Sentenza n.190 del 1981
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SENTENZA N. 190

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 651, commi secondo e terzo cod. proc. pen. (provvedimenti in caso d'irreperibilità del vigilato) promosso con ordinanza emessa il 27 novembre 1978 dal Magistrato di sorveglianza del Tribunale di Padova, nel procedimento di misura di sicurezza a carico di Romanin Gianni, iscritta al n. 28 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 80 del 1979.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 ottobre 1981 il Giudice relatore Arnaldo Maccarone;

Udito l'avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel corso dell'esecuzione della misura di sicurezza della libertà vigilata a carico di Romanin Gianni, questi venne dichiarato irreperibile con provvedimento del Giudice di sorveglianza di Padova in data 28 luglio 1978, a norma dell'art. 645 cod. proc. pen., essendo rimaste infruttuose le richieste espletate dall'autorità di P.S. ai fini di procedere alla consegna della carta precettiva contenente le prescrizioni dettate dal Giudice ai fini dell'esecuzione della detta misura.

Successivamente, il 14 novembre 1978, la P.S. procedeva all'arresto del Romanin a norma dell'art. 651 cod. proc. pen., che consente, appunto, all'autorità di P.S. di procedere, in ogni tempo, all'arresto della persona sottoposta a libertà vigilata e dichiarata irreperibile, mettendola a disposizione del Giudice di sorveglianza entro quarantotto ore dall'arresto. Arresto che, secondo l'ultimo comma del citato art. 651 "è mantenuto fino al provvedimento del Giudice di sorveglianza, ma non altre trenta giorni".

Il Giudice di sorveglianza, nel procedimento istituito a seguito di quanto sopra a carico del Romanin per la conversione della libertà vigilata in altra detentiva, ai sensi degli artt. 231 cod. pen. e 636 segg. cod. proc. pen., con ordinanza emessa il 27 novembre 1978 ha ritenuto che la previsione dell'arresto nei termini ed alle condizioni di cui all'art. 651 cod. proc. pen. sia in contrasto con l'art. 13, terzo comma, della Costituzione, in quanto non richiederebbe la convalida dell'arresto stesso da parte dell'autorità giudiziaria entro il termine di quarantotto ore espressamente indicato dalla norma costituzionale per qualsiasi provvedimento restrittivo della libertà personale adottato dalla autorità di P.S.

Quanto alla rilevanza della questione, il Giudice a quo ha espressamente motivato affermando che, qualora la censura fosse ritenuta fondata, "dovrebbe accogliersi l'istanza defensionale di scarcerazione e ordinare l'immediata liberazione dell'arrestato, stante la mancata convalida dell'arresto (non prevista dalla legge)" laddove, fosse ritenuta infondata, il Romanin "potrebbe essere trattenuto in arresto per 30 giorni".

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata è stata pubblicata sulla Gazzetta Uffciale del 21 marzo 1979, n. 80. In questa sede si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha tempestivamente depositato le proprie deduzioni.

L'Avvocatura ha sostenuto l'infondatezza della questione affermando, anzitutto, che l'arresto operato a norma dell'art. 651 cod. proc. pen. sarebbe da riferire direttamente al provvedimento dichiarativo dell'irreperibilità pronunziata dal Giudice di sorveglianza, onde a questo risalirebbe la limitazione della libertà personale del Romanin. Si sarebbe così fuori del campo di applicazione dell'art. 13, terzo comma, Cost., dovendosi l'arresto considerare "mera esecuzione" del provvedimento del giudice da parte dell'autorità di P.S.

Comunque, ove non volesse accedersi a tale interpretazione, dovrebbe pur sempre concludersi per l'infondatezza della questione, perchè l'art. 651 cod. proc. pen. dovrebbe, in ogni caso, essere correttamente interpretato con l'integrazione del precetto direttamente deducibile dall'art. 13, terzo comma, Cost., e risulterebbe così conforme ai principi ivi fissati.

Considerato in diritto

1. - La Corte è chiamata a stabilire se l'art. 651 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che l'arresto della persona sottoposta a libertà vigilata e dichiarata irreperibile venga convalidata dai magistrato di sorveglianza nelle quarantotto ore successive, contrasti con l'art. 13, terzo comma, della Costituzione.

