessa all'imposta di successione).

2. - In questa sede nessuna delle parti del giudizio a quo si é costituita, mentre ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto depositato il 29 settembre 1975, nel quale l'Avvocatura generale dello Stato, richiamata a sostegno della conclusione d'infondatezza della questione la sentenza 210/1971, ha osservato che l'esigenza eguagliatrice, che indusse la Corte a ritenere nella sentenza 141/1974 illegittima la non previsione, per l'imposta sulle successioni, di un autonomo termine di decadenza dell'azione esecutiva reale, non potrebbe operare relativamente all'analogo difetto di tale previsione per l'imposta straordinaria sul patrimonio, in quanto le imposte di registro e sulle successioni, entrambe relative a trasferimenti, hanno struttura, funzione e disciplina affini, mentre da entrambe si differenzia profondamente l'imposta straordinaria sul patrimonio, sia per la sua natura giuridica (di imposta diretta e straordinaria, contro il carattere indiretto ed ordinario delle altre) sia per le esigenze finanziarie cui assolve (straordinarie ed eccezionali, appunto, in piena antitesi con l'ordinarietà e normalità delle esigenze, cui assolvono le due classiche imposte indirette).

Ha poi respinto l'interveniente la proposizione del Tribunale di Milano, secondo cui la diversa disciplina dei privilegi sarebbe comunque ingiustificata perché é pur sempre identica la causa del privilegio (favore per le esigenze finanziarie dello Stato) e identiche le ragioni che postulerebbero un autonomo termine estintivo (certezza del diritto e sicurezza nella circolazione dei beni) sul riflesso che "la diversa natura delle singole imposte influisce direttamente sulla disciplina del credito relativo e del corrispondente privilegio, determinando situazioni di fatto e di diritto sostanzialmente diverse", come conferma il fatto che, "se così non fosse, non si giustificherebbe la diversa disciplina dettata dagli artt. 2771, 2772 e 2788 codice civile per i privilegi relativi ad imposte dirette e indirette, tutte genericamente preordinate al soddisfacimento delle esigenze finanziarie dello Stato". Quanto poi al bisogno di sicurezza nella circolazione dei beni, esso - sempre ad avviso della Avvocatura dello Stato - verrebbe in rilievo in modo diverso nelle due ipotesi, perché la tipicità ed unicità dell'occasione generatrice del privilegio speciale relativo all'imposta straordinaria sul patrimonio (possesso dell'immobile alla data del 29 marzo 1947) ridurrebbe, per il terzo acquirente, la difficoltà di rilevamento del privilegio stesso e, quindi, la lamentata situazione di pericolo.

3. - Con ricorso 3 luglio 1968 l'Esattoria civica di Milano chiese al giudice delegato del fallimento della s.p.a. Gian Luca Tondani l'ammissione al passivo, ai sensi dell'art. 101 legge fallimentare, del credito di lire 54.198.397 per imposta straordinaria progressiva sul patrimonio dovuta da Gian Luca Tondani, con privilegio speciale sul prezzo ricavante dalla vendita di un immobile dal Tondani medesimo conferito nella società fallita, sul quale gravava il privilegio speciale di cui all'art. 65 t.u. 9 maggio 1950 n. 203.

Mentre il curatore del fallimento si oppose all'ammissione del credito in via privilegiata eccependo la prescrizione del privilegio speciale, l'Esattoria chiamò in causa l'Amministrazione delle Finanze dello Stato la quale si costituì facendo propria la domanda.

Mentre l'adito Tribunale, con sentenza 1 aprile-26 luglio 1971, dichiarò il privilegio speciale estinto per prescrizione ritenendo che ad esso fosse applicabile la prescrizione ordinaria decorrente dalla data (11 agosto 1950) dell'acquisto dell'immobile, che ne era gravato, da parte della società fallita, la Corte d'appello di Milano, adita dall'Esattoria e dall'Amministrazione finanziaria, con sentenza 27 novembre 1973-18 gennaio 1974, in riforma della sentenza di primo grado, ammise l'Esattoria al passivo del fallimento per il credito di imposta di lire 44.859.522 con privilegio speciale sulla somma ricavata dalla vendita dell'immobile conferito dal debitore di imposta nella società fallita, ritenendo che il privilegio speciale immobiliare, previsto dall'art. 65 t.u. 9 maggio 1950 n. 203, si estingue solo con l'estinzione del credito di imposta del quale costituisce un accessorio, e che, in mancanza di specifica disposizione di legge in senso contrario, non siano per esso configurabili cause di estinzione autonome e distinte rispetto a quelle incidenti sul credito garantito.

