Ordinanza n. 108 del 1979
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ORDINANZA N. 108

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Avv. Leonetto AMADEI , Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge 15 luglio 1966, n. 604, in relazione all'art. 9 r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, modificato dall'art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218 (limite di età pensionabile per le lavoratrici) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa l'11 dicembre 1974 dal pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Laurenti Renata e la Compagnia Tirrena di capitalizzazioni e assicurazioni, iscritta al n. 263 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 202 del 30 luglio 1975;

2) ordinanza emessa il 9 maggio 1978 dal pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Forner Piacente Giuseppina e la Revlon s.p.a., iscritta al n. 478 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3 del 3 gennaio 1979.

Visti gli atti di costituzione di Laurenti Renata, della s.p.a. Revlon, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 27 giugno 1979 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;

uditi l'avv. Fulvio Comito per la Revlon, e il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Angelini Rota per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che vengono all'esame della Corte due procedimenti.

1. - Con atto di citazione, notificato il 30 ottobre 1973, Laurenti Renata convenne la Compagnia Tirrena di capitalizzazioni e assicurazioni avanti il pretore di Roma per sentire dichiarare che al suo rapporto di lavoro erano applicabili l'articolo 34 del contratto collettivo aziendale 1 gennaio 1948, che le assicurava la stabilità sino al 60 anno di età, e, comunque, le disposizioni di legge (leggi 604/1966; 300/1970) che garantiscono la stabilità del posto di lavoro, e disporsi la sua riassunzione; a sostegno del secondo profilo della domanda principale denunciava la incostituzionalità dell'art. 11, comma primo, legge 604/1966 in relazione all'art. 9, comma primo, r.d.l. 636/1939, e in riferimento agli artt. 3 e 37 della Costituzione.

Malgrado le obiezioni della convenuta, l'adito pretore, con ordinanza 11 dicembre 1974, resa sotto il governo della sopravvenuta legge 533/1973, regolarmente comunicata e notificata, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, n. 202 del 30 luglio 1975 (n. 263 Reg. ord. 1975), ha ritenuto non manifestamente infondata la prospettata questione di costituzionalità ponendo in chiaro che oggetto della questione erano non le norme separatamente considerate, ma il loro combinato disposto, che priva le lavoratrici, ove il datore di lavoro intenda recedere dal rapporto, della garanzia di stabilità obbligatoria o reale, rispettivamente prevista dagli artt. 8 legge 604/1966 e 18 legge 300/1970, cinque anni prima dell'uomo. Né tale discriminazione - proseguiva il pretore - trova spiegazione diversa dal sesso dappoiché lavoratori e lavoratrici, che siano privi dei presupposti del diritto alla pensione di vecchiaia, perdono (rectius perdevano), allo scadere del 75 anno, il diritto alla stabilità.

Avanti la Corte si é costituita, ma tardivamente, la sola Laurenti con atto 30 maggio 1975, in cui ha illustrato le ragioni esposte dal pretore; ragioni, riprese nella memoria 15 giugno 1979, presentata fuori termine, in cui ha tratto argomento dalla legge 903/1977.

É intervenuta la Presidenza del Consiglio dei ministri con atto 22 aprile 1975, in cui ha richiamato le precedenti sentenze della Corte concludendo per la declaratoria d'infondatezza della prospettata questione; conclusioni in aggiunta alle quali, nel corso della pubblica udienza del 27 giugno 1979, nella quale il Giudice Andrioli ha svolto la relazione, ha chiesto restituirsi gli atti al pretore onde questi valuti l'incidenza della sopravvenuta legge 903/1977.

2. - Provvedendo nella controversia, promossa, con ricorso depositato il 21 luglio 1977, da Forner Piacente Giuseppina, per conseguire la statuizione di nullità del licenziamento intimatole dalla datrice di lavoro, s.p.a. Revlon, per il raggiungimento dell'età pensionabile e il risarcimento dei danni, il pretore di Roma, con ordinanza 9 maggio 1978 (ritualmente notificata e comunicata, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, n. 3 del 3 gennaio 1979; n. 478 Reg. ord. 1978), ha ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3,4 e 37 Cost., la questione di legittimità dell'art. 11 legge 604/1966, nella parte in cui, stabilendo, in relazione all'art. 9 r.d.l. 636/1939 (modificato dalla legge 218/1952), che le disposizioni della legge predetta non si applicano ai lavoratori che siano in possesso dei requisiti di legge per aver diritto alla pensione di vecchiaia, assicura la stabilità del posto rapporto di lavoro alla donna lavoratrice solo fino al 55 e non al 60 anno d'età. In aggiunta alle ragioni, esposte in ordinanze di altri giudici, assumeva a prova della scarsa "attualità" delle ragioni, recepite nella sentenza 123/1969 della Corte, la introduzione, nell'ordinamento positivo, della legge 903/1977.

