Sentenza n. 32 del 1982
 CONSULTA ONLINE 

 

 

SENTENZA N. 32

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 3 febbraio 1965, n. 14 (regolamentazione delle assuntorie nelle ferrotramvie esercitate in regime di concessione), promosso con ordinanza emessa il 7 ottobre 1975 dal Pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra Leonforte Paolo ed altri e la S.p.a. Ferrovie Nord Milano, iscritta al n. 635 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 del 10 marzo 1976.

Visti l'atto di costituzione della S.p.a. Ferrovie Nord Milano e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 novembre 1981 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari;

uditi l'avvocato Giuseppe Catalano per la S.p.a. Ferrovie Nord Milano e l'avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un giudizio civile, promosso ex art. 414 c.p.c. da tale Leonforte Paolo ed altre 22 persone, che rivendicavano, in via principale, il riconoscimento dello status e del trattamento di lavoratori subordinati di ruolo della S.p.a. Ferrovie Nord Milano - in luogo di quelli di assuntori titolari o aggiunti - e, in via secondaria, lo stesso trattamento dei dipendenti di ruolo, il pretore di Milano in funzione di giudice del lavoro sollevava, con ordinanza emessa il 7 ottobre 1975 (Reg. ord. n. 635/1975, pubblicata nella G.U. n. 65 del 10 marzo 1976) questione di legittimità costituzionale della legge 3 febbraio 1965, n. 14, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione.

2. - La questione viene riproposta, benché questa Corte, con la sentenza n. 51 del 1967, abbia già riconosciuto la legittimità della legge n. 14 del 1965. Ma il pretore di Milano ha ritenuto che la questione non é manifestamente infondata, se esaminata sotto nuovo e diverso profilo. All'uopo: premette il principio che bisogna aver riguardo al reale contenuto del rapporto e non al suo nomen juris; ricerca poi minuziosamente nella legge e registra tutte le prestazioni che hanno evidente carattere di lavoro subordinato; infine, estrapolando dalla suddetta sentenza una frase - quella in cui é ribadita la legittimità della disciplina, in quanto non tolga ad assuntori e coadiutori alcuno dei diritti costituzionalmente connessi agli oneri tipici del lavoro subordinato -, ed affermando di riscontrare in essa uno "spiraglio interpretativo", ne deduce che, in conseguenza della "artificiosa tipizzazione legislativa", operata dal legislatore mediante la qualificazione del rapporto di assuntoria come lavoro autonomo, anziché subordinato, il lavoratore-assuntore, oltre che subire un trattamento inferiore a quello dei dipendenti di ruolo, verrebbe privato di quei diritti, che "costituiscono espressione dell'autonomia collettiva". Sarebbe appunto questo - cioè la privazione della tutela sindacale e dell'esercizio del diritto di sciopero - il nuovo e diverso profilo.

3. - Si é costituita la convenuta S.p.a. Ferrovie Nord Milano ed ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

La difesa della convenuta ha preliminarmente eccepito la inammissibilità per difetto di rilevanza della sollevata questione, adducendone subordinatamente la infondatezza.

Sotto il primo profilo, ha rilevato nell'atto di costituzione in giudizio - e ribadito nella successiva memoria - che in effetti il giudizio promosso dagli attori concerneva la legittimità di una serie di provvedimenti amministrativi (in ordine ai quali il giudice ordinario difetta di giurisdizione); che i ricorrenti, se "sostanzialmente agenti di ruolo", avrebbero dovuto anzitutto proporre ricorsi gerarchici (senza e prima di che l'azione dinanzi all'autorità giudiziaria é improponibile); che la questione é comunque irrilevante, sia perché é stato omesso il preventivo esame delle due sopra riassunte eccezioni pregiudiziali, sia ancora perché é stato proposto un profilo di illegittimità che non ha relazione con l'oggetto della controversia. Nel merito, poi, si osserva che nella legge impugnata non esistono norme che privino assuntori e coadiutori degli strumenti di autotutela collettiva. Al contrario, per quanto riguarda l'intervento del sindacato, esso é espressamente previsto negli artt. 4 e 7 della legge denunziata; per quanto riguarda lo sciopero, a parte la considerazione che allo stato nel nostro ordinamento non esiste altra norma che l'art. 40 Cost., é storicamente notorio che gli assuntori, non solo della S.p.a. Ferrovie Nord Milano, esercitano senza contestazioni il relativo diritto.

