Sentenza n.104 del 1981
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SENTENZA N. 104

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Dott. Giulio GIONFRIDA, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 8 e 9 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), promosso con ordinanze emesse il 15 marzo e il 25 agosto 1979 dal Pretore di Roma, nei procedimenti civili vertenti tra Bracci Alfio e la Soc. Vetraria Iberia e tra Carbone Raffaele e la Soc. Litton Italia, rispettivamente iscritte ai nn. 419 e 876 del registro ordinanze 1979 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 203 del 1979 e n. 36 del 1980.

Visti l'atto di costituzione di Carbone Raffaele e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Udito nell'udienza pubblica del 29 aprile 1981 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;

udito l'avvocato dello Stato Stefano Onofrio, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un giudizio promosso dall'attore per ottenere l'assunzione obbligatoria da parte di una società privata ai sensi della legge 2 aprile 1968, n. 482, nella sua qualità di orfano di guerra, il pretore di Roma ha sollevato, con ordinanza emessa il 15 marzo 1979, questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, degli artt. 1, 8 e 9 della legge 2 aprile 1968, n. 482, nella parte in cui comprendono, fra i soggetti aventi diritto all'assunzione obbligatoria, gli orfani dei caduti in guerra, per servizio o nel lavoro senza alcun limite di età.

Secondo il giudice a quo la normativa dettata dagli artt. 1, 8 e 9 della legge n. 482 del 1968, apparirebbe fonte d'ingiustificata disparità di trattamento e quindi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto attribuiva ai soggetti in essa indicati il diritto all'assunzione obbligatoria - con conseguente privilegio nei confronti della generalità dei cittadini - a prescindere dal tempo decorso dalla data di decesso del genitore e dall'attività lavorativa successivamente a questa esplicata dall'orfano. In tal modo - secondo l'ordinanza di rimessione - il privilegio in esame rimarrebbe in capo ai soggetti che ne beneficiano per tutta la durata della vita e quindi anche quando ormai dovrebbe ritenersi esaurita quella condizione di particolare svantaggio o di maggior bisogno che lo giustifica.

Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata. A sostegno della sua infondatezza l'Avvocatura generale dello Stato ha dedotto che la perdita del genitore da parte di un soggetto in età minore, secondo l'id quod plerumque accidit, è evento di tale portata da influire negativamente sull'intera vita dell'orfano. La scelta discrezionale del legislatore sarebbe pertanto ragionevole.

Analoga questione è stata sollevata dallo stesso pretore di Roma - nel corso di altro giudizio davanti a lui pendente, promosso da un orfano di guerra di 50 anni, per ottenere l'assunzione obbligatoria da parte di una società privata - con ordinanza emessa il 25 agosto 1979, con la quale si deduce la non manifesta infondatezza, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 8 e 9 della legge 2 aprile 1968, n. 482, nella parte in cui comprendono, fra i soggetti aventi diritto all'assunzione obbligatoria, gli orfani dei caduti in guerra, o per servizio, o nel lavoro, fino al raggiungimento del 55 anno di età.

Secondo tale ordinanza - a differenza di quanto avviene per gli invalidi - sarebbe di immediata evidenza che gli effetti svantaggiosi della condizione di orfano riguardano la fase della formazione e dell'inserimento del soggetto nella vita lavorativa, ma non durano tutta la vita, essendo in seguito neutralizzati, di regola, dagli effetti di altre condizioni e vicende personali e sociali in ordine alle quali la situazione di colui che rimane orfano prima della maggiore età non si differenzia da quella della generalità degli altri cittadini.

Il protrarsi sino al 55 anno di età del diritto all'assunzione obbligatoria sarebbe pertanto ingiustificato.

Nel giudizio promosso con la seconda ordinanza dinanzi a questa Corte si è costituita la parte privata, deducendo di avere ottenuto il riconoscimento della qualifica di orfano di guerra solo nel 1977 e cioè all'età di 48 anni e chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Si è costituito pure il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata, con motivazione analoga a quella dell'atto di costituzione nell'altro giudizio promosso dallo stesso pretore di Roma con ordinanza 15 marzo 1979.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze sopra indicate prospettano sostanzialmente la medesima questione, sicché i relativi giudizi possono essere riuniti per essere definiti con unica sentenza.

2. - La Corte è chiamata a decidere se gli artt. 1, 8 e 9 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (recante: "Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private") - nella parte in cui comprendono, tra i soggetti aventi diritto all'assunzione obbligatoria, gli orfani dei caduti in guerra, per servizio o sul lavoro, senza fissare limiti di età (ordinanza 15 marzo 1979), ovvero sino al raggiungimento del 55 anno di età (ordinanza 25 agosto 1979) - siano in contrasto con l'art. 3 della Costituzione per la irragionevole disparità di trattamento da essi determinata in danno di tutti gli altri disoccupati, col privilegiare nell'assunzione gli orfani anche a grande distanza di tempo dal momento in cui si verificò il decesso del genitore per causa di guerra.

3. - La questione non è fondata.

La normativa contenuta nella legge 2 aprile 1968, n. 482, la quale riassume ed unifica una serie di disposizioni precedenti, ha un carattere particolare, essendo intesa a venire incontro e ad alleviare, nel settore del lavoro, la situazione di disagio e di maggiore bisogno nella quale versano coloro i quali sono colpiti, direttamente o indirettamente, da eventi dovuti a causa di guerra o di lavoro, cioè a causa che, anche riallacciandosi al principio proclamato dall'art. 52, primo comma, della Costituzione, ovvero al rilievo che al lavoro dà la stessa Costituzione negli artt. 1 e 4, il legislatore ha ritenuto meritevoli di una specifica tutela. A tal fine la citata legge n. 482 ha adottato una apposita provvidenza intesa a consentire una più rapida e più facile sistemazione per i soggetti indicati nella legge stessa (fra i quali gli orfani per causa di guerra o di lavoro).

La provvidenza disciplinata dalla legge in parola trova, pertanto, giustificazione nella opportunità di ridurre la situazione di disagio dei soggetti predetti, prevedendo la loro assunzione obbligatoria al lavoro nell'ambito di alcuni limiti stabiliti dalla legge e concernenti l'età massima (inesattamente l'ordinanza 15 marzo 1979 parla di beneficio che dura per tutta la vita, non essendosi il pretore accorto in tale occasione del limite chiaramente posto dal secondo comma dell'art. 1), le condizioni fisiche ed il numero delle persone da assumere.

Non appare dubbio che nel porre questa disciplina ed in particolare nel fissare i limiti e le condizioni necessarie per l'applicazione del beneficio il legislatore gode di una facoltà di apprezzamento che può essere sindacata da questa Corte soltanto sotto il profilo della irragionevolezza. Ma l'avere posto un limite di età (55 anni) notevolmente elevato, anche se consente la applicazione del beneficio a persone più avanti negli anni e quindi più lontane dall'evento che creò per esse lo stato di inferiorità, non può essere ritenuto irragionevole, costituendo soltanto indice di una più larga benevolenza verso i soggetti considerati.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 8 e 9 della legge 2 aprile 1968, n. 482, (recante: "Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private"), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 1981.

Giulio  GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 19 giugno 1981.