Sentenza n.181 del 1981
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 181

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Edoardo VOLTERRA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 19 della legge 11 febbraio 1971, n. 11 (Nuova disciplina dell'affitto di fondi rustici) promossi con ordinanze emesse il 18 ottobre 1975 e l'11 febbraio 1978 dal Pretore di Ispica e dal Tribunale di Sassari, nei procedimenti civili vertenti tra Padova Giovanni e Fiore Raffaele e tra Pes Giovanni Elia ed altri e Meloni Paolo, rispettivamente iscritte al n. 127 del registro ordinanze 1976 e al n. 103 del registro ordinanze 1979 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 78 dei 1976 e n. 95 del 1979.

Visti l'atto di costituzione di Meloni Paolo e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 settembre 1981 il Giudice relatore Edoardo Volterra;

uditi l'avv. Guido Cervati, per Meloni Paolo e l'avvocato dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso del procedimento possessorio iniziato da Padova Giovanni nei confronti di Fiore Raffaele, il Pretore di Ispica, con ordinanza emessa il 25 novembre 1971, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 della legge 11 febbraio 1971, n. 11, il quale, dopo avere, al primo comma, statuito che le clausole contrattuali concernenti la concessione separata delle colture del suolo da quelle del soprassuolo sono nulle di pieno diritto, prevede, al comma successivo, l'estensione dell'affitto a tutte le colture del fondo per i contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge e per quelli prorogati.

Sostiene il Pretore di Ispica che siffatta estensione sembrerebbe difforme dal precetto costituzionale per cui ogni cittadino, e nella specie il concedente, ha pari dignità e diritto al lavoro e quindi ogni iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno a tale dignità.

Inoltre la proprietà privata, riconosciuta dalla Costituzione, verrebbe ad essere sostanzialmente espropriata in assenza di motivi di interesse generale e senza indennizzo, con la conseguente mortificazione del risparmio rivolto dal concedente all'investimento in fondi rustici come beni di produzione.

Da ciò il contrasto della disposizione impugnata con i principi sanciti dagli artt. 3, 4, 41, 42 e 47 della Costituzione.

2. - L'ordinanza è stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato per chiedere che la questione venga dichiarata non fondata sotto tutti i profili prospettati.

Secondo l'Avvocatura la norma impugnata, che vieta la concessione separata delle colture del suolo da quelle del soprassuolo, ha la finalità di assicurare, mediante l'unificazione dell'azienda sotto lo stesso conduttore, una migliore organizzazione dell'impresa agricola. Detta esigenza è stata più volte avvertita dal legislatore ed ha formato oggetto di recenti provvedimenti in materia di riforma della disciplina dei contratti agrari.

Infatti, fin dalla emanazione della legge n. 567 del 1962, all'art. 14, venne stabilito il principio che l'affitto si estende a tutte le coltivazioni del fondo, salvo eccezioni per casi particolari. Successivamente con la legge n. 756, del 15 settembre 1964, recante norme per i rapporti di mezzadria e colonia parziaria, fu vietata, all'art. 11, la concessione separata del suolo e del soprassuolo e comunque delle colture del fondo. Si sancì, quindi, la nullità dei contratti stipulati in violazione di detto divieto, escludendo tuttavia dal precetto i rapporti in corso al momento dell'entrata in vigore della legge.

Con la norma impugnata si estende, ora, il principio in parola ai rapporti contrattuali in corso, e ciò allo scopo di accelerare e rendere più immediato il superamento di situazioni che sono ritenute non più rispondenti alle esigenze economico-sociali della produzione agricola.

Rileva ancora la difesa dello Stato che, secondo i più recenti orientamenti in materia di economia agraria, la realizzazione di più elevati redditi e il più razionale sfruttamento del suolo possono ottenersi solo mediante il raggiungimento di dimensioni ottimali dell'impresa: la norma in esame come del resto tutta la regolamentazione del rapporto di affitto prevista dalla legge n. 11 del 1971 - sarebbe aderente a detto principio e, pertanto, la limitazione della sfera giuridica del concedente, con il conseguente ampliamento delle facoltà dell'affittuario, apparirebbe giustificata da motivi di pubblico interesse, con pieno rispetto sia del principio dell'art. 41 della Costituzione, che prescrive che l'iniziativa economica non puo svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, sia del principio del successivo art. 42 il quale sottolinea la funzione sociale della proprietà, con la conseguente possibilità di porre limiti alla stessa.

Ritenuta la legittimità del potere del legislatore di porre limiti all'esercizio dell'attività economica dei privati e di modificare, all'uopo, anche le disposizioni inerenti all'attività giuridica negoziale, resterebbero superati anche i rilievi in ordine alla pretesa incostituzionalità della norma oggetto di censura con riferimento agli artt. 3 e 4 della Costituzione.

Né si potrebbe condividere l'affermazione del Pretore di Ispica concernente il carattere espropriativo - senza previsione di adeguato indennizzo - della norma di cui al citato art. 19, in quanto detta norma sarebbe inserita nel contesto di una disciplina che non esclude il diritto del concedente di rientrare nella piena disponibilità del fondo in caso di scioglimento del contratto di affitto.