Sul ricorso del curatore del fallimento della s.p.a. Tondani le Sezioni unite della Corte di Cassazione, con ordinanza 8 ottobre 1976 (notificata il 14 gennaio 1977 e comunicata il successivo 25, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 13 aprile 1977 e iscritta al n. 66 registro ordinanze 1977), ha d'ufficio sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 65 d.P.R. n. 203/1950, "nella parte in cui non dispone, analogamente a quanto previsto dalle norme concernenti il privilegio speciale che assiste il credito dello Stato per altre imposte, che il privilegio speciale relativo al credito per l'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio si estingue ove l'azione esecutiva privilegiata non sia esercitata entro un determinato termine, indipendentemente dall'estinzione del credito di imposta".

La Corte di Cassazione muove dalla premessa che i privilegi speciali - i quali condividono per certi aspetti la natura dei tipici diritti reali di garanzia, ma se ne differenziano per la mancanza di un'autonoma fattispecie costitutiva rispetto a quella del credito, donde una loro più accentuata accessorietà - seguono necessariamente le sorti del credito garantito e non possono, almeno di regola, estinguersi prima ed indipendentemente da quest'ultimo, né le disposizioni particolari che, come l'art. 97 della legge di registro e l'art. 68 della legge sull'imposta di successione (quest'ultimo nel testo risultante dalla dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale operata con la sentenza n. 141/1974), prevedono una causa estintiva autonoma, esprimono un contrapposto principio perché costituiscono norme eccezionali insuscettibili di applicazione analogica.

Tale premessa rende rilevante la questione di legittimità costituzionale del citato art. 65, proprio per la mancata previsione di un autonomo termine estintivo dell'azione esecutiva privilegiata: questione la cui non manifesta infondatezza discende, secondo la Corte di Cassazione, dal fatto che la omessa previsione implica per il terzo acquirente, relativamente all'imposta in esame, un trattamento deteriore rispetto a quello in cui versano gli acquirenti di beni vincolati a garanzia di altre imposte, senza che la diversità tragga razionale giustificazione dalla differente natura dei tributi e, in particolare, dalla distinzione fra imposte dirette e indirette, che attiene al modo di manifestarsi della capacità contributiva e non giustifica, di per sé, gradi diversi di intensità della garanzia della obbligazione tributaria. Al contrario, l'esigenza di sicurezza della circolazione dei beni (quale giustificazione di un termine per l'esercizio dell'azione esecutiva privilegiata: v. sentenza n. 141/1974) si presenta nell'ipotesi di imposta progressiva sul patrimonio più marcata che non nella ipotesi, ad esempio, di imposta di registro, postoché, in quest'ultimo caso, il privilegio afferisce al singolo o ai singoli beni oggetto del trasferimento, mentre, nell'altro, il privilegio colpisce tutti gli immobili esistenti nel patrimonio del contribuente ad una determinata data.

4. - In questa sede é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri con atto depositato il 26 aprile 1977, in cui l'Avvocatura generale dello Stato ha riprodotto argomentazioni e conclusioni spiegate nell'altro incidente.

Si é costituito il curatore del fallimento della s.p.a. Tondani, rappresentato e assistito dagli avv. Enrico Biamonti e Giovanni Panzarini giusta delega in calce alle deduzioni depositate il 3 luglio 1977, in cui - sottolineata in linea preliminare la differenza della questione di legittimità costituzionale sollevata dall'ordinanza in esame rispetto alla questione disattesa con la sentenza n. 210/1971 (ora, e non allora, specificamente censurandosi il difetto di autonomo limite temporale dell'azione esecutiva privilegiata) - rileva che la censurata diversità di trattamento del terzo acquirente nell'ipotesi in esame, rispetto a quanto previsto in tema di imposte di registro e sulle successioni, non solo non é razionalmente giustificata, ma é tanto più grave in quanto, nel primo caso, l'acquirente versa nella radicale impossibilità (pratica e giuridica) di informazione circa l'esistenza del privilegio, stante il segreto di ufficio previsto dall'art. 68 d.P.R. n. 203/1950 (a torto sottovalutato dalla sentenza n. 210/1971) e la non pubblicità dei ruoli dell'imposta in questione (art. 50, secondo comma, d.P.R. citato).

