Sentenza n.101 del 1981
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SENTENZA N. 101

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI, Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria) e 9 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale) promosso con ordinanza emessa il 1 marzo 1978 dal pretore di Reggio Emilia nel procedimento civile vertente tra Santi Albertina e l'INPS, iscritta al n. 308 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 264 del 20 settembre 1978.

Visto l'atto di costituzione di Santi Albertina, rappresentata e difesa dall'avv. Franco Agostini;

udito nell'udienza pubblica del 12 novembre 1980 il Giudice relatore Antonino De Stefano;

udito l'avv. Franco Agostini per Santi Albertina.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso al pretore di Reggio Emilia, come giudice del lavoro, in data 26 settembre 1977, Albertina Santi, titolare di pensione a carico della C.P.D.E.L. (Cassa di previdenza dipendenti enti locali) e in possesso dei requisiti per ottenere, presso l'assicurazione generale obbligatoria, una pensione supplementare, premesso che questa le era stata liquidata, in data 3 settembre 1973, senza gli aumenti, di lire 2.400 mensili, e del 10 per cento, previsti, rispettivamente, dall'art. 1 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, e dall'art. 9 della legge 30 aprile 1969, n. 153, nel rivendicare il proprio diritto alla corresponsione dei suddetti aumenti, sosteneva pregiudizialmente che tali disposizioni, con l'accordare gli aumenti medesimi ai soli titolari di pensioni supplementari con decorrenza anteriore al 1 maggio 1968 e al 1 gennaio 1969, e con l'escluderne i titolari delle stesse pensioni liquidate successivamente, erano in contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione; chiedeva, quindi, che nei confronti di esse, nella parte relativa a tale esclusione, fosse sollevata questione di legittimità costituzionale.

La richiesta si basava soprattutto sulla sentenza di questa Corte n. 37 del 1977. Con questa decisione, emessa su una controversia concernente la concessione dell'aumento del 10 per cento, previsto dal citato art. 9 della legge n. 153 del 1969, alle pensioni autonome liquidate in forma contributiva, limitatamente a quelle con decorrenza anteriore al 1 gennaio 1969, tale articolo era stato dichiarato illegittimo, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, nella parte appunto in cui escludeva dall'aumento del 10 per cento le pensioni autonome con decorrenza successiva al 31 dicembre 1968 liquidate ancora in forma contributiva, per opzione degli interessati, secondo le disposizioni vigenti prima del 1 maggio 1968. Secondo la ricorrente, questa sentenza della Corte, pur essendo stata pronunciata riguardo alle pensioni autonome dell'assicurazione generale obbligatoria, si attagliava perfettamente (anche per quel che riguardava il mancato aumento in misura fissa di lire 2.400) data la evidente analogia delle rispettive situazioni, alla questione sollevata, nel caso, riguardo alle pensioni supplementari.

Al ricorso si opponeva l'INPS. Dopo aver concluso, in via principale, per il rigetto di tutte le istanze della ricorrente, l'Istituto formulava una domanda subordinata, chiedendo che, nel caso in cui il pretore avesse ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla ricorrente, riguardo alla mancata estensione degli aumenti alle pensioni supplementari liquidate dopo il 30 aprile e, rispettivamente, dopo il 31 dicembre 1968, fosse dichiarata non manifestamente infondata anche un'altra questione di legittimità costituzionale - che lo stesso INPS prospettava, nei confronti delle medesime disposizioni, in riferimento all'art. 3 della Costituzione - riguardo alla concessione degli aumenti, da esse prevista, alle pensioni supplementari liquidate in precedenza. Nessuna ragione, ad avviso dell'INPS, giustificava, infatti, i benefici concessi, atteso che una norma che disponga un beneficio per le pensioni supplementari anteriori alla propria entrata in vigore, quando le pensioni supplementari aventi decorrenza posteriore non godano di un beneficio corrispondente per effetto del nuovo sistema di liquidazione, è del tutto illogica. Per questo, e non per altro, dunque - concludeva l'INPS - le disposizioni dell'art. 1 del d.P.R. n. 488 del 1968 e dell'art. 9 della legge n. 153 del 1969 dovevano riconoscersi incostituzionali.

