Sentenza n. 21 del 1982
 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 21

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 544, terzo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 23 settembre 1975 dal Tribunale di Firenze, nel procedimento penale a carico di Chimenti Ario, iscritta al n. 631 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51 del 25 febbraio 1976.

Visto l'atto di costituzione di Chimenti Ario, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 novembre 1981 il Giudice relatore Alberto Malagugini;

uditi l'avv. Paolo Luciani, per Chimenti Ario e l'avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di un procedimento penale celebrato innanzi al Tribunale di Firenze - giudice di rinvio designato dalla Corte di Cassazione a seguito dell'annullamento della precedente sentenza di appello - il difensore dell'imputato Chimenti Ario, avv. Paolo Luciani, eccepiva che nel giudizio di Cassazione si era omesso di dare ad esso difensore - la cui nomina risultava dagli atti - i prescritti avvisi per il deposito degli atti e per la partecipazione all'udienza di discussione, avvisi che erano stati invece inviati ad altro difensore non nominato.

Decidendo con ordinanza del 23 settembre 1975 sulla questione di nullità (assoluta) così proposta, il Tribunale rilevava che all'esame di essa si opponeva la preclusione contenuta nell'art. 544, terzo comma, c.p.p., a termini del quale "non possono proporsi nel giudizio di rinvio nullità che si affermano incorse nei precedenti giudizi o nell'istruzione".

Escluso, per il carattere netto e comprensivo della formula, che la preclusione in questione possa essere intesa in senso limitato (in modo cioè da non comprendervi le nullità assolute o quelle verificatesi nel giudizio di cassazione) il Tribunale riteneva peraltro tale preclusione "in insanabile contrasto" col diritto inviolabile di difesa garantito "in ogni stato e grado del procedimento" dall'art. 24, secondo comma della Costituzione. Non vi é infatti, secondo il giudice a quo, ragione alcuna per cui simili violazioni non possano essere rilevate nel giudizio di rinvio, "prima cioè che col giudicato la pronuncia diventi intangibile".

Dichiarata perciò non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 544, terzo comma, c.p.p., il Tribunale sospendeva il giudizio in corso, trasmettendo gli atti a questa Corte.

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, veniva pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 25 febbraio 1976.

Nel giudizio così instaurato interveniva l'imputato Chimenti Ario, che, aderendo alla tesi svolta nell'ordinanza, osservava che all'accoglimento di essa non ostava la precedente sentenza di questa Corte n. 136/1972, con la quale é stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24 Cost., la questione di costituzionalità dell'art. 552 c.p.p.

In tale occasione, infatti, la fattispecie era ben diversa, in quanto concerneva una nullità verificatasi nel giudizio di cassazione che era stata eccepita in sede di incidente di esecuzione, e quindi a giudizio ormai esaurito. Anzi, dalla stessa motivazione della sentenza si doveva - ad avviso dell'interveniente - dedurre che quando - come nel caso di specie - si é "ancora nell'arco complessivo in cui le varie fasi del processo penale si possono ancora svolgere" deve essere garantita la possibilità di eccepire e dichiarare le nullità che costituiscono violazione del diritto di difesa.

D'altra parte anche rispetto al disposto dell'art. 552 c.p.p. la Corte si era preoccupata di segnalare al legislatore l'esigenza di prevedere rimedi per ovviare alle conseguenze del possibile verificarsi di violazioni del diritto di difesa.

A tali argomentazioni l'Avvocatura dello Stato - intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri - opponeva che, avendo il giudizio di cassazione la funzione di estrema e definitiva garanzia dei diritti oggetto di contestazione, la relativa sentenza non può non essere assistita, anche in caso di annullamento con rinvio, dalla stessa efficacia preclusiva in ordine alle questioni da essa espressamente decise o comunque implicitamente assorbite nel suo giudicato, già affermata dalla Corte nella sentenza n. 136/1972.

Il giudizio di rinvio, infatti, "non costituisce un ulteriore mezzo di impugnazione, bensì soltanto prosecuzione, per il rescissorium e nei limiti del rescissum, dello stesso giudizio di cassazione. Ciò comporta che tutto il dedotto e il deducibile dinanzi alla Corte di cassazione, sia in quanto relativo agli errores in iudicando come in quanto dipendente dagli errores in procedendo anche nel giudizio di Cassazione, é coperto dal relativo giudicato e non può essere riproposto in una qualsiasi ed ulteriore fase del procedimento, necessariamente dipendente, sia come esecuzione della pronuncia di merito sia come giudizio di rinvio, da quel giudicato ormai irretrattabile".

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Tribunale di Firenze dubita della legittimità costituzionale dell'art. 544, comma terzo, del codice di procedura penale "rispetto all'art. 24, comma secondo Cost., nella parte in cui impedisce al giudice di rinvio la declaratoria di nullità assolute derivate da violazioni del diritto di difesa incorse nei precedenti giudizi".

Come risulta dalla premessa narrativa, la eccepita nullità, ex art. 185 n. 3 del codice di procedura penale, si sarebbe verificata nel giudizio di cassazione, per essere stati omessi gli avvisi, di cui agli artt. 533 e 534, ultimo comma, del medesimo codice, al difensore dell'imputato, la cui nomina risultava agli atti; avvisi inviati ad altro professionista non nominato.

2. - Questa Corte ha già avuto modo di osservare, in più occasioni, che l'art. 24, secondo comma, Cost., se garantisce, con la solenne proclamazione della sua inviolabilità, il diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento, non ne disciplina, però, i modi di esercizio, che, quindi, il legislatore ben può regolare variamente, purché in forme idonee e su un piano di uguaglianza, tenendo conto delle peculiarità strutturali e funzionari e dei diversi interessi in gioco nei vari stati e gradi dei procedimenti.

