Sentenza n. 118 del 1979
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SENTENZA N. 118

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Avv. Leonetto AMADEI , Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 512, n. 2, cod. proc. pen., promosso con ordinanza emessa il 28 ottobre 1976 dal tribunale di Camerino, nel procedimento penale a carico di Massimi Vittorio ed altro, iscritta al n. 749 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31 del 2 febbraio 1977.

Udito nella camera di consiglio del 4 maggio 1979 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza 28 ottobre 1976 il tribunale di Camerino ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 512, n. 2, c.p.p., nella parte in cui tale articolo non prevede l'appellabilità, da parte dell'imputato, della sentenza di proscioglimento per mancanza di querela, qualora a carico dell'imputato stesso sia stata accertata, con la sentenza medesima, la materiale sussistenza del fatto costituente reato e perseguibile soltanto a querela.

Ha esposto nell'ordinanza che, con sentenza del 16 aprile 1976, il pretore di Camerino ebbe a prosciogliere, per mancanza di querela, Massimi Vittorio e Giordano Antonio - imputati di minaccia grave nei confronti di un capitano dei carabinieri - dopo avere esclusa l'aggravante del capoverso dell'art. 612 C.P. e ritenuto che i fatti accertati integravano gli estremi dei reati di minaccia semplice e diffamazione, perseguibili a querela di parte e non d'ufficio. Contro tale sentenza gli imputati, che avevano sempre negato ogni addebito, interposero appello ma - ha osservato il tribunale - tale appello, alla stregua del disposto dell'art. 512, C.P.P., é da ritenersi inammissibile.

Ciò premesso, nell'ordinanza di rimessione si osserva che il pretore ebbe a prosciogliere gl'imputati per difetto di querela, dopo avere accertato, a loro carico, la materiale sussistenza del fatto-reato, accertamento questo che, avendo ad oggetto "fatti materiali", fa stato erga omnes ed in qualunque sede.

Ne consegue, secondo il tribunale di Camerino, che la mancata previsione, da parte dell'art. 512 c.p.p., della appellabilità della sentenza pretorile di proscioglimento per difetto di querela, si risolve in una grave menomazione del diritto di difesa che, a norma dell'art. 24 della Costituzione, non può subire limitazioni.

Essa, inoltre - si osserva nell'ordinanza - si risolve anche in una disparità di trattamento in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, giacché l'art. 512, mentre non consente l'appello avverso la sentenza di proscioglimento per difetto di querela, ammette invece l'appello avverso la sentenza di proscioglimento per insufficienza di prove, la quale é meno gravosa per l'imputato della sentenza di proscioglimento per mancanza di querela, ove il giudice pronunci sentenza di proscioglimento con tale formula dopo avere accertato la materiale sussistenza del fatto-reato a carico del prosciolto.

Nel giudizio dinanzi a questa Corte nessuna parte si é costituita.

Considerato in diritto

1. - La Corte é chiamata a decidere se l'art. 512, n. 2, c.p.p. - nella parte in cui non consente all'imputato di appellare dalla sentenza di proscioglimento per mancanza di querela, qualora a suo carico sia accertata, con la sentenza stessa, la sussistenza di un fatto materiale costituente reato perseguibile a querela - sia in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione per violazione del diritto di difesa che ne deriverebbe all'imputato e la disparità di trattamento rispetto agl'imputati assolti per insufficienza di prove.

La questione non é fondata.

2. - In realtà la questione stessa é diversa da quelle esaminate da questa Corte nelle decisioni n. 73 del 1978, n. 70 del 1975 e n. 72 del 1979, aventi per oggetto l'esclusione del diritto dell'imputato di appellare dalle sentenze di proscioglimento per amnistia o per prescrizione, emesse previo accertamento della sussistenza del fatto-reato e della responsabilità dell'imputato, con pronuncia di estinzione del reato in conseguenza del riconoscimento di circostanze attenuanti e, eventualmente, di giudizio di prevalenza sulle circostanze aggravanti contestategli.

Invero, caratteristica delle predette sentenze, come già rilevato da questa Corte nelle decisioni sopra indicate, é quella di contenere accertamenti a carico dell'imputato, per lui pregiudizievoli, che fanno stato in altri giudizi o consentono il prodursi di effetti per lui negativi, dato il carattere di pronunce di merito, rese in dibattimento, proprio delle sentenze in questione.

Viceversa le sentenze di proscioglimento per mancanza di querela, producono effetti meramente processuali, tanto che ai sensi dell'art. 17 c.p.p., ancorché siano divenute irrevocabili, non impediscono l'esercizio dell'azione penale contro la stessa persona, ove la querela sia proposta successivamente ed in termini.

Inoltre, gli eventuali accertamenti di fatti materiali in esse contenuti hanno carattere incidentale e non costituiscono l'oggetto immediato e diretto del procedimento penale cosicché - secondo le affermazioni della dottrina in materia - non possono acquistare efficacia di giudicato in altri giudizi civili o amministrativi.

Ne deriva che, non potendo le sentenze di proscioglimento per mancanza di querela produrre effetti pregiudizievoli per l'imputato, la mancata previsione di un giudizio di appello contro di esse (nel quale, comunque, per la mancanza della querela non potrebbero essere compiuti accertamenti di merito) non può determinare lesione del diritto di difesa o del principio di uguaglianza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 512, n. 2, codice procedura penale, sollevata con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 ottobre 1 979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO – Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 10 ottobre 1979.