L'ordinanza di rimessione, dopo aver affermato la rilevanza della questione - osservando che "qualora l'art. 651 c.p.p. venisse ricondotto nell'alveo della previsione dell'art. 13 Cost., dovrebbe accogliersi l'istanza di scarcerazione e ordinare l'immediata liberazione dell'arrestato stante la mancata convalida dell'arresto (non prevista dalla legge) nel termine costituzionale, laddove se la norma è legittima l'arrestato può essere trattenuto per trenta giorni (art. 651 u.p. c.p.p.)" - ha anche ritenuto la non manifesta infondatezza della questione stessa in quanto, pur se si ritiene la facoltà di arresto stabilita dall'art. 651 cod. proc. pen. inquadrabile nella previsione del terzo comma dell'art. 13 Cost., la norma costituzionale sarebbe violata, non essendo prescritta la convalida dell'arresto da parte del magistrato di sorveglianza né fissato per provvedervi un termine coincidente con quello indicato dal precetto costituzionale.

2. - La questione è fondata. L'art. 13 Cost. dispone, a tutela della inviolabilità della libertà personale, che questa può essere limitata, nelle ipotesi previste dalla legge, soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria. Tuttavia, in casi di particolari necessità ed urgenza indicati dalla legge tassativamente, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare in via provvisoria provvedimenti restrittivi, i quali debbono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria, che deve convalidarli nelle quarantotto ore successive; in difetto ne cessa l'efficacia.

Con tali disposizioni il legislatore costituente ha dettato norme specifiche di garanzia, stabilendo le condizioni e le modalità che possono legittimare la limitazione di quel fondamentale diritto dei cittadino e conferendo quindi alla libertà personale una propria e particolare rilevanza costituzionale.

3. - Esaminando alla luce di tali criteri le disposizioni contenute nell'art. 651, commi secondo e terzo, cod. proc. pen., deve riconoscersi che esse non rispondono a quelle esigenze di garanzia e di tutela previste dai precetti costituzionali.

Le anzidette disposizioni, consentendo all'autorità di pubblica sicurezza di procedere in ogni tempo all'arresto della persona in stato di libertà vigilata alla quale non sia stata possibile consegnare la carta precettiva per irreperibilità dichiarata nei modi di legge, stabiliscono che l'arrestato deve essere messo a disposizione del magistrato di sorveglianza entro quarantotto ore e che la restrizione della libertà personale non può durare oltre i trenta giorni; e quindi non solo non prevedono la convalida dell'arresto, imposta dalla norma costituzionale al fine di verificare, entro breve termine, la ricorrenza delle condizioni necessarie a legittimare, in via del tutto eccezionale, la limitazione della libertà personale, ma ne autorizzano la protrazione per il prefissato periodo di trenta giorni senza che essa sia legittimata da un provvedimento del giudice.

4. - Né sembra dubbia l'applicabilità alla fattispecie dell'art. 13, comma terzo, della Costituzione.

La difesa del Presidente del Consiglio dei ministri collega la legittimità dell'arresto previsto dall'art. 651 cod. proc. pen. al provvedimento di irreperibilità emesso nei confronti del libero vigilato dal magistrato di sorveglianza (art. 645 c.p.p.), osservando che la norma costituzionale richiamata disciplina gli interventi autonomi dell'autorità di pubblica sicurezza e non quelli suffragati da precedenti provvedimenti dell'autorità giudiziaria.

L'assunto va disatteso in quanto la restrizione della libertà personale può trovare la fonte della sua legittimazione soltanto in un provvedimento dell'autorità giudiziaria che espressamente la disponga mentre la dichiarazione di irreperibilità costituisce unicamente il presupposto che consente all'autorità di pubblica sicurezza di procedere all'arresto, ai fini dell'adozione di più severe misure a termini dell'art. 231 codice penale.

La irreperibilità dichiarata costituisce uno dei casi eccezionali che, in base al comma terzo dell'art. 13 Cost., consentono all'autorità di pubblica sicurezza di procedere all'arresto in via provvisoria; ma la limitazione della libertà personale può essere protratta solo dal successivo provvedimento di convalida, volto a verificare la sussistenza delle condizioni necessarie in base alla legge.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 651 cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede che l'arresto del libero vigilato debba essere convalidato dal Magistrato di sorveglianza entro le quarantotto ore successive al momento in cui l'arrestato è stato messo a disposizione dello stesso magistrato.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 novembre 1981.

Leopoldo ELIA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 17 dicembre 1981.