Sentenza n.47 del 1980
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SENTENZA N.47

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10, n. 1, della legge 23 maggio 1950, n. 253 (proroga delle locazioni di immobili urbani) promosso con ordinanza emessa l'll maggio 1977 dal Pretore di Ancona, nel procedimento civile vertente tra Ancidei Pio ed altri, e Alessandrelli Giancarlo, iscritta al n. 341 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 258 del 21 settembre 1977.

Visti l'atto di costituzione di Ancidei Pio ed altri e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 novembre 1979 il Giudice relatore Arnaldo Maccarone;

udito l'avvocato dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri. 

Considerato in diritto

L'art. 10, n. 1, della legge 23 maggio 1950, n. 253, dispone che il locatore di immobile urbano può far cessare la proroga legale del contratto di locazione quando l'immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba d'urgenza essere assicurata la stabilita, e la permanenza del conduttore impedisca di compiere gli indispensabili lavori.

A norma degli artt. 1575, n. 2, 1576, 1577, 1583 e 1584 c.c. il locatore di immobile urbano, in regime di libertà contrattuale, è obbligato a provvedere all'esecuzione delle < riparazioni necessarie per mantenere l'immobile stesso in stato di servire all'uso convenuto > con la sola sospensione del rapporto locativo durante il tempo necessario per l'effettuazione delle riparazioni suddette, alle condizioni e nei termini previsti in particolare dall'art. 1584 c.c.

Sostanzialmente, quindi, nel caso di locazioni di immobili urbani soggetti a proroga, la necessità di eseguire i lavori sopra specificati determina la facoltà del locatore di ottenere la cessazione del rapporto di locazione, ancorché vincolato, mentre nel caso in cui si rendano necessari i lavori previsti dalle citate norme del codice civile, che indubbiamente comprendono interventi della stessa specie indicata dalla norma impugnata, il contratto liberamente stipulato seguita ad avere vigore, sia pure con i temperamenti previsti nei casi particolari indicati dall'art. 1584 c.c. per quanto riguarda la temporanea riduzione dell'ammontare del corrispettivo e la facoltà eccezionale di recesso del conduttore nel caso di assoluta inabitabilità dell'immobile connessa all'esecuzione dei lavori.

Questa situazione, secondo il giudice a quo, concreterebbe una discriminazione a danno dei conduttori in regime vincolistico, poiché li priverebbe del beneficio della proroga legale per il verificarsi di circostanze che, invece, in regime di libertà contrattuale non vengono reputate idonee a provocare lo scioglimento del rapporto.

Tali considerazioni, come è evidente, presuppongono una omogeneità fra le situazioni raffrontate che, invece, deve essere esclusa.

Se infatti è vero che, nei casi sopra descritti, la situazione di fatto appare omogenea nel caso che, nell'ipotesi prevista dalla legge speciale impugnata, trattasi dell'esecuzione di lavori indubbiamente raffrontabili con quelli indicati dalle citate norme del codice civile, è anche vero che la situazione giuridica nella quale gli interventi in esame si inseriscono è sostanzialmente diversa.

Mentre nelle locazioni in regime pattizio, tra le obbligazioni principali del locatore vi è quella di mantenere i locali nello stato di servire all'uso convenuto, è opinione concorde della dottrina e della giurisprudenza che, in regime vincolistico, il locatore non è invece tenuto in linea di massima, e salvo la osservanza dell'art. 2053 c.c., ad eseguire direttamente le opere di manutenzione, che possono essere effettuate dal conduttore salvo rivalsa sul canone dovuto. E ciò in quanto il legislatore ha voluto alleggerire l'onere che il locatore subisce per effetto del vincolo, il quale comporta una limitazione notevole del diritto di proprietà dell'immobile.

Il rapporto fra locatore e conduttore, per quanto riguarda il ripristino dell'immobile, e, pertanto, diverso nelle due situazioni comparate.

E tale differenza giustifica la scelta operata dal legislatore del 1950, tanto più che nell'ipotesi considerata non si tratta della riparazione del solo alloggio locato ma della ricostruzione o del consolidamento dell'intero edificio, gravemente danneggiato, nel quale l'alloggio stesso è compreso;

razionalmente dunque si è ritenuto che l'utilità sociale derivante dall'esecuzione delle opere anzidette prevalesse sull'interesse alla conservazione della proroga legale.

Né d'altra parte può condividersi la considerazione espressa nell'ordinanza di rinvio, secondo la quale la volontarietà della esecuzione dei lavori da parte del locatore toglierebbe ogni giustificazione alla censurata diversità di disciplina. Invero, come si è detto, la normativa in esame risponde ad una valutazione obbiettiva degli interessi contrapposti, in relazione alla quale l'elemento soggettivo cui si richiama l'ordinanza non può ovviamente assumere nessun sensibile rilievo; va, d'altra parte, considerato che l'iniziativa del locatore è determinata dalla urgenza di assicurare la stabilità dell'immobile.

Come è noto, seconda la costante giurisprudenza di questa Corte, la valutazione della diversità delle situazioni in cui si trovano i soggetti dei rapporti da disciplinare non può non essere riservata al potere discrezionale del legislatore, salvo l'osservanza dei limiti stabiliti dal primo comma dell'art. 3 Cost. e semprechè la scelta corrisponda a criteri di razionalità.

Poiché, come si è detto, tali limiti e condizioni risultano pienamente osservati nella specie, deve escludersi che la disciplina impugnata contrasti con l'invocato precetto costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, n. l, della legge 23 maggio 1950, n. 253, recante disposizioni per le locazioni e sublocazioni degli immobili urbani, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., con l'ordinanza indicata in epigrafe. 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 02/04/80.

Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo  VOLTERRA – Guido  ASTUTI – Michele  ROSSANO – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto  BUCCIARELLI DUCCI – Alberto  MALAGUGINI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI

Giovanni  VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 14/04/80.