Sentenza n.49 del 1981
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SENTENZA N.49

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI, Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma ultimo, 2, comma ultimo, e 3, comma ultimo, della legge 12 novembre 1976, n. 751; dell'art. 4 del dl. 6 luglio 1974, n. 259 e dell'art. 4, comma sesto della legge 17 agosto 1974, n. 384 (Imposta sul reddito delle persone fisiche) promossi con ordinanze emesse dalle Commissioni tributarie di 1° grado di Siena il 16 maggio 1977, Larino il 14 giugno 1977, Orvieto il 23 settembre 1977, Biella il 21 ottobre 1977, Bari il 27 giugno 1977, Matera il 1° dicembre 1977, Verbania il 7 gennaio 1978, Bolzano il 27 settembre 1977, Gorizia il 31 maggio 1977, Urbino il 7 novembre 1977 (numero due ordinanze), Isernia il 30 novembre 1977, Torino il 16 giugno 1977, Busto Arsizio il 17 febbraio 1978, Como il 10 novembre 1977, Isernia il 1° febbraio 1978, Verona il 27 gennaio 1978, Palermo il 13 giugno 1977, dalla Commissione tributaria di 2° grado di Livorno il 6 luglio 1978, dalle Commissioni tributarie di 1° grado di Arezzo il 13 giugno 1978, Lanciano il 16 novembre 1978, dalle Commissioni tributarie di 2° grado di Alessandria il 21 dicembre 1978, Ravenna il 29 novembre 1978, dalle Commissioni tributarie di 1° grado di Brindisi il 28 febbraio 1978, La Spezia il 10 e il 29 maggio 1979, Biella il 29 novembre 1978 (n. 5 ordinanze), dalla Commissione tributaria di 2° grado di Alessandria il 23 giugno 1979, dalle Commissioni tributarie di 1° grado di Biella il 29 aprile 1978, Trieste il 20 marzo 1978, Firenze il 26 gennaio 1979, Larino il 15 giugno 1977, dalle Commissioni tributarie di 2° grado di Imperia il 17 maggio 1979, Padova il 25 settembre 1979 e dalla Commissione tributaria di 1° grado di Ferrara il 13 ottobre 1978 (numero due ordinanze), rispettivamente iscritte ai nn. 394,539,556 e 581 del registro ordinanze 1977, ai nn. 9, 136,156,161,163,193,194,216,243, 304,327,429,463,564 e 568 del registro ordinanze 1978 ed ai nn. 27,270,303,496,593,705,766,767,768,769,770, 792, 813, 839, 935, 949, 952, 990, 997 e 998 del registro ordinanze 1979 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 293 del 1977, nn. 32,39,53,74,135,164,154, 149,172,186,194,257,271,300 e 334 del 1978, nn. 3,31, 38,73,168,244,291 e 345 del 1979 e nn. 8,15,22,50 e 64 del 1980.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 15 ottobre 1980 il Giudice relatore Michele Rossano;

udito l'avvocato dello Stato Giovanni Albisinni, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - I quaranta giudizi vanno riuniti e definiti con unica sentenza perchè hanno per oggetto questioni di legittimità costituzionale, nella maggior parte identiche, concernenti, in sostanza, la medesima disposizione.

La legge 12 novembre 1976, n. 751 come è precisato nella relazione ministeriale al relativo disegno di legge è diretta a regolare gli effetti della sentenza 15 luglio 1976, n. 179, con la quale questa Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittime alcune norme del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645; della legge 9 ottobre 1971, n. 825; dei decreti presidenziali 29 settembre 1973, n. 597 e n. 600, e 26 ottobre 1972, n. 636, nella parte in cui, ai fini dell'applicazione della imposta complementare e della imposta sul reddito delle persone fisiche, prevedevano il concorso dei redditi della moglie, non legalmente ed effettivamente separata, con quelli del marito e l'imputazione del reddito complessivo a quest'ultimo, quale unico soggetto passivo di imposta, ponendo a carico del medesimo tutti gli obblighi ed oneri conseguenti.

L'art. 1, comma ultimo, di tale legge n. 751 del 1976 prescrive che all'imposta determinata ai sensi dei commi precedenti non si applica l'ulteriore detrazione di lire 36.000 annue, prevista per i redditi di lavoro dipendente di importo annuo non superiore a lire 4 milioni dal secondo comma dell'art. 4 del decreto legge 6 luglio 1974, n. 259, divenuto sesto comma dell'art. 4 nel testo della legge 17 agosto 1974, n. 384. L'art. 1 della legge n. 751 del 1976 si riferisce alla ipotesi di presentazione, da parte dei coniugi, di distinte dichiarazioni e, nei commi 1 e 2) prescrive le modalità per la presentazione, da parte di ciascuno dei coniugi, di separate dichiarazioni dei redditi per gli anni 1974 e precedenti.

Il successivo art. 2 concerne esclusivamente modalità per la presentazione della suddetta dichiarazione da parte di ciascuno dei coniugi e non si riferisce al contenuto del comma ultimo del precedente articolo. Questo comma e, invece, applicabile, ai sensi dell'art. 3, comma ultimo, stessa legge n. 751 del 1976, nella diversa ipotesi che nessuno dei coniugi presenti la separata dichiarazione dei redditi per gli anni 1974 e precedenti.

In tutte le quaranta ordinanze di rinvio si censura- sotto profili nella maggior parte uguali e in riferimento a vari articoli della Costituzione la norma che stabilisce la non applicabilità - nella liquidazione dell'imposta IRPEF per gli anni 1974 e precedenti della ulteriore detrazione di imposta di lire 36.000 qualora abbia reddito proprio la moglie del lavoratore dipendente con reddito personale di importo annuo non superiore a lire 4.000.000.