Osserva ancora la curatela che, proprio per la gravità della deroga che il privilegio immobiliare in genere apporta al sistema della trascrizione immobiliare, la legge provvede a limitare il medesimo sia in relazione al tempo cui si riferiscono i tributi sia, soprattutto, dal punto di vista della localizzazione del bene con il collegare il privilegio agli immobili "situati nel territorio del comune in cui il tributo si riscuote" (articolo 2771 codice civile), o con il preservare parzialmente i diritti dei terzi pur successivi all'insorgenza del tributo (articolo 2772 codice civile), o ancora coordinando tributo e immobile (finanza locale: art. 2773 codice civile), o ancora collegando il privilegio a dati esteriori individuabili (impianti in tema di concessione di acque pubbliche, opere di bonifica e miglioramento: artt. 2774 e 2775 codice civile).

Tali norme, evidentemente preordinate a fornire al terzo diligente la possibilità di sopperire al difetto di pubblicità in senso tecnico, rendono tanto più palese la gravità della situazione esistente in tema di privilegio relativo all'imposta straordinaria sul patrimonio, ove ogni possibilità di informazione é preclusa. Ad analoga ratio di tutela del terzo acquirente (nel senso della oggettiva controllabilità di una situazione a lui opponibile pur al di fuori del meccanismo della trascrizione) si collega, sempre ad avviso della curatela, il principio della inusucapibilità delle servitù non a parenti.

Non manca la curatela di rilevare che, nella recente riforma tributaria, l'art. 56, comma terzo, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), regolando il privilegio speciale immobiliare di cui all'art. 2771 codice civile, ha tenuto conto della natura delle nuove imposte dirette tendenti a colpire il coacervo dei redditi ed ha provveduto ad evitare che il diritto di garanzia gravasse sugli immobili a tutela dell'intero credito d'imposta, disponendo che "i privilegi... sono limitati all'imposta o alla quota proporzionale d'imposta immutabile ai redditi immobiliari": anche questa disposizione dimostra - secondo la curatela - l'assoluta irrazionalità ed iniquità del privilegio che assiste l'imposta straordinaria sul patrimonio, postoché tale imposta, sorta in relazione all'intero patrimonio del contribuente, può focalizzarsi, nel momento della realizzazione privilegiata, per l'intero sul singolo immobile del terzo possessore (ciò che appunto é avvenuto nel caso di specie).

L'impugnato art. 65 - osserva conclusivamente la curatela - mette in moto un meccanismo per cui, a distanza di decenni dall'istituzione del tributo, un terzo, incolpevolmente ignaro del vincolo, può vedersi sottratto un bene (che potrebbe anche essere il suo unico cespite immobiliare, frutto dei risparmi di una vita), senza sostanziali possibilità di rivalsa nei confronti del debitore d'imposta. La abnormità di tale situazione anche dal punto di vista del principio della capacità contributiva, lo sconvolgimento del sistema di pubblicità, la differenza di trattamento rispetto ad altre ipotesi di privilegi fiscali (registro e successione), la disarmonia inspiegabile con la disciplina civilistica dei privilegi fiscali, l'eventualità che nel singolo bene acquistato dal terzo si concentri la garanzia del soddisfacimento di un credito commisurato all'intero patrimonio del contribuente, sono tutti elementi che - secondo la curatela - segnalano "l'iniquità e l'irragionevolezza della diversa disciplina del tributo de quo rispetto al sistema e così la lesione gravissima dell'art. 3 della Costituzione".

Nella memoria illustrativa depositata il 26 novembre 1981, la difesa della curatela insiste con particolare intensità sulla incompatibilità tra privilegi speciali immobiliari e il sistema della pubblicità immobiliare, su ciò che il privilegio che assiste l'imposta straordinaria sul patrimonio grava su tutti i beni appartenenti al soggetto, che il terzo acquirente non può rilevare in alcun modo il pagamento del tributo né ha notizia dei ruoli esattoriali, che per quel che concerne la imposta de qua non sono soggetti a pubblicazioni, né dai competenti funzionari per essere questi tenuti al segreto d'ufficio. Ciò ribadito, la difesa torna ad intrattenersi sul tema della questione di costituzionalità, e cioè sulla mancata previsione di una prescrizione breve estintiva del privilegio ed estintiva del credito tributario; su di che confuta le deduzioni dell'interveniente Presidente del Consiglio dei ministri negando che le caratteristiche dei tributi di registro e sulle successioni giustifichino la diversità di trattamento riservata ai tre tributi.

