Sentenza n. 100 del 1979
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SENTENZA N. 100

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Avv. Leonetto AMADEI , Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 11, 16, 17 e 18 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035 (Norme per l'assegnazione e la revoca nonché per la determinazione e la revisione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanze emesse il 1 e il 15 marzo 1975 dal Pretore di Castelnuovo Garfagnana nei procedimenti civili vertenti tra Bonini Maria Barbera, Ferrentino Guglielmo ed altri e l'Istituto Autonomo case popolari di Lucca, iscritte ai nn. 178 e 179 del registro ordinanze 1975 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 166 e 174 del 25 giugno e 2 luglio 1975;

2) ordinanza emessa il 4 giugno 1975 dal Pretore di Carrara nel procedimento civile vertente tra Mazzola Vincenzo e l'Istituto Autonomo case popolari di Massa Carrara, iscritta al n. 426 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 306 del 19 novembre 1975;

3) ordinanza emessa il 20 ottobre 1976 dal Pretore di Massa Marittima nel procedimento civile vertente tra Tusa Tommaso e l'Istituto Autonomo case popolari di Grosseto, iscritta al n. 29 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 66 del 9 marzo 1977;

4) ordinanza emessa il 4 marzo 1977 dal Pretore di Grosseto nel procedimento civile vertente tra Spanò Giuseppe e l'Istituto Autonomo case popolari della provincia di Grosseto, iscritta al n. 170 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 141 del 25 maggio 1977;

5) ordinanza emessa il 21 novembre 1977 dal Pretore di Potenza nel procedimento civile vertente tra Paolino Donato e l'Istituto Autonomo case popolari di Potenza, iscritta al n. 116 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 128 del 10 maggio 1978;

6) ordinanza emessa il 13 giugno 1978 dal Pretore di Trivento nel procedimento civile vertente tra Epifanio Giuseppe e l'Istituto Autonomo case popolari di Campobasso, iscritta al n. 531 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24 del 24 gennaio 1979;

7) ordinanze emesse il 19 maggio e 30 ottobre 1978 dal Pretore di Brescia nei procedimenti civili vertenti tra De Giosa Ferdinando, Mattesich Natale e l'Istituto Autonomo case popolari di Brescia, iscritte ai nn. 445 e 653 del registro ordinanze 1978 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 354 del 20 dicembre 1978 e n. 59 del 28 febbraio 1979;

8) ordinanze emesse il 4 dicembre 1978 dal Pretore di Mestre nei procedimenti civili vertenti tra Veronese Umberto, De Pieri Ivano e l'Istituto Autonomo case popolari di Venezia, iscritte ai nn. 65 e 66 del registro ordinanze 1979 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 87 del 28 marzo 1979.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 13 giugno 1979 il Giudice relatore Livio Paladin;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con due ordinanze, rispettivamente emesse il 1 ed il 15 marzo 1975, il Pretore di Castelnuovo Garfagnana ha ritenuto che, in base alle norme vigenti, contro i decreti di revoca dell'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica non possa esperirsi il ricorso previsto dall'art. 11 tredicesimo comma del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035. Nel disciplinare l'istituto della revoca dell'assegnazione, l'art. 17 del citato decreto presidenziale fa espresso richiamo al dodicesimo comma dell'art. 11, che conferisce efficacia esecutiva all'atto con il quale il Presidente del relativo Istituto Autonomo per le case popolari pronuncia la decadenza dell'assegnatario, ma non ai commi seguenti che appunto consentono il ricorso al Pretore.

