Sentenza n.64 del 1980
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SENTENZA N.64

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente  

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 421, quarto comma, cod. proc. civ., modificato dalla legge 11 agosto 1973, n. 533, promosso con ordinanza, emessa il 20 gennaio 1976 dal Pretore di Torino, nel procedimento civile vertente tra Marmo Dante ed altri e la Soc.p.az. Michelin Italiana, iscritta al n. 179 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 99 del 14 aprile 1976.

Visto l'atto di costituzione della Soc.p.az. Michelin Italiana, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 13 febbraio 1980 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;

uditi l'avv. Cristoforo Barberio Corsetti per la società Michelin Italiana e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Secondo il Pretore di Torino non solo < il concreto esperimento dell'interrogatorio libero non ha fornito elementi sufficienti per una decisione >, né il giuramento suppletorio era nella specie utilizzabile, ma < i ricorrenti non possono contare che sulle deposizioni dei compagni di lavoro. Poiché quelli che non hanno sottoscritto i ricorsi, si sono fatti firmatari di una dichiarazione a sostegno dell'azienda convenuta, ne consegue che l'esclusione dalle liste testimoniali di coloro che sono parti nelle cause connesse e riunite, comporta necessariamente il venir meno di ogni possibilità di provare i fatti a fondamento delle domande. Né la situazione muta in relazione al fatto che 2 dei 32 testi di parte attrice non siano in causa ed uno abbia rinunciato alla domanda. L'esiguità del numero è tale da non modificare sostanzialmente la posizione difensiva nel suo complesso >.

Sebbene non tutte le argomentazioni, di cui è tessuto l'apprezzamento di rilevanza condotto dal Pretore, siano da condividersi, il giudizio, preso nel suo complesso, è sufficiente ad aprire la via alla valutazione sulla fondatezza della proposta questione.

Il giudice a quo accusa i conditores del testo novellato dell'art. 421, comma quarto, c.p.c. di aver trascurato la eventualità, divenuta attuale a seguito della novellazione dell'articolo 151 disp. att. cod. proc. civ., di escutere sotto giuramento quei terzi che per effetto della riunione dei giudizi facoltativa nel rito ordinario sono divenuti parti, ma che non per questo hanno cessato di essere titolari di un mero interesse di fatto alla definizione dei processi paralleli riuniti. Pertanto, oggetto della censura è non l'art. 151 disp.att. cod. proc. civ., il quale non provoca la riunione di cause connesse per identità di questioni sol quando la riunione renda troppo gravoso o comunque ritardi eccessivamente il processo, ma l'art. 421, comma quarto, il quale, in ossequio alla direttiva intesa dal legislatore del 1973 ad arricchire le fonti del prudente apprezzamento del giudice, consente di interrogare liberamente persone pur incapaci a testimoniare a sensi dell'articolo 246.

Sennonché l'interpretazione dell'art. 421, comma quarto, posta dal Pretore, in combinazione con l'art. 246, a base della censura d'incostituzionalità della prima delle or menzionate norme, contrasta con il significato attribuitole dalla giurisprudenza ordinaria con riferimento a pretese, azionate in controversie di lavoro connesse sol per identità di questioni (e non di petitum o di causa petendi), che non attribuisce la qualità di parte in senso sostanziale e non ne inferisce la incapacità a testimoniare a persone titolari di pretese in tal guisa connesse.

La Corte fa proprio siffatto orientamento e, pertanto, ritiene non fondata la questione di legittimità dell'art. 421, comma quarto, interpretato nel senso che la riunione di controversie in materia di lavoro (e di previdenza e di assistenza) connesse disposta soltanto per identità delle questioni non priva le persone, che rivestano la qualità di parte in alcuna di esse e siano ad un tempo indotte come testi in altre, della capacità a testimoniare sotto vincolo di giuramento.

Non rientra nel magistero di questa Corte scrutinare in qual modo il prudente apprezzamento del giudice del lavoro si applichi alle deposizioni sotto vincolo di giuramento di coloro che siano stati sottoposti all'interrogatorio libero di parte, previsto nell'art. 420, comma primo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata ai sensi di cui in motivazione la questione di legittimità, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. con la ordinanza 20 gennaio 1976 dal Pretore di Torino, dell'art. 421, comma quarto, cod. proc. civ.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16/04/80.

Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo  VOLTERRA – Guido  ASTUTI – Michele  ROSSANO – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto  BUCCIARELLI DUCCI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI

Giovanni  VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 22/04/80.