Questa Corte osserva che le disposizioni impugnate vanno individuate negli artt. 1, comma ultimo, e 3, comma ultimo, legge n. 751 del 1976. Infatti la prima delle suddette norme sancisce la non applicabilità della ulteriore detrazione di lire 36.000 prevista dall'art. 4, comma sesto, d.l. n. 259 del 1974 nel testo della legge di conversione n. 384 del 1974, che è esclusivamente norma di riferimento; la seconda estende l'applicabilità dell'art. 1, comma ultimo, stessa legge alla ipotesi sopra precisata.

2. - Così individuate le norme impugnate, va presa in esame, per il suo carattere preliminare, la censura di violazione dell'art. 136 della Costituzione.

La Commissione tributaria di 1° grado di Isernia, con ordinanza 1° febbraio 1978, la Commissione tributaria di 2° grado di Alessandria, con ordinanza 23 giugno 1979, e la Commissione tributaria di 1° grado di Firenze, con ordinanza 26 gennaio 1979, hanno affermato che l'art. 1, comma ultimo, legge n. 751 del 1976 è in contrasto con l'art. 136 della Costituzione perchè reimmette nell'ordinamento una norma di contenuto identico alle disposizioni che prevedevano il cumulo dei redditi dei coniugi, ai fini dell'applicazione della imposta IRPEF, e sono state dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 179 del 1976. Hanno osservato che, a seguito di tale sentenza, si sarebbe dovuta effettuare separatamente la tassazione dei coniugi e, quindi, ognuno di essi, titolare di reddito di lavoro dipendente di importo annuo non superiore a lire 4 milioni, avrebbe dovuto avere diritto alla ulteriore detrazione di lire 36.000. La norma impugnata avrebbe considerato di nuovo operante la presunzione di maggiore capacità contributiva delle persone unite dal matrimonio, già esclusa dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 179 del 1976.

La censura non è fondata.

Non sussiste la denunciata violazione dell'art. 136 della Costituzione perchè il contenuto dell'art. 1, comma ultimo, legge n. 751 del 1976 è diverso da quello delle parti delle norme dichiarate illegittime con la citata sentenza n. 179 del 1976.

L'art. 1, citato, elimina esclusivamente il diritto ad una ulteriore detrazione, nella ipotesi in esso prevista, laddove le norme già ritenute dalla sentenza n. 179 del 1976 in contrasto con gli artt. 3, 29 e 53 della Costituzione sono quelle che prevedevano: l'imputazione al marito dei redditi della moglie non legalmente ed effettivamente separata e il cumulo dei redditi di entrambi ai fini dell'applicazione della imposta; la soggettività passiva del marito anche per i detti redditi della moglie e la correlativa negazione di tale soggettività alla moglie; l'obbligo del marito di dichiarare, in unico atto, oltre ai redditi propri, anche i menzionati redditi della moglie;

l'obbligo della moglie non separata di indicare al marito gli elementi, i dati e le notizie relativi ai propri redditi a lui imputabili perchè egli potesse effettuare la dichiarazione unica dei redditi (artt. 131 e 139 d.P.R. n. 645 del 1958; art. 2, n. 3, legge 825 del 1971; 2, comma primo, e 4, lett. a), d.P.R. n. 597 del 1973; 1, comma terzo, 46, 56, 57 d.P.R. n. 600 del 1973; 15, 16, 17, 19, 20 e 30 d.P.R. n. 636 del 1972).

La fattispecie ora all'esame di questa Corte è diversa perchè concerne non la imputazione dei redditi della moglie al marito quale unico soggetto passivo di imposta, ma l'abolizione di una ulteriore detrazione qualora abbia reddito proprio il coniuge del lavoratore dipendente, il cui reddito personale non superi il limite annuo di lire 4 milioni.

3. - Altra censura comune a tutte le ordinanze di rinvio concerne la violazione dell'art. 3 della Costituzione. Secondo le Commissioni tributarie di primo e di secondo grado, la norma impugnata contrasterebbe in due sensi con il principio costituzionale di eguaglianza: sia perchè applicherebbe l'abolito principio del cumulo dei redditi dei coniugi; sia perchè prevederebbe un trattamento diverso, privo di razionale giustificazione, solo nei confronti dei contribuenti coniugati, che non possono godere della detrazione ulteriore di lire 36.000, spettante invece a tutti i contribuenti non coniugati.

La questione in questi termini è fondata e rimane assorbito l'esame delle altre censure.

Nella fattispecie in esame si rileva una disparità di trattamento non giustificata entro la medesima categoria di lavoratori dipendenti con reddito personale annuo non superiore a lire 4 milioni. In vero, i lavoratori predetti hanno diritto all'ulteriore detrazione di lire 36.000, se non sono coniugati o se i loro coniugi non sono titolari di redditi che, sommati a quelli dei lavoratori stessi, superino l'importo annuo di lire 4 milioni.

Per contro, le norme impugnate escludono che la detrazione si applichi, quanto ai redditi dei coniugi che nel loro complesso superino comunque il tetto di 4 milioni, anche se per importi di minima entità e anche se il reddito di ciascuno dei coniugi stessi, entrambi lavoratori dipendenti, sia inferiore a 4 milioni annui.

La denunciata disparità di trattamento è di piana evidenza e ne consegue la illegittimità costituzionale delle disposizioni di legge denunziate.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale degli artt. 1, comma ultimo, e 3, comma ultimo, legge 12 novembre 1976, n. 751 (norme per la determinazione e riscossione delle imposte sui redditi dei coniugi per gli anni 1974 e precedenti e altre disposizioni in materia tributaria).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25/03/81.

Leonetto AMADEI – Giulio  GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI.

Giovanni VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 07/04/81.