Sentenza n.181 del 1980
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SENTENZA N.181

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente  

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 169, terzo comma, del codice di procedura penale e dell'art. 7 del r.d. 21 ottobre 1923, n. 2393 (notificazione degli atti giudiziari a mezzo posta), promosso con ordinanza emessa il 15 marzo 1978 dal Pretore di Milano, nel procedimento penale a carico di Macchi Gioselinda, iscritta al n. 333 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 271 del 27 settembre 1978.

Udito nella camera di consiglio del 30 ottobre 1980 il Giudice relatore Alberto Malagugini.

Considerato in diritto

1. - Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale dell'art. 169, terzo comma, del codice di procedura penale e dell'art. 7 r.d. 21 ottobre 1923, n. 2393, ritenendone il combinato disposto in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. Ciò perchè la normativa denunziata consentirebbe che l'avviso, con lettera raccomandata, dell'avvenuta notificazione a mani del portiere, possa essere consegnato anch'esso a mani del portiere, nel qual caso non potrebbe ritenersi soddisfatta l'esigenza a giudizio del Pretore di Milano posta da questa Corte con la sentenza n. 170 del 1976 che l'interessato (imputato non detenuto) abbia conoscenza reale del contenuto dell'atto della cui notificazione si tratta.

La questione non è fondata.

2. - Anzitutto, non si può condividere la prospettazione del giudice a quo, per la parte in cui mostra di ritenere (conformemente alle risultanze processuali) che la notizia della notificazione di un atto avvenuta mediante consegna di copia a mani del portiere della casa di abitazione del destinatario imputato (non detenuto) debba essere data al destinatario stesso a mezzo di lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, da recapitarsi ai sensi del r.d. 21 ottobre 1923, n. 2393, portante norme per la notificazione degli atti giudiziari a mezzo della posta.

Al contrario, dalla dizione testuale dell'art. 169, terzo comma, del codice di procedura penale e dalla stessa lettura datane da questa Corte con la sentenza n.170 del 1976, cui espressamente si richiama il Pretore di Milano (nonché in modo più esplicito, sia pure con riferimento al quinto comma dello stesso art. 169 c.p.p., con la sentenza, n. 77 del 1972) si ricava che, nella fattispecie considerata, è prescritto il ricorso alla lettera raccomandata e non alla lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.

Tanto basta per mettere fuori causa l'art. 7 del r.d. n. 2393 del 1923, anche a prescindere dal rilievo che la norma in esame, integrata con le disposizioni di cui all'art. 174 del regolamento di esecuzione dei titoli I e II del libro I del codice postale e delle telecomunicazioni, approvato con r.d. 18 aprile 1940, n. 689, non consente la consegna del piego raccomandato con ricevuta di ritorno al portiere, eccezion fatta per il < solo caso che esso sia all'esclusivo servizio del destinatario > (articolo 174, terzo comma, r.d. n. 689 del 1940) quando, cioè, viene ricompreso tra le persone addette al servizio del destinatario (di cui al medesimo art. 174, secondo comma, e all'articolo 7 r.d. n. 2393 del 1923).

Vero è che, per quanto riguarda il recapito della corrispondenza e, in particolare, i soggetti abilitati a riceverla, nessuna differenza sostanziale esiste, sul punto, tra la disciplina dettata per il recapito della corrispondenza raccomandata (ordinaria) e quella sopra richiamata per le notificazioni degli atti giudiziari a mezzo del servizio postale.

Infatti, ai sensi dell'art. 37, secondo comma, del r.d. n. 689 del 1940, le corrispondenze raccomandate (ordinarie) possono essere rimesse dal portalettere, oltre che, ovviamente, al destinatario, a persona della sua famiglia e con lui convivente ed ai direttori di alberghi, negozi, stabilimenti, uffici, manifatture e simili ove i destinatari siano alloggiati od addetti. Il portiere, come si vede, non è menzionato.

3. - Tanto premesso, la questione posta dal Pretore di Milano non è fondata, anche a voler ritenere che la raccomandata prevista dall'art. 169, terzo comma, c.p.p. senza o con ricevuta di ritorno possa essere recapitata a mani del portiere.

