Sentenza n.135 del 1980
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SENTENZA N.135

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 155, comma terzo, del codice civile promosso con ordinanza emessa il 21 dicembre 1976 dal Tribunale per i minorenni di Ancona, sul ricorso proposto da Silvestrini Daniela in Moroder, iscritta al n. 62 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 100 del 13 aprile 1977.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 30 gennaio 1980 il Giudice relatore Livio Paladin;

udito l'avvocato dello Stato Renato Carafa per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - L'ordinanza di rimessione procede, ritenendole pacifiche, da alcune premesse di carattere interpretativo, concernenti la disposizione impugnata.

In primo luogo, cioè, il tribunale per i minorenni di Ancona vi assume che il suo giudizio riguardi una di quelle < decisioni di maggiore interesse per i figli >, cui si riferisce l'art. 155 terzo comma del codice civile. In secondo luogo, il giudice a quo sostiene che la norma stessa là dove stabilisce, genericamente, che < il coniuge cui i figli non siano affidati... può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse > abbia senz'altro di mira il tribunale ordinario: secondo la regola fissata dal capoverso dell'art. 38 disp. att. cod. civ., che dovrebbe applicarsi anche al caso in esame, dal momento che l'art. 155 non rientra fra le disposizioni elencate nell'art. 38 primo comma, per determinare i provvedimenti spettanti al tribunale per i minorenni.

Precisamente in tal senso, non prevedendo < la competenza del Tribunale per i minorenni in ordine alle questioni vertenti sulle decisioni di maggiore interesse per la prole > (come si legge nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione), l'art. 155 terzo comma violerebbe il principio del giudice naturale e verrebbe comunque a discriminare i coniugi separati da quelli non separati, relativamente ai rimedi processuali esperibili per tutelare i primari interessi dei figli.

2. - Stando alla stessa impostazione del giudice a quo, che la Corte ritiene di prendere a base della sua pronuncia, la questione deve però considerarsi non fondata.

Anzitutto, non regge la tesi che l'art. 155 terzo comma cod. civ. contrasti con l'art. 25 primo comma Cost., sottraendo al tribunale per i minorenni senza adeguate ragioni giustificative una competenza che dovrebbe spettargli come giudice naturalmente più idoneo ad affrontare determinati ordini di controversie: nella specie, quelle concernenti < le decisioni di maggiore interesse per i figli > di coniugi separati. Questa Corte ha bensì ritenuto (si veda fra le altre, la sentenza n. 274 del 1974) che < la nozione di giudice naturale non si cristallizza nella determinazione legislativa di una competenza generale, ma si forma anche di tutte quelle disposizioni, le quali derogano a tale competenza sulla base di criteri che razionalmente valutino i disparati interessi in gioco nel processo >. Nel caso in esame, tuttavia, non sussiste alcuna deroga propriamente intesa, della quale la Corte debba verificare la razionalità. Se infatti si considerano i criteri di determinazione delle competenze in sede giurisdizionale, le funzioni eventualmente riservate al tribunale ordinario, in applicazione della norma impugnata, non sono di natura eccezionale e neppure speciale; ma fanno parte di una competenza generale, prevista nell'ambito della stessa giurisdizione alla quale appartengono i tribunali per i minorenni, senza dunque violare in nessun modo il principio del giudice naturale.

Del resto, anche se si guarda ai tipi di interessi da tutelare, il riparto fra la competenza del tribunale per i minorenni e quella del tribunale ordinario non può non ricadere nell'ambito della discrezionalità legislativa: dal momento che in tal campo interferiscono interessi diversi, facenti capo ai genitori separati, oltre che ai figli di essi. Non a caso, è al tribunale ordinario che spetta pronunziandosi sulla separazione, in base all'art. 155 primo comma cod. civ. dichiarare a quale dei coniugi i figli sono affidati e adottare < ogni altro provvedimento relativo alla prole >, sebbene il legislatore abbia statuito che il giudice deve decidere in quest'ultimo senso < con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale > della prole stessa.

Meno ancora è poi sostenibile che l'eventuale competenza del tribunale ordinario, circa le < decisioni di maggiore interesse per i figli > dei coniugi separati, determinerebbe un'arbitraria disparità di trattamento rispetto alla competenza propria del tribunale per i minorenni ex art. 316 terzo comma cod. civ.  < in caso di contrasto su questioni di particolare importanza > fra coniugi non separati. Il complessivo regime della separazione coniugale è troppo peculiare, perchè sul piano costituzionale si possa esigerne l'equiparazione a quello dei coniugi non separati, sia pure ai soli effetti dell'art. 155 terzo comma cod. civ. Ciò che più conta, l'azione e la difesa delle parti non sarebbero certo pregiudicate dal fatto di dover adire il tribunale ordinario. quanto alle controversie riguardanti i figli che insorgano dopo la sentenza di separazione, fino al punto di desumerne una violazione del principio di eguaglianza.

3. - Ne segue che le rispettive potestà del tribunale ordinario e del tribunale per i minorenni non danno luogo a censure di legittimità costituzionale, nei termini indicati dal giudice a quo, ma determinano invece per un verso problemi di politica legislativa, cui si ricollegano per un altro verso difficoltà superabili in via interpretativa delle norme vigenti.

Sotto quest'ultimo aspetto, va ricordato che l'interpretazione della norma impugnata, dalla quale muove l'ordinanza di rinvio, non è affatto pacifica ed anzi contrasta con varie recenti pronunce della Corte di cassazione, per quanto adottate con specifico riguardo all'ottavo piuttosto che al terzo comma dell'art. 155 cod. civ. (cioè per individuare il giudice competente in tema di < revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli, la attribuzione dell'esercizio della potestà su di essi e le disposizioni relative alla misura e alle modalità del contributo >). Se non altro in linea di massima, prendendo in considerazione l'affidamento dei figli e le potestà dei genitori, quella Corte ha infatti affermato al di là della lettera e degli stessi lavori preparatori dell'art. 38 disp. att. cod. civ. l'esigenza di un'interpretazione sistematica che affidi al tribunale per i minorenni l'adozione dei relativi provvedimenti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 155 terzo comma del codice civile, sollevata dal tribunale per i minorenni di Ancona, in riferimento agli artt. 3 primo comma e 25 primo comma della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale Palazzo della Consulta, il 18/07/80.

Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA -  Edoardo  VOLTERRA – Guido  ASTUTI – Michele  ROSSANO – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto  MALAGUGINI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Virgilio  ANDRIOLI

Giovanni  VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 30/07/80.