L'Avvocatura dello Stato, nell'interesse del Presidente del Consiglio, ha chiesto declaratoria, di infondatezza, rilevando che la tesi del giudice a quo trova smentita nella realtà. Relativamente alla rappresentanza sindacale, infatti, risultano inseriti nell'ultimo patto sulle competenze accessorie del personale di ruolo taluni miglioramenti retributivi anche per gli assuntori, mentre sul piano nazionale gli interessi di questi hanno trovato tutela nell'accordo autoferrotramvieri del 22 giugno 1973, e precisamente nella apposita clausola (art. 4) che garantisce l'utilizza degli assuntori entro i limiti della legge n. 14 del 1965. Relativamente al diritto di sciopero, gli assuntori in genere, compresi quelli delle Ferrovie Nord Milano, non hanno mancato di esercitarlo a sostegno delle proprie rivendicazioni, sia di carattere economico, che normativo.

Alla pubblica udienza, entrambe le difese hanno insistito nelle già esposte considerazioni e conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

La questione é inammissibile.

Con sentenza n. 51 del 1967, questa Corte ha già avuto occasione di esaminare e risolvere la medesima questione. Anche allora: era stata denunziata l'illegittimità della medesima legge nella sua interezza; il riferimento risultava fatto all'art. 35, primo comma (oltre che agli artt. 36, 38 e 41, secondo comma) Cost.; la censura di fondo consisteva sempre nel rilievo che, pur rivelando talune prestazioni degli assuntori e dei loro coadiutori la caratteristica del lavoro subordinato, la legge impugnata qualificherebbe il rapporto come lavoro autonomo, e conseguentemente veniva a privare gli assuntori di stazioni e di passaggi a livello di alcuni dei diritti costituzionalmente garantiti ai lavoratori subordinati. La Corte dichiarando non fondata la questione, in quanto le disposizioni della legge impugnata non hanno un contenuto che offenda principi o norme costituzionali, osservò che non era necessario esaminare il problema della natura del rapporto, quale disciplinato dal legislatore e statuì che può configurarsi violazione di norme costituzionali solo nel caso di "una disciplina talmente ibrida che, mentre al lavoratore si impongono prestazioni d'un certo tipo, gli si neghino i vantaggi ad esso collegati".

Nonostante la chiarezza della sopra richiamata pronuncia, il pretore di Milano ha nuovamente sollevato la medesima questione nel corso di un giudizio, il cui oggetto é pur sempre il riconoscimento ai ricorrenti dello stato giuridico di lavoratori subordinati di ruolo e del relativo trattamento economico. Senonché, dopo aver affermato testualmente, in apertura - e, quindi, ad impostazione - della sua ordinanza di rinvio di avere "già avuto occasione di aderire" a quell'indirizzo giurisprudenziale che "ha riscontrato nel rapporto di assuntoria, così come disciplinato dalla legge menzionata, tutti gli elementi caratteristici del rapporto di lavoro subordinato", esprime egualmente il dubbio che ai lavoratori previsti dalla legge impugnata sia precluso l'esercizio dei diritti di cui agli artt. 39 e 40 Cost. Altrettanto testualmente, nella parte finale della stessa ordinanza egli asserisce "la pregiudizialità assoluta" di questo nuovo profilo, senza offrirne alcuna dimostrazione, per cui risulta immotivata l'affermazione che il giudizio de quo non possa essere definito indipendentemente dalla soluzione della dedotta questione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della legge 3 febbraio 1965, n. 14, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione, dal pretore di Milano con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 gennaio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria l'11 febbraio 1982.