Il giudice a quo muove, invero, dalla convinzione che la notificazione di un atto, nel processo penale, si debba ritenere perfezionata soltanto quando il destinatario (imputato non detenuto) ne abbia avuto < conoscenza reale >, al quale scopo, nell'ipotesi di cui all'art. 169, terzo comma, c.p.p., dovrebbe servire l'invio della raccomandata ivi prevista, dichiarata da questa Corte (sent. n. 170 del 1976) < elemento integrante e sostanziale > di quel modo di notificazione. Poiché sarebbe consentito e quindi possibile che la raccomandata contenente la notizia dell'avvenuta notificazione a mani del portiere venga recapitata mediante consegna a persona diversa dal destinatario (nella prospettazione del giudice a quo allo stesso portiere) verrebbe a mancare quella conoscenza reale dell'avvenuta notificazione che il Pretore di Milano ritiene indispensabile perchè essa possa considerarsi perfezionata.

L'argomentazione che, se accolta e portata alle sue logiche conseguenze, condurrebbe a cancellare dall'ordinamento tutte le forme di notificazione (ad imputato che non sia nè detenuto ne irreperibile) che non comportino un momento di comunicazione diretta e personale con l'imputato, non è certo desumibile dalla giurisprudenza di questa Corte, che ha sempre considerato rispettose dei principi costituzionali le notificazioni che garantissero al destinatario < la maggior possibilità di conoscenza > del contenuto dell'atto notificato e che ha ritenuto legittima anche < la notifica fondata su presunzione legale > purché risponda < a criteri tali da realizzare il maggior numero possibile di probabilità che si verifichi la conoscenza reale da parte del destinatario >. Ciò perchè scopo della notificazione è quello di < portare il contenuto dell'atto nell'effettiva sfera di conoscibilità dell'interessato > (sent. n. 77 del 1972; n. 170 del 1976).

Con riferimento specifico all'articolo 169, terzo comma (denunciato sotto diverso profilo) questa Corte ebbe altresì a rilevare che la novella del 1955 introduttiva di tale terzo comma volle < raggiungere, a favore dell'interessato, il duplice intento di consentire il controllo del portiere sulla conformità all'originale della copia consegnatagli e di dare al destinatario una maggiore possibilità di conoscenza dell'avvenuta consegna >.

Alla stregua di una tale giurisprudenza e segnatamente della sentenza n. 170 del 1976 di questa Corte, pure richiamata dal giudice a quo, deve ritenersi legittima una forma di notificazione realizzata mediante la consegna di copia a mani del portiere dello stabile e l'invio al destinatario, ad opera dell'ufficiale giudiziario, di lettera raccomandata contenente la notizia dell'avvenuta notificazione. Essa, infatti tenuto anche presente il suo carattere sussidiario rispetto alla notifica a mani dell'interessato o di persona con lui convivente  realizza < il maggior numero di probabilità > che si verifichi la reale conoscenza dell'atto da parte del destinatario. In quest'ottica, le norme di legge e regolamentari e le stesse istruzioni alle quali debbono attenersi gli incaricati del recapito della corrispondenza (che il legislatore e la pubblica amministrazione interessata ben farebbero a coordinare e rivedere per una loro più agevole conoscenza e lettura da parte dei cittadini e degli stessi operatori giudiziari) cui l'art. 169, terzo comma, c.p.p. rinvia, non possono avere rilievo se non nei limiti in cui prevedessero la possibilità di recapito mediante consegna a soggetti diversi da quelli che o per vincolo familiare e di convivenza o per dovere professionale offrono le maggiori probabilità di far pervenire la corrispondenza in questione al destinatario. Ma una tale ipotesi non ha riscontro nella normativa vigente e neppure è stata adombrata dal giudice a quo. 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 169, terzo comma, c.p.p. e dell'art. 7 r.d. 21 ottobre 1923, n. 2393 sollevata dal Pretore di Milano in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost. con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16/12/80.

Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA -  Edoardo  VOLTERRA – Michele  ROSSANO – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto  BUCCIARELLI DUCCI – Alberto  MALAGUGINI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI

Giovanni  VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 22/12/80.