Sentenza n. 19 del 1982
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SENTENZA N. 19

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 13 agosto 1969, n. 592 (Perequazione del trattamento economico del personale dipendente da imprese appaltatrici di opere e di servizi ferroviari al trattamento del personale dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato) promosso con ordinanza emessa il 13 gennaio 1975 dal Pretore di Milano, nel procedimento civile vertene tra Pozzi Vittorio e l'Impresa Meschini Mario, iscritta al n. 360 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 268 dell'8 ottobre 1975.

Visti l'atto di costituzione dell'Impresa Meschini Mario e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 ottobre 1981 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;

uditi l'avv. Domenico Angelini, delegato dall'avvocato Salvatore Trifirò, per l'Impresa Meschini, e l'avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il Pretore di Milano - chiamato a decidere in un giudizio di lavoro promosso da Vittorio Pozzi nei confronti dell'impresa Meschini Mario, appaltatrice dell'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, per ottenere che l'assegno perequativo da lui percepito in applicazione della legge 13 agosto 1969, n. 592, fosse computato fra gli elementi della retribuzione utili ai fini dei vari istituti contrattuali - ha sollevato con ordinanza del 13 gennaio 1975 eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 2 di detta legge n. 592 del 1969, nella parte in cui dispone che l'assegno perequativo, per i dipendenti delle imprese appaltatrici di servizi ed opere per conto della Azienda delle ferrovie dello Stato, non é assoggettabile a gravami contributivi di qualsiasi natura e non é computabile come elemento della retribuzione ai fini dei vari istituti contrattuali.

Ritiene il giudice a quo che tale disposizione introduca una disparità di trattamento a danno dei dipendenti delle imprese appaltatrici rispetto ai lavoratori dipendenti dell'azienda statale, per i quali ogni elemento della retribuzione é assoggettabile ai gravami contributivi e computabile ai fini degli altri istituti contrattuali.

Il Pretore si richiama in particolare, per quanto riguarda il principio di uguaglianza, alla sentenza di questa Corte n. 63 del 16 marzo 1974, con la quale fu dichiarata l'illegittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 21 d.P.R. 21 aprile 1965 n. 373, nella parte in cui confermava per i dipendenti delle imprese appaltatrici l'esclusione dell' "assegno temporaneo" dalla determinazione dei vari istituti contrattuali, malgrado detto assegno, in forza dello stesso d.P.R. n. 373/1965, fosse stato conglobato nella retribuzione dei dipendenti delle Ferrovie statali.

2. - É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto del 18 ottobre 1975, assumendo l'infondatezza della questione sollevata, in quanto il precedente invocato dal giudice a quo (sentenza n. 63 del 1974) si riferiva all'assegno temporaneo, che é istituto assai diverso dall'assegno perequativo, oggetto del presente giudizio. Il primo assegno, infatti, con il d.P.R. n. 373 del 1965 é entrato a far parte integrante della retribuzione dei dipendenti pubblici, cosicché la sua esclusione dalla determinazione dei vari istituti contrattuali per i dipendenti delle imprese appaltatrici veniva effettivamente a ledere il principio della equiparazione, a parità di mansioni, del trattamento economico di questi ultimi a quello dei dipendenti dell'Azienda di Stato appaltante, affermato originariamente dal d.P.R. 22 novembre 1961, n. 1192 (art. 2, secondo comma). Diverso sarebbe il caso dell'assegno perequativo, che non ha comportato una variazione degli stipendi dei ferrovieri dello Stato rispetto alle paghe-base dei lavoratori privati. L'Avvocatura rileva, infine, come manchi di ogni motivazione il riferimento all'art. 36 Cost.

3. - Anche l'impresa Meschini, per la quale si era costituito in questa sede l'avv. Carlo Fornario, con atto depositato il 1 settembre 1975, ha adottato la medesima posizione processuale.

Assume in particolare la parte privata che la differenza tra l'assegno temporaneo, di cui alla sentenza di questa Corte n. 63 del 1974, e l'attuale assegno perequativo va ravvisata nel fatto che il primo corrispondeva ad un emolumento che era parte integrante della retribuzione dei dipendenti statali, mentre il secondo serve piuttosto a "bilanciare gli sfasamenti verificatisi nel trattamento retributivo in conseguenza degli aumenti apportati all'indennità integrativa speciale in favore del personale statale". É quindi giusto - secondo l'impresa - che essa abbia le stesse caratteristiche di questa indennità, la quale non é conglobabile con lo stipendio o salario agli effetti dei vari istituti contrattuali. Non si verificherebbe, pertanto, alcuna disparità di trattamento, con la conseguente infondatezza della questione sollevata.

