Sentenza n.111 del 1981
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 111

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Dott. Giulio GIONFRIDA, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 73 della legge 27 luglio 1978, n. 392, modificato dalla legge 31 marzo 1979, n. 93 (locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione) promosso con ordinanza emessa il 5 febbraio 1980 dal pretore di Rimini, nel procedimento civile vertente tra Arcangeli Enrico ed altra e Porzioli Mario, iscritta al n. 348 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 166 del 1980.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 29 aprile 1981 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;

udito l'avvocato dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Il pretore di Rimini, nel corso di un procedimento iniziato il 29 giugno 1979, sollevava con ordinanza n. 348/80 del 5 febbraio 1980 eccezione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 73 della legge sull'equo canone n. 392 del 27 luglio 1978, nella parte in cui concede il diritto di recesso immediato dal contratto di locazione all'acquirente di immobili non destinati ad uso abitativo, ove abbia necessità di adibirli ad abitazione o all'esercizio di una delle attività indicate nell'art. 27 della stessa legge n. 392 (commerciali, industriali, artigianali, professionali, alberghiere) per sè, per il coniuge o per parenti entro il secondo grado in linea retta; mentre l'acquirente di immobile destinato ad uso abitativo, in pari stato di necessità, deve attendere almeno un biennio dall'acquisto per esercitare il diritto di recesso (art. 61 legge citata). Assume il giudice a quo che questo trattamento differenziato in tema di recesso del locatore acquirente, a seconda che l'immobile locato sia adibito o meno ad uso abitativo, non ha alcuna giustificazione razionale, specie se confrontato con la precedente legislazione vincolistica che sottoponeva ad identico trattamento le due azioni di recesso per necessità (artt. 7 legge 23 maggio 1950, n. 253, 2 quater legge 12 agosto 1974, n. 351, e 1 quinquies legge 31 luglio 1975, n. 363).

La sospetta violazione del principio di uguaglianza secondo l'ordinanza di rimessione - discende dal fatto che la vigente disciplina (artt. 61 e 73 legge n. 392 del 1978) mentre nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso di abitazione tende ad evitare il ricorso callidico a trasferimenti fittizi dell'immobile, preordinati per rendere operanti stati di necessità altrimenti inesistenti, ignora tale esigenza per i contratti relativi ad immobili destinati ad uso diverso dall'abitazione.

2. - É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione sollevata, in quanto le due situazioni messe a confronto dal giudice a quo sono obiettivamente diverse. Se il legislatore - osserva l'Avvocatura - nella sua discrezionalità ha ritenuto meritevole di maggior tutela il conduttore che abita nell'immobile locato rispetto a quello che non vi abita, non ha violato il principio di uguaglianza nei confronti dei locatori, anche se tale diversità di trattamento incide sui diritti di questi ultimi, a seconda che essi abbiano acquistato un immobile destinato ad abitazione oppure ad altro uso. Il sindacato di costituzionalità, infatti, può aversi solo quando di fronte ad una assoluta identità di situazioni la norma denunciata introduca disparità di trattamento ingiustificate o irrazionali.

Considerato in diritto

1. - La Corte è chiamata a decidere se contrasti o meno con l'art. 3 della Costituzione l'art. 73 della legge n. 392 del 1978 (come modificato dalla legge 31 marzo 1979, n. 93), perchè concede il recesso immediato dal contratto di locazione all'acquirente di immobili non destinati ad uso abitativo, ove abbia necessità di adibirli ad abitazione propria o all'esercizio di un'attività industriale, commerciale, artigianale, professionale o alberghiera per sé, per il coniuge o per parenti entro il secondo grado in linea retta (art. 27 legge n. 392/1978); mentre l'acquirente di un immobile destinato ad uso abitativo, in pari stato di necessità, deve attendere almeno un biennio dall'acquisto per esercitare il diritto di recesso (art. 61 legge citata).

