Sentenza n.127 del 1981
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SENTENZA N. 127

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI, Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale del d.P.R. 9 giugno 1975, n. 482 (Modifiche ed integrazioni alle tabelle delle malattie professionali nell'industria e nell'agricoltura), e dell'art. 3 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 5 aprile 1977 dal Pretore di Vigevano nel procedimento civile vertente tra Romanini Oreste e l'INAIL, iscritta al n. 236 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 169 del 22 giugno 1977;

2) ordinanza emessa il 18 febbraio 1977 dal Tribunale di Bolzano nel procedimento civile vertente tra Zamboni Vincenzo e l'INAIL, iscritta al n. 238 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 176 del 29 giugno 1977.

Visti gli atti di costituzione di Romanini Oreste e dell'INAIL;

udito nell'udienza pubblica del 4 marzo 1981 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari;

uditi gli avvocati Franco Agostini per Romanini Oreste e Vincenzo Cataldi per l'INAIL.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso notificato il 21 settembre 1976, Romanini Oreste, operaio in un'industria chimica, conveniva l'INAIL dinanzi al Pretore di Vigevano, lamentando di avere contratto, nel suo lavoro di filtrazione ed essiccazione di pula di riso, una dermatite localizzata alle mani ed una broncopneumopatia, e chiedendo pertanto il riconoscimento, negatogli dall'istituto in sede amministrativa, del diritto alla rendita prevista dal d.P.R. n. 1124 del 1965. In via subordinata, denunziava la illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione, del n. 49 della tabella allegato 4 al d.P.R. n. 1124 del 1965 con l'integrazione di cui al d.P.R. n. 482 del 1975, in relazione all'art. 74 stesso decreto n. 1124 del 1965, il quale ultimo peraltro risulta indicato solo per l'asserita inabilità permanente.

L'ente assicurativo convenuto, pur ammettendo la riconducibilità della broncopneumopatia al lavoro espletato dall'operaio, concludeva tuttavia per il rigetto della domanda attrice, in quanto l'esposizione alla pula di riso non è prevista nella voce n. 49 del d.P.R. n. 482 del 1975.

Il Pretore di Vigevano, premesso che la Clinica del lavoro di Pavia aveva accertato, non solo l'esistenza della malattia denunziata, ma anche la sua dipendenza da "sensibilizzazione ad agenti chimici, polveri vegetali e miceti", e che il consulente tecnico d'ufficio aveva a sua volta riconosciuto al Romanini" una permanente riduzione dell'attitudine lavorativa nella misura del 25% della totale", rileva che, poiché le broncopneumopatie causate da agenti e sostanze, tra cui polveri di cereali e miceti, sono riconosciute come malattie professionali solo nell'agricoltura, ma non anche nell'industria, nonostante la sostanziale analogia biochimica tra i cereali, conseguentemente situazioni identiche vengono disciplinate in modo diverso secondo che si tratti di lavoro agricolo o industriale. Affermando altresì che la tassatività delle tabelle preclude al giudice la possibilità di accogliere la domanda attrice mediante ricorso all'interpretazione estensiva, dichiarava rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale del d.P.R. 9 giugno 1975, n. 482, nella parte in cui le relative tabelle riconoscono quali malattie professionali le broncopneumopatie, causate da polveri di cereali, solo nell'agricoltura (allegato 5, voce n. 21), e non anche nell'industria (allegato 4, voce n. 49).

2. - Con impugnativa al Tribunale di Bolzano in data 21 febbraio 1975 avverso la sentenza di primo grado, Zamboni Vincenzo, operaio presso lo stabilimento "Lancia", chiedeva che, accertata quale morbigena, sulla base della nuova tabella approvata col d.P.R. n. 482 del 1975, la lavorazione da lui svolta per anni in reparti particolarmente rumorosi, gli venisse riconosciuta, nei confronti dell'INAIL, la rendita per malattia professionale contratta (sordità da rumore), a decorrere dalla prima domanda amministrativa (23 aprile 1971), e perciò da data anteriore all'entrata in vigore del d.P.R. n. 482 del 1975 e dell'annessa nuova tabella, o, in subordine, almeno dall'entrata in vigore del suddetto decreto.

L'istituto appellato, pur riconoscendo che l'appellante è affetto da sordità bilaterale con riduzione permanente dell'attitudine al lavoro nella misura del 60%, si opponeva all'accoglimento della domanda con la motivazione che la rendita può essere riconosciuta, come in effetti è stata riconosciuta all'appellante, solo a partire dal giorno della presentazione della seconda istanza in via amministrativa (17 marzo 1976).

