Sentenza 156 del 1980
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SENTENZA N.156

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge 29 aprile 1976, n. 177 (Collegamento delle pensioni del settore pubblico alla dinamica delle retribuzioni. Miglioramenti del trattamento di quiescenza del personale statale e degli iscritti alla casse pensioni degli istituti di previdenza) promosso con ordinanza emessa il 6 ottobre 1976 dalla Corte dei conti Sez. III giurisdizionale, sul ricorso proposto da Salvetti Armando contro l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, iscritta al n. 284 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 250 del 6 settembre 1978.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Udito nell'udienza pubblica del 12 novembre 1980 il Giudice relatore Edoardo Volterra;

udito l'avvocato dello Stato Pietro Francioli, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - L'ordinanza in epigrafe promuove questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge 29 aprile 1976, n. 177 in riferimento all'art. 3 della Costituzione, in quanto nei confronti dei dipendenti statali cessati dal servizio anteriormente al 1° gennaio 1976 si sarebbe verificata una disparità di trattamento a seconda se la cessazione dal servizio fosse avvenuta prima o dopo la concessione dell'assegno perequativo o indennità analoghe spettante ai pubblici dipendenti in virtù delle leggi 15 novembre 1973, n.734 e 16 febbraio 1974, n. 57. Soltanto coloro che di tali assegni avessero beneficiato in servizio ne beneficerebbero agli effetti pensionistici. Ciò contrasterebbe con l'indirizzo seguito dal legislatore in sede di riliquidazione del trattamento di quiescenza diretto a porre tutti i pensionati nella stessa posizione giuridica ed economica indipendentemente dalle diverse date di cessazione dal servizio. Questo contrasto non si giustificherebbe né con la necessità di bilancio né con esigenze tecniche per la attuazione dell'adeguamento.

2. - La questione non è fondata.

Come si ricava dai lavori preparatori, con la legge 29 aprile 1976, n. 177 si intese introdurre nel settore del pubblico impiego il principio della perequazione automatica delle pensioni, collegando le stesse alla dinamica delle retribuzioni, e migliorare il trattamento di quiescenza sia del personale statale sia degli iscritti alla Cassa pensioni degli istituti di previdenza. T1 legislatore, comunque, nel perseguire con la necessaria gradualità questo obbiettivo non intese discostarsi dall'indirizzo recepito dal 1949, secondo cui la liquidazione del trattamento di quiescenza viene effettuata sulla scorta del l'ultimo stipendio, paga o retribuzione integralmente precetta dal pensionato e degli assegni pensionabili spettanti all'atto del collocamento a riposo.

Impropriamente quindi il giudice a quo si richiama ai precedenti normativi in tema di riliquidazione delle pensioni che pongono tutti i pensionati nella medesima posizione economico-giuridica, indipendentemente dalla data di cessazione dal servizio (Legge 8 aprile 1952, n. 212; d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 20; Legge 11 luglio 1956, n. 734; Legge 11 giugno 1959, n. 353; Legge 18 marzo 1968, n. 249; d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1031; d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748). Nella specie infatti non si verte in tema di riliquidazione, bensì, come è fatto palese oltre che dai richiamati lavori preparatori, anche dal titolo della legge e dal testo degli artt. 1, 3 e 12, in tema di perequazione tra pensione e retribuzioni, perequazione che peraltro mantiene fermo il trattamento base di quiescenza spettante al dipendente collocato a riposo.

D'altro canto, in sede di miglioramento del trattamento pensionistico e per evidenti intenti equitativi, il legislatore proprio con il denunziato art. 8 ha apportato un correttivo che privilegia quanti non avevano beneficiato dell'assegno perequativo durante l'attività di servizio.

3. - Questa normativa, che non si discosta dal sistema attualmente in vigore, non appare dunque inficiata da arbitrarietà, ma è frutto di quella discrezionalità del legislatore nella materia in esame, più volte ribadita da questa Corte e da ultimo nelle sentenze n. 57 del 1973 e 26 del 1980.

Talché, mentre anche in questa sede si rinnova l'auspicio di una riorganizzazione dell'intero settore per raggiungere una proporzionalità ed una adeguatezza ottimale tra pensioni e stipendi (come posto in evidenza da ultimo nella citata sentenza n. 26 del 1980), non può dirsi violato il principio di eguaglianza Consacrato nell'art. 3 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge 29 aprile 1976, n. 177 sollevata nell'ordinanza in epigrafe in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27/11/80.

Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA -  Edoardo  VOLTERRA – Michele  ROSSANO – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto  BUCCIARELLI DUCCI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI – Giuseppe FERRARI

Giovanni  VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 15/12/80.