D'altra parte, é insito nella nozione stessa di procedimento che il complesso di operazioni in cui si articola sia preordinato al fine di conseguire un accertamento definitivo che costituisce lo scopo medesimo dell'attività giurisdizionale (sent. n. 50 del 1970).

In questo schema logico si colloca l'ordinario procedimento penale il cui momento terminale, ove siano esperiti i normali mezzi di impugnazione, é costituito dal giudizio e dalla pronunzia della Corte di Cassazione che, per il ruolo di supremo giudice di legittimità ad essa affidato dalla stessa Costituzione (art. 111, secondo comma), non può soffrire ulteriore sindacato ad opera di un giudice diverso.

Ora, il giudice a quo, nel momento in cui denunzia come lesiva del diritto di difesa la improponibilità, nel giudizio di rinvio, di nullità che assume incorse nel giudizio di cassazione, di questo appunto si duole: di non poter sindacare la decisione, di annullamento con rinvio, della cassazione, dichiarandone la nullità ex art. 185 n. 3 del codice di procedura penale.

La questione così posta, pur avendo indubbiamente una sua specificità, investe una tematica più generale e riguarda la proponibilità davanti a giudice diverso dalla Cassazione di nullità assolute che si affermano verificate nel giudizio appunto di cassazione, non assumendo valore decisivo il fatto che la pronuncia del supremo giudice di legittimità comporti il rinvio ad altro giudice oppure no. Una tale questione é già stata dichiarata non fondata da questa Corte (sent. n. 136 del 1972) con riferimento ad una situazione processuale nella quale pure veniva denunziata, dal giudice dell'esecuzione, la violazione del diritto di difesa verificatasi nel giudizio di cassazione, per l'omessa notifica, al difensore dell'imputato, dell'avviso di cui all'art. 534, ultimo comma, del codice di procedura penale.

La motivazione addotta in quella occasione va ulteriormente sviluppata, riconoscendo che la censura in esame riguarda in realtà le norme che attribuiscono effetto definitivo a tutte le decisioni della Cassazione e quindi anche alle decisioni di annullamento con rinvio. Invero, il principio generale, esplicitato nell'art. 552 del codice di procedura penale, per cui "tutti i provvedimenti della Corte di Cassazione in materia penale sono inoppugnabili" non soffre certo deroga per quanto attiene alle sentenze di annullamento con rinvio, come si evince dal combinato disposto degli artt. 544, 545 e 546 dello stesso codice.

In altre parole, la pronuncia della Cassazione di annullamento con rinvio, costituisce un "atto di valore definitivo" ed opera quindi sanatoria di tutte le nullità anche assolute verificatesi sino a quel momento. La improponibilità di siffatte nullità nel giudizio di rinvio é conseguenza necessaria e coerente con la delimitazione, operata dalla Cassazione stessa, dell'ambito entro il quale, soltanto, il giudizio deve proseguire.

La scelta legislativa di rendere improponibile in un determinato grado del procedimento eccezioni di nullità, che si assumono verificate in fasi precedenti ed esaurite, non può dirsi irrazionale, ma appare, al contrario, ispirata dall'intento di evitare la perpetuazione dei giudizi al fine di garantire la definizione del procedimento stesso, così realizzando un interesse fondamentale dell'ordinamento.

Né può ravvisarsi nella disposizione processuale denunziata violazione del diritto di difesa, consumata, in ipotesi - ma per inosservanza delle norme all'uopo predisposte - nei precedenti giudizi o nella istruzione, dal momento che nel giudizio di rinvio l'imputato può proporre ogni mezzo di difesa, anche nuovo, purché "entro i limiti fissati dalla Corte di Cassazione per il giudizio stesso" (art. 544, secondo comma, del codice di procedura penale).

Invero, se la difesa "deve necessariamente essere adeguata e contemperata con le legittime finalità di ciascuno stato e grado del procedimento" (sent. n. 51 del 1970), é agevole riconoscere che il mezzo di difesa del quale si lamenta l'improponibilità fuoriesce dai limiti del giudizio di rinvo, così che ne viene a mancare lo stesso presupposto. Di contro, in base al medesimo criterio, nel giudizio di rinvio si possono proporre quei mezzi di difesa che attengono allo ius superveniens o alla legittimità costituzionale delle norme che il giudice di rinvio é chiamato ad applicare e dalle quali la cassazione ha tratto il principio di diritto cui egli deve uniformarsi (sentenze n. 138 del 1977 e n. 11 del 1981).

La questione sollevata dal Tribunale di Firenze deve, quindi, dichiararsi non fondata. Episodi come quello che vi ha dato origine (al pari del precedente di cui alla già citata sentenza n. 136 del 1972) - di un giudizio, cioè, senza contraddittorio - sono di indubbia gravità, ma spetta soltanto al legislatore valutare se e con quali rimedi straordinari, rispettando la coerenza e la funzionalità del sistema processuale, sia possibile ovviare ad inconvenienti del genere, connaturali peraltro, per quanto auspicabilmente assai rari, a qualunque giudizio che si concluda con un provvedimento inoppugnabile.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 544, comma terzo, del codice di procedura penale, nella parte in cui impedisce al giudice di rinvio la declaratoria di nullità assolute derivate da violazioni del diritto di difesa incorse nei precedenti giudizi, sollevata, con riferimento all'art. 24, comma secondo, Cost. dal Tribunale di Firenze con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 gennaio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 4 febbraio 1982.