La carenza di giurisdizione del Pretore per ciò che riguarda le revoche, così risultante dall'art. 17, sarebbe per altro sospetta d'incostituzionalità, in riferimento al principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. Dato che la ratio dei ricorsi al pretore avverso i decreti di decadenza dall'assegnazione consisterebbe nel fornire all'assegnatario "una tutela giurisdizionale ben più rapida ed immediata di quella garantita dal ricorso alla normale giurisdizione amministrativa", non si comprenderebbe - secondo il giudice a quo - perché tali rimedi siano stati invece esclusi nelle ipotesi di revoca, sebbene sostanzialmente identiche alle ipotesi di decadenza, "quanto agli elementi strutturali fondamentali". In entrambi i casi, infatti, si tratterebbe di provvedimenti relativi al medesimo tipo di rapporti e di oggetti, produttivi dei medesimi effetti giuridici (quali l'estinzione del diritto di godimento dell'alloggio, in base ad ordini di rilascio aventi efficacia immediata), riconducibili ad un presunto comportamento illecito dell'assegnatario: omessa occupazione dell'alloggio nel caso di decadenza, abusivo allontanamento da esso nel caso di revoca specificamente sottoposto al giudizio del Pretore di Castelnuovo Garfagnana.

Né la diversità di trattamento si giustificherebbe dal momento che la revoca dev'esser preceduta dal parere della commissione provinciale per le assegnazioni, presieduta da un magistrato designato dal presidente del tribunale: attenendo pur sempre alla fase del procedimento amministrativo, il parere della commissione non comporterebbe l'esercizio di alcuna funzione giurisdizionale.

2. - Analoga questione é stata sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., da parte del Pretore di Carrara. Con una ordinanza datata 4 giugno 1975, anche questo giudice ha sostenuto che l'interessato non potrebbe adire il Pretore contro il decreto di revoca dell'assegnazione: donde un'ingiustificata diversità di trattamento, contrastante con il principio di eguaglianza nonché con il potere di agire per la tutela dei propri diritti, rispetto al caso dell'assegnatario che abbia stipulato il contratto di locazione e non abbia occupato l'alloggio nel termine di legge.

3. - Del pari, l'art. 17 del d.P.R. n. 1035 del 1972 é stato impugnato dal Pretore di Massa Marittima, in riferimento agli artt. 3 e 24 primo comma Cost. con ordinanza emessa il 20 ottobre 1976. Qui pure, il giudice a quo assume che la norma in questione, privando l'assegnatario che incorra nella revoca della possibilità di rivolgersi al Pretore anziché al giudice amministrativo, regolerebbe diversamente "situazioni in tutto simili nei presupposti e nello svolgimento quali la decadenza e la revoca dell'assegnazione"; e lascerebbe "senza specifica tutela giurisdizionale i diritti soggettivi per fatti derivanti all'assegnatario-conduttore dall'avvenuta assegnazione di un alloggio".

4. - Sempre in riferimento agli artt. 3 e 24 primo comma Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 del d.P.R. n. 1035 del 1972 é stata sollevata dal Pretore di Trivento, mediante un'ordinanza emessa il 13 giugno 1978. Oltre che insistere sulla stretta affinità fra la decadenza e la revoca, il giudice a quo prospetta un'ulteriore violazione del principio di eguaglianza, dal momento che gli assegnatari meno abbienti non disporrebbero dei rimedi costituiti dalle graduazioni e dalle proroghe dei decreti di revoca, diversamente da ciò che la legislazione vincolistica accorda alla generalità degli inquilini.

Allo stesso titolo, inoltre, l'ordinanza di rimessione impugna l'art. 11 dodicesimo comma del medesimo decreto, cui l'art. 17 rimanda quanto all'efficacia dei relativi provvedimenti del presidente dell'Istituto Autonomo per le case popolari.

5. - Ancora, l'impugnativa delle norme sulla revoca delle assegnazioni é stata riproposta dal Pretore di Brescia, con ordinanza emessa il 19 maggio 1978: assumendo però la violazione, sia degli artt. 3 e 24 primo comma, sia dell'art. 76, sia degli artt. 25 primo comma e 102 primo comma Cost. In particolar modo, il giudice a quo ravvisa un eccesso di delega, poiché l'art. 17 del d.P.R. n. 1035 del 1972 conferirebbe ai presidenti degli Istituti Autonomi per le case popolari poteri più ampi di quelli previsti nella relativa legge di delegazione (art. 8 lett. g, legge 22 ottobre 1971, n. 865), quanto all'efficacia dei provvedimenti in questione e quanto alla ritenuta impossibilità di impugnarli dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria. Circa gli altri parametri costituzionali invocati, l'ordinanza di rimessione si limita invece a riaffermare l'ingiustificabile diversificazione del trattamento della revoca rispetto a quello della decadenza.