Avanti la Corte si é costituita soltanto la Revlon con atto 22 gennaio 1979, in cui rileva che la differenza di trattamento tra uomo e donna non é meno funzionale alla correlazione - tra stabilità del posto di lavoro e non ancora intervenuta maturazione del trattamento pensionistico - della differenza tra lavoratori aventi diritto a pensione e lavoratori meno anziani; difende la validità scientifica della più precoce usura della donna e, comunque, la reputa sufficiente a giustificarne la diversa disciplina normativa; sottolinea la diversità di età di collocamento a riposo dei salariati di Stato, a seconda che si tratti di uomini o donne; che infine l'art. 11 sia contrario all'attuale coscienza sociale non basterebbe a sancirne l'incostituzionalità perché il legislatore provvede gradatamente ad adeguare l'ordinamento positivo alla coscienza dei più, laddove la dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 11 inciderebbe su di una moltitudine di rapporti, disciplinati da norme, la cui legittimità é stata ritenuta dalla Corte.

Nella memoria 13 giugno 1979 la Revlon richiama la sentenza 23 maggio 1978 n. 2574 della Cassazione per inferirne che anche la legge 903/1977, con fare alla donna lavoratrice un trattamento meno favorevole, sarebbe anch'essa inficiata d'illegittimità, e la sentenza 15 giugno 1978, resa in causa 149/77, dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee per ribadire la gradualità delle provvidenze a favore della donna.

Argomentazioni e conclusioni ribadite nel corso della pubblica udienza del 27 giugno 1979, nella quale il Giudice Andrioli ha svolto la relazione.

Non ha spiegato intervento la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Considerato che i due procedimenti, originati da due ordinanze rese dallo stesso ufficio giudiziario, hanno per oggetto questione di legittimità costituzionale unica malgrado la diversità delle formulazioni, né il provvedimento di riunione che questa Corte va ad adottare riesce meno opportuno perché con la ordinanza di più fresca data il pretore di Roma ha assunto a parametro di costituzionalità anche l'art. 4 della Costituzione.

Peraltro non può la Corte procedere a giudizio sulla fondatezza della proposta questione perché il giudice a quo in ambo gli incontri non ha avvertito che nel quadro delineato nell'articolo 11 la stabilità del rapporto di lavoro sino all'acquisizione dei requisiti per il pensionamento é subordinata all'impiego, da parte del datore di lavoro, di più di trentacinque dipendenti e che, sol se tale presupposto consti, la questione di costituzionalità dell'art. 11 in relazione con l'art. 9 r.d.l. 636/1939 assume rilevanza ai fini della decisione del merito delle controversie, sin troppo evidente essendo che, se il livello dei più di trentacinque dipendenti non é raggiunto, viene meno la stabilità e riacquista imperio il recesso ad nutum del datore di lavoro.

Né la lacuna delle due ordinanze potrebbe essere colmata con ipotizzare la notorietà, da parte di questa Corte, della consistenza quantitativa delle forze di lavoro delle imprese resistenti perché la notorietà, pur se in effetti sussista, vale a rendere superflue le prove ritualmente prodotte, non già il giudizio di rilevanza del giudice a quo, che é sotto ogni aspetto mancato. Si aggiunga che nel provvedimento di rimessione anteriore nel tempo il pretore di Roma non si é fatto neppure carico di verificare se la clausola di contratto collettivo aziendale, invocata dalla Laurenti, fosse in sé idonea ad assicurare alla lavoratrice la stabilità del posto di lavoro sino al 60 anno, indipendentemente e prima della prospettazione del dubbio d'incostituzionalità delle norme impugnate.

Ad evitare ulteriore restituzione di atti al giudice a quo converrà che il pretore si ponga e, in assoluta libertà di apprezzamento, sciolga il dubbio sul se, anche ai fini dell'applicabilità o meno dell'art. 11, siasi e in qual misura soprapposto all'art. 11 stesso l'art. 35 legge 300/1970.

Infine, non é inopportuno che il pretore, una volta constatata la rilevanza della questione di costituzionalità, controlli l'incidenza sulla risoluzione della stessa dell'art. 4 legge 903/1977, e ciò in riferimento non tanto al primo comma, quanto al secondo comma della disposizione che consente alle donne ultracinquantacinquenni, che la entrata in vigore della legge, avvenuta il 18 dicembre 1977, abbia sorpreso in attività lavorativa, di optare per il mantenimento in servizio sino al 60 anno.

L'una e l'altra lavoratrice sono state licenziate allo scoccare del 55 anno di età e in tempo anteriore all'entrata in vigore della legge, ma hanno fatto valere il diritto al lavoro in giudizi pendenti al 17 dicembre 1978 talché la loro condizione merita di essere considerata - sempre con assoluta libertà di apprezzamento - alla stregua di ben noti principi del processo civile dal giudice a quo, il quale, rispondendo al dubbio sollevato da uno dei datori di lavoro, potrà delibare la validità del sospetto d'incostituzionalità dell'art. 4; validità che il difetto di giudizio di rilevanza non consente a questa Corte di accertare.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i due procedimenti;

ordina la restituzione degli atti al pretore di Roma, che ha sollevato la questione di costituzionalità delle disposizioni, indicate nelle ordinanze 11 dicembre 1974 e 9 maggio 1978.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1979.

Depositata in cancelleria l'1 agosto 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI.

Giovanni VITALE - Cancelliere