Il Tribunale di Bolzano, ritenendo che il d.P.R. n. 482 del 1975 ha natura di atto amministrativo e che, pertanto, non può modificare un atto avente valore legislativo, qual è appunto il d.P.R. n. 1124 del 1965, emanato in attuazione della legge di delegazione 19 gennaio 1963, n. 15 (i cui termini furono poi prorogati con la legge 11 marzo 1965, n. 158), sollevava d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del citato d.P.R. n. 1124 del 1965, nella parte in cui autorizza a modificare o integrare con decreto presidenziale, su proposta del ministro per il lavoro, di concerto con quello della sanità, e sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, le tabelle, anteriormente approvate con norma primaria, delle malattie professionali e delle relative lavorazioni patogene. In particolare rilevava che l'art. 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965, in quanto autorizza le modifiche tabellari senza prefissare né limiti di tempo, né principi o criteri direttivi, viola gli artt. 76 e 77 della Costituzione, e che le modifiche apportate con atto amministrativo, in quanto comportano, per un verso l'imposizione di nuove o diverse prestazioni patrimoniali a carico dei datori di lavoro sotto forma di premi assicurativi, e per altro verso l'ampliamento o, in ipotesi, anche la diminuzione del numero delle malattie professionali e delle lavorazioni morbigene, incidono in materie che l'art. 23 della Costituzione riserva espressamente alla legge. Richiamava altresì, ma senza il sostegno di una motivazione, l'art. 38 della Costituzione.

Considerato in diritto

1. - I giudizi relativi alle due ordinanze in epigrafe vanno riuniti e definiti con unica pronuncia. Nonostante la varietà delle loro prospettazioni, infatti, e delle norme costituzionali invocate, le due ordinanze si accomunano per la sostanziale affinità della questione di fondo, che entrambi i dispositivi - l'uno esplicitamente e sotto il profilo sostantivo, l'altro implicitamente e sotto il profilo formale - sottopongono al giudizio di questa Corte.

2. - La materia delle malattie professionali è fondamentalmente disciplinata dal d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, che ha approvato il testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Con tale normativa risulta adottato nel nostro ordinamento il sistema tabellare rigido, o tassativo, così denominato, perchè garantisce il riconoscimento automatico del diritto alla rendita solo nel caso in cui la malattia contratta e la lavorazione svolta risultino comprese nelle apposite tabelle che sono annesse al predetto testo unico, mentre nei casi di malattie o lavorazioni non tabellate, ancorché sostanzialmente affini a queste, i lavoratori non sono ammessi a provarne la natura o di origine professionale. Furono queste considerazioni ad indurre taluni giudici a dubitare, in rapporto agli artt. 3 e 38 della Costituzione, della legittimità costituzionale del sistema tabellare e, quindi, a sottoporre la relativa questione al giudizio di questa Corte, chiamata peraltro a giudicare il d.P.R. n. 1124 del 1965, cioè la legge delegata, che appunto esprime e disciplina quel sistema (sentenza di questa Corte n. 206 del 1974).

Il Pretore di Vigevano, viceversa, pur muovendo dalle stesse considerazioni che provocarono la su menzionata sentenza, con la quale questa Corte dichiarò infondata la questione di legittimità costituzionale del sistema tabellare, e pur invocando gli stessi artt. 3 e 38 della Costituzione, ha denunziato direttamente l'illegittimità costituzionale del d.P.R. n. 482 del 1975, e precisamente le modifiche ed integrazioni da questo apportate alle tabelle (allegati 4 e 5) annesse al d.P.R. n. 1124 del 1965.

La questione, così come proposta, è inammissibile.

Il d.P.R. n. 482 del 1975, trovando la sua fonte, non già in una legge di delegazione, ma in una legge delegata, ed essendo adottato, non già dal governo, ma dal ministro della sanità, di concerto con quello del lavoro, palesemente non rientra, sia sotto il profilo soggettivo, sia sotto il profilo formale, tra gli atti di normazione primaria, sui quali soltanto questa Corte può esercitare il suo sindacato a norma dell'art. 134 della Costituzione. E non può non convenirsi esaminando l'atto anche sotto il profilo contenutistico, che il sistema tabellare, di cui appunto si denunzia l'incostituzionalità, è posto dal d.P.R. n. 1124 del 1965, al quale qui nessuna censura viene rivolta, non già dal d.P.R. n. 482 del 1975. Questo si limita a modificare ed integrare le tabelle annesse alla legge delegata, non solo mediante l'inserimento di nuove voci, ma anche mediante formulazioni più elastiche di pressoché tutte le voci, le quali pertanto assumono, per la loro genericità e comprensività, una notevole capacità di espansione.

3. - É viceversa infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Bolzano, secondo il quale le tabelle delle malattie professionali e delle relative lavorazioni morbigene annesse al testo unico n. 1124 del 1965, essendo adottate con atto avente forza di legge, non possono essere modificate od integrate, se non con un atto di eguale valore normativo. Dovrebbe pertanto, secondo il giudice a quo, essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 23, 76, 77 e 38 della Costituzione, l'art. 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965, il quale facoltizza, invece, modifiche ed integrazioni alle proprie tabelle mediante un atto di natura amministrativa, quale appunto il d.P.R. n. 482 del 1975.