2. - Iniziata la trattazione della causa, il pretore, in data 1 marzo 1978, pronunciava una ordinanza, con la quale disponeva la trasmissione degli atti a questa Corte. Il giudice a quo, dopo aver enunciato nel preambolo del provvedimento di rimessione che oggetto del giudizio promosso contro l'INPS era la "richiesta di liquidazione di aumento del 10 per cento sulla pensione supplementare con decorrenza successiva al 1 gennaio 1969, e di aumento di lire 2.400 sulla pensione supplementare con decorrenza successiva al 1 maggio 1968", afferma che "entrambe le parti" avrebbero chiesto dichiararsi non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme di cui agli artt. 1 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 e 9 della legge 30 aprile 1969, n. 153, in relazione agli artt. 3, comma primo, e 38, comma secondo, della Costituzione, in quanto escludono dagli aumenti da esse rispettivamente previsti le pensioni supplementari "liquidate anteriormente al 1 maggio 1968" (così si legge testualmente). Osserva altresì il pretore che "la proposta questione non appare manifestamente infondata atteso che le norme richiamate introducono una disparità di trattamento tra cittadini senza apparente giustificazione in relazione a situazioni obiettivamente differenziate, e che tale disparità sembra concretizzare un contrasto con il disposto dell'art. 3, comma primo, della Costituzione, in quanto coloro che hanno ottenuto la liquidazione del supplemento di pensione in regime contributivo in data anteriore o posteriore al 1 maggio 1968 e godono di un trattamento base identico e, a parità di contribuzione e di anzianità assicurativa, godono di pensioni di pari ammontare, si trovano ad ottenere, o a vedersi negare, gli aumenti sopra indicati soltanto in dipendenza dal fatto che le loro pensioni siano state o meno liquidate anteriormente alla data del 1 maggio 1968".

Secondo la ordinanza di rinvio, inoltre, le disposizioni impugnate collidono con l'art. 38, comma secondo, della Costituzione, in quanto, a parità di trattamento pensionistico base, il diniego degli aumenti di cui sopra ai lavoratori "pensionati prima del 1 maggio 1968" (così si legge testualmente) non contribuisce a garantire la concreta attuazione del loro diritto ad ottenere mezzi di sussistenza adeguati alle loro esigenze di vita.

Quanto alla rilevanza della questione, ad avviso del giudice a quo, essa dipende dal fatto che, ove la Corte costituzionale dichiarasse la fondatezza della questione medesima, ne deriverebbe alla ricorrente la possibilità di chiedere l'attribuzione degli aumenti di pensione denegatile per essere "la sua pensione supplementare stata liquidata anteriormente al 1 maggio 1968" (così si legge testualmente).

3. - Adempiute le formalità di rito per la notifica, comunicazione e pubblicazione della ordinanza, con atto di deduzioni in data 29 giugno 1978 si è costituita innanzi alla Corte la sig.ra Santi. Non si è costituito l'INPS, né si è avuto intervento da parte del Presidente del Consiglio dei ministri.

Nel chiedere che la questione sia riconosciuta fondata e le norme impugnate dichiarate in parte qua illegittime, la difesa della ricorrente osserva che la questione da essa sollevata nel giudizio a quo riguarda le pensioni supplementari liquidate dopo il 31 dicembre 1968, e quindi, ovviamente, dopo il 30 aprile dello stesso anno. É questo, infatti, il caso della Santi, alla quale la pensione supplementare fu liquidata senza l'aumento del 10 per cento di cui all'art. 9 della legge n. 153 del 1969, e senza l'aumento in misura fissa di lire 2.400 mensili di cui all'art. 1 del d.P.R. n. 488 del 1968, in quanto la liquidazione si effettuò dopo le date anzidette. Tale esclusione, disposta dalle norme impugnate, deve ritenersi illegittima.