Infine, non potrebbe ipotizzarsi neanche la violazione dell'art. 47 della Costituzione, relativo alla tutela del risparmio, in quanto lo stesso non verrebbe in causa. Infatti, il detentore di capitali ha piena libertà di investirli in beni che ritiene i più redditizi in settori diversi da quelli regolamentati da norme che, per determinati beni ed attività, dettino disposizioni limitative della sfera contrattuale del cittadino.

3. - Con ordinanza n. 135/1974 la Corte costituzionale restituiva gli atti al giudice a quo perchè motivasse in ordine alla rilevanza della questione. Questi (ord. 18 ottobre 1975) ricordava la natura possessoria del procedimento e basava la rilevanza dell'eccezione proposta sull'applicabilità dell'art. 19 legge n. 11 del 1971 nella valutazione della linea defensionale feci sed jure feci. L'Avvocatura interveniva nel giudizio richiamando le argomentazioni già svolte.

4. - Analoga questione di legittimità costituzione dell'art. 19 legge n. 11 del 1971, nella parte in cui si riferisce ai contratti "in corso" all'entrata in vigore della legge, veniva sollevata dal Tribunale di Sassari nel corso del procedimento vertente tra Pes Giovanni Elia e Meloni Paolo in riferimento agli artt. 41 e 42 Cost., con ordinanza emessa l'11 febbraio 1978.

5. - L'ordinanza è stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

Dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato. Si è costituito Paolo Meloni rappresentato e difeso dagli avvocati Gino Ajello e Guido Cervati.

6. - L'Avvocatura dello Stato si richiama agli argomenti già svolti in relazione all'ordinanza emessa dal Pretore di Ispica.

La difesa del Meloni conclude per l'infondatezza della questione osservando che la norma impugnata attribuisce tipicità al contratto d'affitto nel senso di vietare figure miste o riserve, al fine di realizzare le finalità previste dall'art. 44 della Costituzione onde pervenire al razionale sfruttamento del suolo. A compenso dei divieti introdotti vi sarebbe la determinazione del corrispettivo su tutti i redditi, che permette all'innovazione di non produrre lesioni o perdite di diritti, e consente in conseguenza anche l'applicazione ai rapporti in corso.

7. - La difesa del Meloni ha presentato memoria, in cui ribadisce con ampie argomentazioni le conclusioni già rassegnate.

Considerato in diritto

1. - I due giudizi di cui alle ordinanze in epigrafe vanno riuniti e decisi con un'unica sentenza stante che sollevano analoghe questioni di legittimità costituzionale in ordine alla medesima norma di legge.

2. - Il Pretore di Ispica in riferimento agli artt. 3, 4, 41, 42 e 47 della Costituzione ed il Tribunale di Sassari in riferimento agli artt. 41, primo comma, 42 cpv. e 3, primo comma della Costituzione, dubitano della legittimità dell'art. 19 della legge 11 febbraio 1971, n. 11 (Nuova disciplina dell'affitto di fondi rustici), nella parte in cui estende l'affitto a tutte le colture del fondo per i contratti in corso al momento della sua entrata in vigore.

3. - La questione è fondata con riferimento al principio d'eguaglianza, in quanto la disciplina denunziata equipara situazioni eterogenee.

É da premettere che già con l'art. 14 della legge 12 giugno 1962, n. 567, era emersa l'esigenza di impedire la concessione separata delle colture del suolo o del soprassuolo, ma che in tale legge, proprio ad evitare sperequazioni, era previsto che la disciplina non si estendesse ai contratti in corso, che l'esclusione di talune colture fosse ammissibile, quando rispondeva ad accertate necessità economiche e che comunque l'estensione dell'affitto a tutte le coltivazioni del fondo non avesse luogo, quando il contratto era di affitto per pascolo di terreni alberati e di boschi.

La successiva legge 15 settembre 1964, n. 756 (Norme in materia di contratti agrari) all'art. 11 vieta la concessione separata del suolo e del soprassuolo e comunque delle colture del fondo, dichiarando nulli di pieno diritto i contratti stipulati in violazione di tale divieto, ma nel contempo dispone che tale nullità non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione e aggiunge che la disciplina non si applica ai contratti in corso.

La norma denunziata della legge del 1971, al contrario, unificando le diverse situazioni con efficacia retroattiva, non contempera in alcun modo le varie posizioni dei soggetti e contrasta col fine di stabilire equi rapporti sociali che l'art. 44 Cost. impone primariamente in materia di proprietà terriera privata.

Sintomo ulteriore dell'irragionevolezza di tale disciplina, sempre nella parte in cui riguarda i contratti in corso, si rinviene nella circostanza che la legge non si cura affatto di disciplinare il possibile concorso di affittuari diversi, senza tener adeguato conto degli interessi coinvolti.

4. - L'accertato contrasto dell'art. 19, secondo comma, della legge n. 11 del 1971 col principio d'eguaglianza esime la Corte dall'esame della compatibilità della norma con gli altri principi invocati.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 19, secondo comma, della legge 11 febbraio 1971, n. 11.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 novembre 1981.

Edoardo VOLTERRA - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE – Cancelliere

 

Deposito in cancelleria: 16 novembre 1981.