Non può non osservarsi in contrario che nel nostro ordinamento è riscontrabile una certa proclività del legislatore a collocare in un testo legislativo, per lo più come allegati, e perciò in aggiunta alla parte squisitamente normativa, anche dati della realtà, individuati in base a criteri tecnici. Accade sovente, in tali casi, che il legislatore, anche quello delegato, demandi poi all'esecutivo, o all'organo dell'esecutivo competente per materia, di apportare a quei dati gli aggiustamenti che l'esperienza, una più matura riflessione, il progresso tecnico, rendano consigliabili. Meglio che un metodo, è un espediente, questo, tutt'altro che inconsueto, anche se non certo irreprensibile sotto il profilo concettuale, che non può tuttavia essere dichiarato di per sé illegittimo e che, quindi, non rende a sua volta illegittimo l'atto con cui l'esecutivo modifica o integra quei dati. La contestualità di tabelle, liste, elenchi e dell'autorizzazione alla loro modifica od integrazione mediante un atto di normazione secondaria è la prova che l'inserzione, in una legge o atto equiparato, specie se promosso dalla necessità ed urgenza, di quelle tabelle, liste, elenchi è meramente occasionale e che, pertanto, non può ravvisarsi in tale metodo l'intenzione di riservare al legislatore materie che postulano valutazioni di carattere tecnico, e perciò logicamente, oltre che tradizionalmente, di pertinenza dell'esecutivo.

La Corte ha avuto più volte occasione di pronunciarsi sul punto (sentenze n. 43 del 1959, n. 61 del 1963, n. 40 del 1970, n. 139 del 1976, n. 142 del 1979). In particolare, ha escluso (sentenza n. 32 del 1966) l'illegittimità costituzionale di una norma - l'art. 17 del r.d.l. 8 settembre 1932, n. 1390 - che rimetteva al potere esecutivo l'approvazione delle modificazioni del piano regolatore di massima contestualmente approvato con lo stesso atto legislativo, implicitamente ritenendo compatibile col sistema - in quanto non sintomatico né di un trasferimento di competenza dagli organi del potere legislativo a quelli del potere amministrativo, né di un'attribuzione a questi ultimi del temporaneo esercizio del potere legislativo - la circostanza che, per particolari ragioni, si fosse fatto ricorso all'atto legislativo in materia istituzionalmente affidata alla cura di organi amministrativi, dei quali si confermava la potestà, prevedendone l'esercizio "come mezzo (e come mezzo più adatto) per adeguare il piano di massima alle esigenze pratiche della sua esecuzione e del suo sviluppo".

Contrariamente perciò a quanto ritiene il Tribunale di Bolzano, l'art. 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965 sfugge alla denunziata censura di illegittimità costituzionale e conseguentemente la relativa questione risulta non fondata. Appare, invece, improprio ed alquanto contraddittorio il richiamo agli artt. 76 e 77 della Costituzione nello stesso momento in cui si afferma che il d.P.R. n. 482 del 1975 è atto amministrativo, cui pertanto non si addice il richiamo ai menzionati articoli. Il vero è che nell'art. 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965 non si configura alcuna subdelega da parte del legislatore delegato, come non si configura neppure nell'art. 140 - che, in termini identici a quelli della norma impugnata, prevede la possibilità di modifiche ed integrazioni della tabella allegato n. 8 -, nell'art. 139 - che prescrive l'approvazione con decreto del ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con quello della sanità, sentito il Consiglio Superiore di sanità, dell'elenco indicante le malattie professionali la cui esistenza va denunciata dai medici -, nell'art. 171 - che contempla la facoltà, dello stesso ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentito l'Ispettorato medico provinciale, di emanare norme di carattere tecnico per l'esecuzione delle visite mediche di cui al capo VIII -, nell'art. 173 - il quale stabilisce che "le disposizioni particolari, concernenti le misure di prevenzione e di sicurezza tecniche e profilattiche individuali e collettive e i termini della loro attuazione a seconda della natura e delle modalità delle lavorazioni, sono prescritte da regolamenti speciali, da emanarsi con decreto dei Presidente della Repubblica, su proposta del ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con il ministro per la sanità".

Quanto poi alle restanti censure, omettendo ogni considerazione sull'immotivata invocazione dell'art. 38 della Costituzione, sembra sufficiente rilevare che l'art. 23 della Costituzione contiene, sì, una riserva di legge, ma relativa, e che perciò non può considerarsi illegittima l'eventuale imposizione, a carico dei datori di lavoro, di nuove o diverse prestazioni patrimoniali, che derivasse da un atto non legislativo, quando questo tragga legittimazione da una legge, ancorché delegata, come appunto nella specie.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del d.P.R. 9 giugno 1975, n. 482, recante modificazioni ed integrazioni alle tabelle delle malattie professionali nell'industria e nell'agricoltura (allegati nn. 4 e 5 al testo unico 30 giugno 1965, n. 1124), sollevata in relazione all'art. 3 della Costituzione dal Pretore di Vigevano con l'ordinanza in epigrafe;

b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del testo unico approvato con d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, sollevata in relazione agli artt. 23, 38, 76 e 77 della Costituzione dal Tribunale di Bolzano con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1981.

Leonetto AMADEI – Giulio  GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 10 luglio 1981.