É del tutto irrazionale e ingiustificato che gli aumenti in questione, una volta riconosciuti per le pensioni supplementari liquidate rispettivamente prima del 1 maggio 1968 e del 1 gennaio 1969, siano negati, a parità di tutte le altre condizioni, nei casi in cui le pensioni stesse siano state liquidate in un momento successivo. La esclusione degli aumenti in tale ipotesi contrasta perciò con gli artt. 3 e 38 della Costituzione. Come già aveva sostenuto nel giudizio a quo, la difesa della ricorrente ribadisce che la questione è del tutto analoga a quella decisa, con parziale dichiarazione di illegittimità, sotto altro aspetto, dell'art. 9 della legge n. 153 del 1969, con la sentenza di questa Corte n. 37 del 1977. É vero, si ammette, che quella sentenza fu pronunciata riguardo alle pensioni autonome e non alle pensioni supplementari; ma le norme impugnate, nel concedere gli aumenti alle pensioni liquidate rispettivamente prima del 1 maggio 1968 e del 1 gennaio 1969, si applicano indifferentemente sia alle pensioni autonome che alle pensioni supplementari. Nessuna differenza sostanziale - si aggiunge nell'atto di deduzioni - vi è, d'altra parte, fra le pensioni supplementari e le pensioni autonome dell'assicurazione generale obbligatoria liquidate in forma contributiva, riguardo alle quali la sentenza n. 37 del 1977 fu pronunciata. I criteri di determinazione della pensione sono del tutto analoghi, in quanto, in ambedue le ipotesi, consentono di valorizzare la contribuzione versata ed accreditata.

Sulla analogia della questione in oggetto con quella già riconosciuta fondata dalla Corte con la sentenza n.37 del 1977, la difesa della parte ha insistito anche in una successiva memoria. Se è vero - si ribadisce - che il caso in questione riguarda le pensioni supplementari, mentre in quello allora deciso si trattava di pensioni autonome, nulla muta nella sostanza del problema. La pensione supplementare non può, infatti, essere liquidata che secondo il sistema contributivo, cioè appunto in relazione ai contributi versati: per sua stessa natura non potrebbe essere liquidata nella forma e con il sistema retributivi. Né si dica che trattandosi di un supplemento di pensione, per esso non debbano essere corrisposte le integrazioni di legge, e che perciò con la esclusione di queste non si abbia disparità di trattamento. Nel sistema previsto dal legislatore, quando ancora non era consentita la ricongiunzione di tutte le posizioni previdenziali come poi attuata, ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29, diversi spezzoni di pensione venivano a formare un trattamento complessivo, che, più vantaggiosamente realizzato oggi, con la legge del 1979, necessariamente doveva essere allora integrato secondo le norme comuni. La mancanza di queste integrazioni determina quindi, anche per le pensioni supplementari, una ingiustificata diseguaglianza.

4. - All'udienza pubblica la difesa della parte, richiamati gli argomenti svolti nell'atto di deduzioni e nella successiva memoria, ha concluso per la fondatezza della questione.

Considerato in diritto

1. - Le pensioni supplementari a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, sono state aumentate, dal 1 maggio 1968, nella misura di lire 2.400 mensili, per effetto dell'art. 1 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488; e dal 1 gennaio 1969, nella misura pari al 10 per cento del loro ammontare, per effetto dell'art. 9 della legge 30 aprile 1969, n. 153.

La Corte è chiamata ad accertare se tali disposizioni contrastino con gli artt. 3 e 38 della Costituzione nella parte in cui limitano gli aumenti da esse concessi, alle pensioni supplementari aventi, rispettivamente, decorrenza anteriore al 1 maggio 1968 ed al 1 gennaio 1969, negandoli a quelle con decorrenza posteriore, per la prima norma, al 30 aprile 1968, e per la seconda, al 31 dicembre dello stesso anno.

In siffatti termini va puntualizzata la questione sollevata innanzi al pretore di Reggio Emilia, e da questo dichiarata rilevante e non manifestamente infondata, dovendosi, in base alle risultanze degli atti, attribuire a mero errore materiale il riferimento che in taluni passi del provvedimento di rimessione, come esposto in narrativa, viene invece fatto, in contraddizione con il chiaro dettato normativo, ad una esclusione dagli aumenti per le pensioni aventi decorrenza anteriore alle su indicate date.

2. - La questione è fondata.

