Sentenza n.17 del 1981
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SENTENZA N.17

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI, Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof.: Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 425, comma primo, cod. proc. pen. e 16 r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del Tribunale per i minorenni) promosso con ordinanza emessa il 23 novembre 1976 dal Tribunale per i minorenni di Venezia nel procedimento penale a carico di Bassetto Paola, iscritta al n. 249 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 176 del 29 giugno 1977.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 dicembre 1980 il Giudice relatore Michele Rossano;

udito l'avvocato dello Stato Franco Chiarotti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Secondo il Tribunale per i minorenni di Venezia gli artt. 425, comma primo, cod. proc. pen. e 16 r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del Tribunale per i minorenni) sarebbero illegittimi in riferimento agli articoli 1, comma secondo, 2, comma primo, e 31, comma secondo, della Costituzione in quanto non prevedono che il dibattimento contro i minori possa svolgersi pubblicamente ove essi espressamente lo richiedano e la pubblicità appaia utile o necessaria alla tutela di un loro diritto della personalità.

Il divieto di pubblicità dei dibattimenti sarebbe in contrasto con l'art. 1, comma secondo, della Costituzione, perchè il principio della pubblicità delle udienze costituirebbe applicazione, nel processo, della esigenza generale dei regimi liberi di assicurare il controllo della pubblica opinione su tutte le manifestazioni della sovranità popolare. La deroga a tale principio, anche alla luce di quanto dispone, nell'art. 6, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, potrebbe trovare fondamento costituzionale nell'art. 31, comma secondo, della Costituzione solo nei casi in cui risponda ad una effettiva tutela del minore, ma dovrebbe cessare quando dalla sua applicazione potrebbe derivare pregiudizio al minore per l'impossibilità di far conoscere all'opinione pubblica la verità sul suo comportamento e tutelare il suo patrimonio morale, garantito come diritto inviolabile dall'art. 2 della Costituzione. Inoltre, poiché il divieto assoluto di pubblicità del dibattimento non opera nei casi in cui il minore è imputato con maggiorenni, sussisterebbe la violazione dell'art. 3, comma primo, della Costituzione.

2. - Con riguardo a tutti i parametri costituzionali invocati, la questione si palesa non fondata.

Anche ad ammettere che si possa direttamente desumerne il principio della pubblicità dei dibattimenti giudiziari, la disposizione dell'art. 1, cpv., Cost. precisa che la sovranità popolare si esercita < nelle forme e nei limiti della Costituzione >; sicché, per questo aspetto, non può dirsi illegittima la previsione del dibattimento a porte chiuse, quando essa miri a tutelare interessi come quelli propri dei minori, specificamente riguardati dall'art. 31, comma secondo, della stessa Carta costituzionale.

3. - Quanto all'art. 2 Cost., va considerato che l'esigenza della pubblicità nel dibattimento, pur nel suo innegabile rilievo costituzionale (vedi sentenze n. 25 del 1965 e n. 12 del 1971), non può tuttavia essere intesa così rigidamente da farne scaturire, nei termini ed agli effetti indicati dall'ordinanza di rimessione, un diritto inviolabile dell'uomo. Vero è che le deroghe alla regola della pubblicità si sottraggono alle censure di questa Corte, quando siano operate in funzione di altri valori ugualmente garantiti dalla Costituzione, qual é la protezione della gioventù, di cui al capoverso dell'art. 31 Cost. Nè si può assumere sulla base di una norma come quella contenuta nell'art. 6, n. 1, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, resa efficace nel nostro ordinamento per mezzo di una legge ordinaria, che il bilanciamento degli interessi in questione sia costituzionalmente riservato al giudice, con il risultato di escludere ogni discrezionalità legislativa circa i dibattimenti da celebrare a porte chiuse (sent. n. 16 del 1981).

Del resto, va rilevato come lo stesso art. 6, n. 1 statuendo che < la sentenza deve essere resa pubblicamente, ma stampa e pubblico possono essere esclusi da tutto il processo o da una parte di esso... quando lo richiedono gli interessi dei minori..., ovvero, nella misura ritenuta strettamente necessaria dal giudice... quando la pubblicità pregiudicherebbe gli interessi della giustizia > non comporti che la deroga in questione debba essere disposta dal giudice anziché dalla legge: non diversamente dall'art. 14, n. 4, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (adottato il 16 dicembre 1966 e ratificato in base alla legge 25 ottobre 1977, n. 881), per cui < la procedura applicabile ai soggetti che la legge penale considera minorenni terrà conto della loro età e dell'interesse che presenta la loro rieducazione >.

4. - Non sussiste neppure la lesione del principio di uguaglianza per diverso trattamento degli imputati minori secondo che siano o meno coimputati con soggetti maggiori di diciotto anni.

La competenza del Tribunale per i minorenni e la speciale disciplina del processo minorile sono dirette al conseguimento di finalità di tutela del minore. Nel caso, invece, che con il minore siano coimputati maggiori degli anni diciotto è operante la competenza del Tribunale ordinario per la necessità di contestuale accertamento e valutazione degli elementi oggettivi e soggettivi dei reati nei confronti di tutti gli imputati, specie con riguardo e in applicazione dei principi di cui agli artt. 110 e seguenti cod. pen., concernenti il concorso di persone nei reati. E dunque si giustifica che la disciplina del processo minorile per il suo speciale Carattere non sia applicabile nei casi suddetti (cfr. sentenza di questa Corte n. 130 del 1963).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 425, comma primo, cod. proc. pen. e 16 r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del Tribunale per i minorenni) proposte dal Tribunale per i Minorenni di Venezia, con ordinanza 23 novembre 1975, in riferimento agli artt. 1, comma secondo, 2, comma primo, 3, Comma primo, e 31, comma secondo, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29/01/81.

Leonetto AMADEI – Giulio  GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 10/02/81.