5. - Alla pubblica udienza del 9 dicembre 1981, nella quale il giudice Andrioli ha riferito sui due incidenti, l'avvocato Biamonti, per la curatela del fallimento della soc. Tondani, ha in particolar misura insistito sul principio della capacità contributiva e argomentato dalla sent. 141/1974 della Corte; l'avvocato dello Stato Angelini Rota, pur ammettendo il contrasto tra l'esigenza di certezza del diritto e la carenza di pubblicità del privilegio in esame, ha invocato il principio: accessorium sequitur principale e sottolineato la differenza tra il privilegio a tutela dell'imposta straordinaria sul patrimonio e altro privilegio, per il quale il legislatore ha fissato termine di esercizio dell'azione contro il terzo (termine, nel cui difetto la Corte ebbe a ravvisare lesione dell'art. 3 in riferimento ad altro tributo nella ripetuta sent. 141/1974).

 

Considerato in diritto

 

6. - Sebbene diverse siano le fattispecie concrete su cui sono sorti i due incidenti (procedura espropriativa individuale nella specie su cui si é pronunciato il Tribunale di Milano; domanda di ammissione al passivo fallimentare nella specie su cui han rescritto le Sezioni unite della Cassazione), l'identità della disposizione impugnata e del parametro di costituzionalità induce la Corte a disporre la riunione degli incidenti stessi, di cui é da negare la fondatezza per le ragioni che si passa ad esporre non senza sottolineare la genericità del quesito prospettato dai giudici a quibus, i quali sollecitano da questa Corte - in buona sostanza - la formulazione di norma che estende la prescrizione ordinaria decennale all'azione esecutiva individuale del Fisco contro il terzo acquirente - immediato e mediato - dal titolare del patrimonio al 29 marzo 1947, di cui faceva parte l'immobile trasferito.

7. - Nel sistema del codice di procedura civile del 1942 il terzo acquirente di immobile acquista la veste di terzo proprietario e, quindi, di parte necessaria nel processo di espropriazione singolare sol quando il bene sia gravato da ipoteca iscritta in tempo anteriore alla trascrizione dell'atto d'acquisto (sebbene l'art. 2812 codice civile non manchi di escludere dal novero acquirenti di taluni diritti reali che pur abbiano trascritto il proprio titolo in tempo posteriore alla iscrizione ipotecaria): limitazione che ha, nel campo dei mobili, il suo omologo nell'attribuzione della qualità di terzo proprietario e, quindi, di necessario litisconsorte passivo all'acquirente di mobile sol se gravato da pegno. Né la presente é sede opportuna per ricordare le dispute, non ancora sopite in dottrina e in giurisprudenza, sulla sorte degli stessi diritti di garanzia che pur attribuiscono al terzo acquirente la qualità di terzo proprietario allorquando nei confronti del debitore diretto o del terzo acquirente sia stata, in tempo successivo al sorgere del privilegio, aperta procedura di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa.

Pertanto nel sistema dei codici civili sostanziale e processuale del 1942 l'azione espropriativa - singolare e, a fortiori, collettiva - contro il terzo acquirente del bene gravato da privilegio speciale non é neppur prevista e, pertanto, sufficiente soggetto passivo della medesima é il debitore, non già il terzo acquirente, il quale, a meno che non sia coinvolto di fatto in alcuna delle situazioni spaziali descritte nell'art. 513 codice procedura civile proprie, peraltro, dei soli mobili, si vede spogliare del diritto reale senza essere messo al giorno degli atti del procedimento espropriativo che ne lo privano.

D'altro canto le ragioni di tale "politica" legislativa non sono da ravvisare in ciò che la quasi totalità dei privilegi non formi oggetto di idoneo sistema di pubblicità perché rimane pur sempre dubbio se siffatta assistenza valga ad attribuire al terzo acquirente la qualità di terzo proprietario che l'art. 602 codice procedura civile assegna - lo si ripete - al terzo acquirente d'immobile gravato da ipoteca (e - ipotesi estranee alla presente disamina - al terzo acquirente di mobile gravato da pegno e all'acquirente di bene la cui alienazione da parte del debitore sia stata revocata per frode).