Il d.P.R. n. 488 del 1968, in adempimento della delega conferita con legge 21 luglio 1965, n. 903, e rinnovata ed integrata con legge 18 marzo 1968, n. 238, ha introdotto - come già messo in evidenza nelle precedenti sentenze di questa Corte n. 128 del 1973 e n. 37 del 1977 - un nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, aventi decorrenza posteriore al 30 aprile 1968. Al sistema contributivo (riferito all'ammontare dei contributi versati), cui erano informate le precedenti leggi, veniva sostituito il sistema retributivo (riferito alle ultime retribuzioni percepite dal lavoratore): l'importo della pensione veniva cioè, determinato applicando alla retribuzione media annua pensionabile, desumibile dalle ultime 156 settimane coperte da contribuzione, una percentuale in corrispondenza con l'anzianità di contribuzione, graduata in modo tale da consentire, con il massimo di servizio pensionabile, una pensione pari al 65 per cento della retribuzione. La misura massima della percentuale di commisurazione della pensione alla retribuzione è stata poi elevata al 74 ed all'80 per cento, rispettivamente per le pensioni aventi decorrenza dopo il 31 dicembre 1968 e dopo il 31 dicembre 1975 (art. 11 1egge n. 153 del 1969).

Dalla nuova disciplina, in linea generale più favorevole agl'interessati, sono rimasti esclusi - per effetto del criterio di gradualità, seguito dal legislatore nell'attuazione della riforma, e che questa Corte, con la citata sentenza n. 128 del 1973, ha riconosciuto "compatibile con le esigenze e gl'interessi costituzionalmente garantiti" - i lavoratori, la cui pensione abbia decorrenza anteriore al 1 maggio 1968. In compenso, lo stesso decreto n. 488 del 1968 ha disposto (art. 1), in favore di questi ultimi, la corresponsione di un aumento della loro pensione, liquidata secondo il sistema contributivo, nella misura di lire 2.400 mensili. Tale aumento, per effetto dell'art. 14 del citato decreto n. 488 del 1968, è stato riconosciuto anche alle pensioni autonome con decorrenza successiva al 30 aprile 1968, qualora esse, in virtù di opzione esercitata dall'interessato ai sensi del medesimo articolo, vengano liquidate nella misura risultante dal calcolo effettuato secondo il sistema contributivo, quale regolato dalle precedenti leggi.

L'aumento anzidetto è stato accordato dall'impugnato art. 1 del decreto n. 488 del 1968, non soltanto alle pensioni ordinarie, di cui si è fin qui discorso, ma anche alle pensioni supplementari, quali disciplinate dall'art. 5 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, come modificato dall'art. 12 dello stesso decreto n. 488 del 1968. Trattasi di pensioni corrisposte, a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, in relazione a periodi di contribuzione per lavoro svolto prima o dopo il periodo che ha dato titolo a pensione diretta, liquidata da forme di previdenza sostitutive di tale assicurazione, o che ne comportino l'esclusione o l'esonero; ed il relativo calcolo ha per base i contributi versati o accreditati nell'assicurazione generale, sempre che detti contributi non siano sufficienti per il diritto a pensione autonoma.

Per le pensioni supplementari l'aumento è limitato, dalla denunciata norma dell'art. 1 del decreto n. 488 del 1968, a quelle aventi decorrenza anteriore al 1 maggio 1968. Ma la esclusione di quelle aventi posteriore decorrenza non è suffragata - come per le pensioni ordinarie - dalla concomitante sostituzione del più vantaggioso sistema retributivo a quello contributivo. Solo di recente, infatti, e precisamente con l'art. 7 della legge 23 aprile 1981, n. 155, per le pensioni supplementari da liquidare è stato adottato il sistema di calcolo in forma retributiva. In precedenza, pur dopo l'entrata in vigore del decreto n. 488 del 1968, le pensioni supplementari continuavano ad essere liquidate (per effetto del combinato disposto degli artt. 4, comma quarto, e 5, comma terzo, lett. b), della legge n. 1338 del 1962, nei testi rispettivamente sostituiti dagli artt. 19 e 12 del decreto n. 488 del 1968) assumendo a base del calcolo i contributi versati od accreditati, mediante un sistema contributivo che, pur variato nel procedimento in virtù delle menzionate sostituzioni, conduceva sempre agli stessi risultati che si sarebbero ottenuti applicando le originarie disposizioni, antecedenti al decreto n. 488 del 1968. Pertanto, una volta che il legislatore si era determinato a corrispondere l'aumento di lire 2.400 mensili alle pensioni supplementari, appare ingiustificata la introdotta distinzione tra quelle aventi decorrenza anteriore al 1 maggio 1968 e quelle aventi decorrenza posteriore al 30 aprile 1968, tutte accomunate dal medesimo regime giuridico. Sì che deve riconoscersi fondata la dedotta violazione del principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione, avendo la norma impugnata riservato diverso trattamento, senza plausibile motivo, a soggetti versanti in identiche condizioni.