6. - Per converso, il Pretore di Potenza ha ritenuto - con ordinanza datata 21 novembre 1977 - che i non discrezionali provvedimenti di revoca, poiché "potenzialmente lesivi di posizioni giuridiche di diritto soggettivo", siano impugnabili dinanzi al giudice ordinario. Ma anche questo Pretore ha sollevato questione di legittimità costituzionale del citato articolo 17, in riferimento all'art. 3 Cost.: argomentando che in tema di revoche il giudice ordinario non disporrebbe dei poteri di sospensione e di annullamento degli atti impugnati, esplicitamente od implicitamente fondati sull'art. 11, tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo comma, del decreto presidenziale n. 1035 del 1972.

7. - Con ordinanza emessa il 30 ottobre 1978, il Pretore di Brescia ha sollevato altresì la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 del predetto decreto presidenziale, per violazione dell'art. 76, nonché degli artt. 3, 24 primo comma, 25 primo comma e 102 primo comma Cost. Da un lato, la norma impugnata sarebbe illegittima per eccesso di delega, in quanto regolerebbe il rilascio degli alloggi occupati senza titolo, attribuendo ai presidenti degli Istituti Autonomi per le case popolari poteri esorbitanti da ciò che si prevede nell'art. 8 lett. g della legge n. 865 del 197l. D'altro lato, sussisterebbe contrasto con gli altri parametri costituzionali invocati, poiché in questo stesso caso sarebbe stata introdotta un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto all'ipotesi di decadenza, per la quale soltanto risultano disposti il ricorso al Pretore e la relativa facoltà di sospendere l'esecuzione dell'atto impugnato.

8. - In riferimento al solo art. 3 Cost., le norme sul rilascio degli alloggi occupati senza titolo sono state impugnate - mediante un'ordinanza emessa il 4 dicembre 1978 - anche da parte del Pretore di Mestre. Ritenuta l'impossibilità che in tal caso il Pretore venga adito con la speciale procedura disciplinata dal tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo comma dell'art. 11, il giudice a quo ha rilevato che, tanto nelle ipotesi di decadenza quanto in quelle di annullamento o di revoca oppure di rilascio degli alloggi ex art. 18 del d.P.R. numero 1035 del 1972, si controverterebbe di diritti soggettivi, con riguardo a beni identici e presupposti comuni; sicché ne deriverebbe una irragionevole diversità di trattamento circa i rimedi rispettivamente offerti in situazioni del tutto simili le une alle altre.

9. - Sulla base delle stesse argomentazioni il Pretore di Mestre ha sollevato inoltre - con altra ordinanza emessa in pari data - questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 del d.P.R. n. 1035 del 1972, in tema di annullamento dell'assegnazione. Anche in tal campo, il Pretore ritiene sussistente la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria; ma prospetta la violazione del principio costituzionale di eguaglianza, poiché i rimedi esperibili sarebbero diversi da quelli offerti nell'ipotesi di decadenza.