L'ultimo rilievo consente di far giustizia dei sospetti di attentato alla sana circolazione dei beni e alla buona fede del terzo acquirente, su cui i giudici che hanno sollevato gli incidenti e la difesa dell'unica parte privata costituitasi in questa sede hanno in particolar guisa insistito: postoché la data di nascita del privilegio per l'imposta straordinaria sul patrimonio risulta da norma avente forza di legge pubblicata a due riprese nella Gazzetta Ufficiale, la ricerca dei dati del collegamento tra il terzo e il titolare del patrimonio debitore del tributo non incontra difficoltà più ardue di quelle che i registri delle conservatorie e il catasto e le mappe censuarie frappongono alla diligenza di chi - nel territorio di diciotto delle venti regioni nelle quali si articola la Repubblica - intende acquistare senza pericolo di evizione immobili o concedere senza incorrere in sgradevoli sorprese credito al titolare di diritti reali immobiliari: difficoltà, che per un verso nulla han da vedere con il segreto d'ufficio cui sono tenuti coloro che - come ogni altro funzionario o consulente - partecipano alle operazioni applicative dell'imposta, e, per altro verso, deve vittoriosamente superare il Fisco per identificare in primo luogo l'appartenenza dell'immobile de quo al patrimonio della persona al 29 marzo 1947 e in secondo luogo il proprietario in atto dell'immobile medesimo (difficoltà che al certo non sorgevano neppur ipoteticamente nella specie, in ultima istanza sottoposta all'esame delle Sezioni unite, dappoiché avente causa immediato del debitore Gianluca Tondani era la società identificata con le sue stesse generalità, alla quale il Tondani medesimo aveva apportato l'obnoxio immobile).

La disamina del diritto positivo, pur condotta nei termini delibatori che la presente sede rende necessari, permette di affermare che nella normativa dei tributi, la cui prescrizione estintiva aspirerebbero Tribunale di Milano e Sezioni unite della Cassazione estesa al tributo in esame, il terzo é tutelato con l'attribuzione della qualità di contraddittore passivo necessario nella espropriazione forzata, di cui il sistema dei codici civili sostanziale e processuale non munisce i terzi titolari di beni mobili e immobili aventi causa da debitore per crediti diversi dai tributi, direttamente l'uno e assunti a parametri i due altri.

8. - I precedenti rilievi indurrebbero da soli a dire infondata l'accusa di irrazionalità per ingiustificata divergenza di trattamento - nella quale si esaurisce, a ben guardare, la motivazione delle due ordinanze - ove queste siano spogliate delle preoccupazioni di attentati alla sana circolazione dei beni e alla buona fede dei terzi, di cui si é dimostrata la estraneità a una disamina condotta, come si deve, sulla base di dati ricavati dal diritto positivo - se giudici a quibus e parte privata costituita non insistessero sulla discrepanza che la disciplina positiva sull'imposta di registro e la sent. 141/1974 in riferimento alla imposta sulle successioni han determinato tra la imposta de qua agitur e gli or menzionati tributi.

Senonché in una materia basata, come i privilegi, sulla "causa" del credito garantito (art. 2745 codice civile) e, quindi, sulla funzione sociale del medesimo, la "causa" della imposta straordinaria sul patrimonio non può non giustificare la mancata considerazione della incidenza della prescrizione sull'azione espropriativa contro il terzo, di cui si sono fatti carico il legislatore per la imposta di registro e questa Corte per la imposta sulle successioni: "causa", o funzione che dir si voglia, ravvisata nella esigenza di chiamare tutti a raccolta per sanare le ferite della guerra perduta e non per far fronte alle normali esigenze finanziarie dello Stato; esigenza che, per tutelare il diritto di difesa del terzo, ben giustificava l'attribuzione al terzo della qualità di necessario contraddittore passivo non già l'assoggettamento di detta azione a prescrizione diversa da quella estintiva del credito tributario, ove si consideri il carico di lavoro che - stante la generalità dei soggetti passivi del tributo e la universalità dei beni colpiti - sarebbe gravato sugli uffici.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i procedimenti iscritti ai nn. 468 registro ordinanze 1975 e 66 registro ordinanze 1977,

1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 65 d.P.R. 9 maggio 1950 n. 203, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui, a differenza che per gli artt. 97 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 e 68 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270, non dispone che l'azione a garanzia del privilegio spettante allo Stato per la riscossione dell'imposta si estingue nel termine (decennale ordinario) posto dalla legge per domandare il pagamento dell'imposta, sollevata con ordinanza 9 gennaio 1975 dal Tribunale di Milano;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 65 d.P.R. 9 maggio 1950 n. 203, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione e nei limiti di cui alla motivazione della ordinanza, emessa dalla Corte di Cassazione - Sezioni unite civili - l'8 ottobre 1976.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 febbraio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA.

Giovanni VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 3 marzo 1982.