Né può al riguardo configurarsi un criterio di gradualità temporale, preordinato ad una progressiva attuazione del concesso beneficio, giacché, come la Corte ha affermato con la ricordata sentenza n. 37 del 1977, "se può ammettersi che un trattamento migliorativo possa non essere esteso a soggetti che hanno anteriormente già definito la propria posizione di quiescenza, non può certamente ammettersi che soggetti i quali maturano il diritto relativo in data posteriore, possano ricevere un trattamento deteriore rispetto a quelli che quel diritto hanno anteriormente maturato".

3. - Alle stesse conclusioni deve pervenirsi per l'art. 9 della legge n. 153 del 1969, egualmente denunciato dal pretore di Reggio Emilia. Tale norma ha disposto, con effetto dal 1 gennaio 1969, che le pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, aventi decorrenza anteriore a tale data, siano aumentate in misura pari al 10 per cento del loro ammontare.

Per quanto concerne le pensioni ordinarie, questa Corte, con la citata sentenza n. 37 del 1977, ha già dichiarato la illegittimità costituzionale, per violazione del principio di eguaglianza, di detto articolo, nella parte in cui esclude dall'aumento del 10 per cento le pensioni aventi decorrenza posteriore al 31 dicembre 1968 e che sono state liquidate, a seguito di opzione dell'interessato, secondo le disposizioni vigenti anteriormente al 1 maggio 1968, e cioè con l'applicazione del sistema contributivo in luogo di quello retributivo introdotto a far tempo da tale data.

Ma le pensioni supplementari, alle quali l'impugnata norma è stata dall'ente erogatore ritenuta applicabile attesa la sua generica dizione, dovevano essere tutte liquidate, per effetto di essa, come già innanzi detto, con il sistema contributivo: tanto quelle aventi decorrenza anteriore al 1 gennaio 1969, alle quali è stato concesso l'aumento del 10 per cento, quanto quelle aventi decorrenza successiva al 31 dicembre 1968, che dall'aumento medesimo sono rimaste escluse. Sussiste perciò anche in questo caso la dedotta violazione del principio di eguaglianza per il diverso trattamento ingiustificatamente riservato a soggetti che si trovano nelle identiche condizioni; va dunque dichiarata, per le medesime ragioni dianzi esposte a proposito dell'art. 1 del decreto n. 488 del 1968, la illegittimità costituzionale dell'art. 9 della legge n. 153 del 1969, nella parte in cui, prevedendo per le pensioni supplementari l'aumento in misura pari al 10 per cento del loro ammontare, lo limita a quelle aventi decorrenza anteriore al 1 gennaio 1969, e non lo estende a quelle, egualmente liquidate con il sistema contributivo, aventi decorrenza posteriore al 31 dicembre 1968.

Resta in conseguenza assorbita la questione relativa alla violazione dell'art. 38 della Costituzione, anch'essa dedotta per entrambe le norme dal provvedimento di rimessione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 1 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria), nella parte in cui, prevedendo per le pensioni supplementari l'aumento nella misura di lire 2.400 mensili, lo limita a quelle aventi decorrenza anteriore al 1 maggio 1968 e non lo estende a quelle, egualmente liquidate con il sistema contributivo, aventi decorrenza posteriore al 30 aprile 1968;

b) dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 9 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), nella parte in cui, prevedendo per le pensioni supplementari lo aumento in misura pari al 10 per cento del loro ammontare, lo limita a quelle aventi decorrenza anteriore al 1 gennaio 1969, e non lo estende a quelle, egualmente liquidate con il sistema contributivo, aventi decorrenza posteriore al 31 dicembre 1968.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 aprile 1981.

Leonetto AMADEI – Giulio  GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 19 giugno 1981.