Rileva il giudice a quo che questo trattamento differenziato, in ordine al recesso, tra acquirenti di un immobile locato, a seconda che questo sia destinato o meno ad uso di abitazione, non trova alcuna razionale giustificazione. Tanto più è dubbia la costituzionalità della norma impugnata, se sì considera che la precedente legislazione vincolistica sottoponeva ad identico trattamento le due azioni di recesso per necessità. Infatti l'art. 7 della legge 23 maggio 1950, n. 253 stabiliva che la facoltà di far cessare la proroga prevista dal n. 1 dell'art. 4 (quando si fosse dimostrata la urgente ed improrogabile necessità, verificatasi successivamente alla costituzione del rapporto locatizio, di destinare l'immobile stesso, a qualunque uso adibito, ad abitazione propria o dei propri figli o dei propri genitori, ovvero di esercitare nell'immobile la propria normale attività di professionista, artigiano o commerciante) non poteva essere esercitata da chi aveva acquistato l'immobile per atto tra vivi finché non fossero decorsi almeno tre anni dall'acquisto.

Tale norma si propone - asserisce il pretore - sia di garantire al conduttore un ulteriore periodo di permanenza nell'immobile, sia di evitargli le conseguenze dannose di un acquisto dell'immobile eventualmente preordinato allo scopo di estromettere lo stesso conduttore (Corte cost., sentenza n. 29 del 20 febbraio 1975).

La questione non è fondata.

É stato più volte affermato da questa Corte che vi è violazione del principio di uguaglianza quando di fronte a situazioni obbiettivamente omogenee si ha una disciplina giuridica differenziata, determinando discriminazioni arbitrarie e ingiustificate.

Nessuna omogeneità sussiste nel caso in esame tra rapporti locatizi aventi ad oggetto immobili destinati ad abitazione e immobili destinati ad uso diverso. Il legislatore, infatti, secondo la sua valutazione discrezionale, ha voluto riconoscere con la legge n. 392 del 1978 (che ha introdotto l'istituto dell'equo canone, innovando radicalmente la precedente disciplina vincolistica) il diverso rilievo economico e sociale dei due rapporti locatizi, regolandoli in modo distinto vuoi nella disciplina transitoria, vuoi in quella definitiva.

Invero, per gli immobili destinati ad abitazione, il legislatore ha ritenuto di dovere maggiormente comprimere il diritto del locatore, in considerazione del valore sociale che la disponibilità di una abitazione assume per il conduttore che non disponga di altro alloggio.

A tale scopo, infatti, sono orientate le norme essenziali che regolano l'ammontare del canone che, invece è lasciato libero per gli immobili destinati ad uso diverso, nonché l'art. 61 della legge che tutela il conduttore in caso di alienazione dell'immobile locato, impedendo al locatore acquirente di esercitare l'azione di recesso per necessità prima di due anni dall'acquisto.

Viceversa, per gli immobili destinati ad uso diverso dalla abitazione, il legislatore non ha voluto comprimere nella stessa misura il diritto di proprietà del locatore, non dovendo in questo caso tutelare nella posizione del conduttore un bene sociale primario, quale è l'uso della casa di abitazione. Così - come ha lasciato libero l'ammontare del canone - ha anche concesso al locatore acquirente, che abbia necessità di usare il bene locato, di esercitare l'azione di recesso senza dilazione.

Peraltro, a fronte di tali disposizioni che favoriscono il locatore di immobili destinati ad usi diversi dalla abitazione rispetto al locatore di immobili destinati a tale uso, il legislatore ne ha previsto altre meno favorevoli, la cui ratio va ravvisata nel rilievo economico che normalmente rivestono le destinazioni diverse dall'abitazione, le quali richiedono una relativa continuità delle attività produttive e professionali. A questo fine sono chiaramente dirette le norme che dispongono una maggiore durata dei contratti e della loro proroga; l'indennità per la perdita dell'avviamento in caso di cessazione del rapporto se l'attività comporti contatto con il pubblico dei consumatori; la facoltà di sub-locazione o di cessione del contratto con il solo obbligo di avviso al locatore; il diritto di prelazione del conduttore in caso di vendita.

La diversità, quindi, di disciplina e la conseguente diversa tutela che il locatore riceve, a seconda della destinazione dell'immobile acquistato, trova piena giustificazione nella diversità di situazioni obiettivamente delineate e nel diverso valore sociale che il legislatore attribuisce agli opposti interessi da comporre.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 73 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sollevata dal pretore di Rimini con ordinanza del 5 febbraio 1980, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 1981.

Giulio  GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 25 giugno 1981.