 

Considerato in diritto

 

1. - Questa Corte é chiamata a decidere se l'art. 2 della legge 13 agosto 1969, n. 592 contrasti o meno con gli artt. 3 e 36 primo comma Cost., nella parte in cui dispone che l'assegno perequativo, per i dipendenti delle imprese appaltatrici di servizi ed opere per conto della Azienda delle Ferrovie dello Stato, non é assoggettabile a gravami contributivi di qualsiasi natura e non é computabile come elemento della retribuzione ai fini dei vari istituti contrattuali.

Il giudice a quo infatti, premesso che, in forza del secondo comma dell'art. 2 d.P.R. 22 novembre 1961, n. 1192, il trattamento economico del personale delle imprese appaltatrici non può essere comunque inferiore a quello spettante ai lavoratori dipendenti dalle aziende autonome statali - ove esista piena corrispondenza di mansioni - dubita che la norma impugnata determini un'ingiustificata disparità di trattamento, tra le due categorie di lavoratori, a sfavore del personale delle imprese appaltatrici nei cui confronti l'assegno perequativo corrisposto sarebbe sottratto - ingiustificatamente - ai gravami contributivi e non sarebbe computabile ai fini degli altri istituti contrattuali, mentre per il personale della azienda statale la retribuzione percepita non sarebbe sottoposta a tali esclusioni.

2. - L'art. 1 della stessa legge 13 agosto 1969, n. 592, introduttiva dello assegno perequativo, stabilisce che ai fini della equiparazione del trattamento economico delle due categorie di lavoratori (dipendenti dalle aziende autonome statali e dalle imprese appaltatrici) il raffronto deve essere fatto tra i seguenti termini di comparazione: da un lato (dipendenti pubblici) lo stipendio tabellare aumentato della indennità integrativa speciale; dall'altro (dipendenti dalle imprese private) la paga base integrata dalla indennità di contingenza.

L'assegno perequativo, previsto dalla norma impugnata, é destinato a colmare l'eventuale differenza che da tale raffronto risultasse in danno dei lavoratori delle imprese appaltatrici.

Dalla lettura della ordinanza di rimessione non emergono, tuttavia, sufficienti elementi per consentire alla Corte l'esame della censura di incostituzionalità che viene mossa alla norma impugnata né viene chiarito rispetto a quali dei suddetti elementi é stata effettuata la comparazione ai fini della corresponsione dello assegno perequativo. Tale indagine é invece rilevante affinché la Corte possa decidere in merito alla questione sollevata, tenuto conto che non tutti gli elementi della retribuzione, che il citato art. 1 della legge 592 del 1969 pone a base del raffronto, sono assoggettabili ai gravami contributivi e computabili ai fini dei vari istituti contrattuali.

L'ordinanza di rimessione infatti muove dall'erroneo presupposto che la retribuzione complessiva tanto del personale dipendente dalla azienda autonoma delle ferrovie dello Stato quanto di quello dipendente dalle imprese appaltatrici private sia sottoposta nel suo intero ammontare ai gravami contributivi e sia tutta computabile ai fini dei vari istituti contrattuali.

Viceversa, secondo l'ordinamento vigente non ogni elemento della retribuzione viene preso in considerazione ai fini suddetti.

La mancata indicazione da parte del giudice a quo dei precisi elementi di fatto che hanno determinato la corresponsione e l'ammontare dell'assegno perequativo impedisce pertanto alla Corte di pronunciarsi sul merito della questione sollevata, essendo necessario ai fini della valutazione della rilevanza conoscere i concreti termini di comparazione ricorrenti nel caso di specie.

Anche a tacere del fatto che non ha forza di legge il d.P.R. n. 1192 del 1961, utilizzato dal giudice a quo come termine di comparazione (sent. Cost. 205/1981

), deve pertanto dichiararsi la inammissibilità della questione prospettata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 13 agosto 1969, n. 592, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 36, primo comma, della Costituzione con l'ordinanza del Pretore di Milano del 13 gennaio 1975.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 gennaio 1982.

Leopoldo ELIA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA.

Giovanni VITALE - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 4 febbraio 1982.