10. - A sua volta, con ordinanza emessa il 4 marzo 1977, il Pretore di Grosseto ha congiuntamente impugnato gli articoli 11, 16, 17 e 18 del predetto decreto presidenziale. Premesso che il giudizio a quo non potrebbe venir definito indipendentemente dalla risoluzione di tutte le questioni così sollevate, il Pretore ha prospettato in primo luogo la violazione dell'art. 76 Cost., assumendo che la legge n. 865 del 1971 non avrebbe conferito al Governo alcuna delega "per l'emanazione di norme innovative della funzione giurisdizionale"; laddove la legge delegata avrebbe appunto affidato funzioni del genere ai presidenti degli Istituti Autonomi per le case popolari, consentendo loro di disporre l'annullamento o la revoca delle assegnazioni, per mezzo di decreti costituenti titolo esecutivo. In secondo luogo, ciò comporterebbe anche la violazione degli artt. 25 primo comma e 102 primo e secondo comma della Costituzione; tanto più che i decreti in questione non necessiterebbero del visto di esecutività dell'autorità giudiziaria e non sarebbero neppure impugnabili, al di fuori dell'ipotesi prevista dall'art. 11.

11. - Nessuna delle parti si é costituita dinanzi a questa Corte. Viceversa, in tutti i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato.

Complessivamente, nei vari atti di intervento si assume anzitutto - richiamando la sentenza 28 luglio 1976, n. 193 di questa Corte - che nel rapporto fra gli Istituti autonomi per le case popolari e gli assegnatari degli alloggi si devono distinguere due fasi: "la prima, di natura pubblicistica, che ha termine con l'atto unilaterale di assegnazione, ed é caratterizzata da posizioni di interesse legittimo; la seconda, di natura privatistica, che ha inizio con la convenzione di locazione ed é caratterizzata da posizioni di diritto soggettivo perfetto". Inoltre, fra il provvedimento di assegnazione e il contratto di locazione esisterebbe "un collegamento genetico", tale che l'annullamento dell'assegnazione stessa, come pure la revoca o l'ordine di rilascio per occupazione senza titolo, atterrebbero pur sempre alla fase pubblicistica del rapporto, mettendo in gioco interessi legittimi che troverebbero "la loro naturale tutela avanti al giudice amministrativo"; anche perché in questi casi occorrerebbe compiere accertamenti complessi, previamente affidati ad apposite commissioni provinciali per le assegnazioni.

Pronunciando la decadenza, invece, l'autorità competente si limiterebbe ad accertare l'avveramento di un fatto molto semplice quale la mancata occupazione dell'alloggio, traendone le conseguenze in termini già stabiliti dalla legge, "senza che residui alla pubblica amministrazione alcun margine di facoltà discrezionale". Sicché si giustificherebbero in pieno sia la diversa giurisdizione sia la diversa tutela cautelare, previste nei due contrapposti gruppi di ipotesi: tanto più che la maggiore lentezza del giudizio amministrativo, lamentata dai giudici a quibus, sarebbe compensata dai peculiari poteri di sospensione e di sindacato di tutti i vizi dell'atto impugnato, propri dei tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato.

Quanto poi al preteso eccesso di delega, l'Avvocatura dello Stato contesta che la legge delegata n. 1035 del 1972 affidi ai presidenti degli Istituti autonomi per le case popolari attribuzioni diverse da quelle già conferitegli in passato. Ed osserva in particolar modo che i provvedimenti presidenziali di annullamento o di revoca o di rilascio avevano efficacia di titolo esecutivo già in base al decreto legislativo n. 387 del 1945.

Con queste argomentazioni, l'Avvocatura conclude nel senso dell'infondatezza delle stesse impugnative proposte del Pretore di Grosseto; eccependo per altro - preliminarmente - l'irrilevanza delle questioni medesime, così come prospettate, sia che nel giudizio a quo si trattasse di decadenza dalla assegnazione (già ricadente nella giurisdizione ordinaria), sia che venissero in considerazione controversie attinenti all'annullamento, alla revoca ovvero al rilascio (in ordine alle quali il giudice ordinario difetterebbe comunque di giurisdizione).

Considerato in diritto

1. - Le undici ordinanze di rimessione sollevano questioni di legittimità costituzionale che riguardano tutte la giurisdizione e i poteri dei giudici ordinari, in tema di cause risolutive dell'assegnazione o dell'occupazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, secondo le disposizioni del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035. I rispettivi giudizi si prestano, dunque, ad essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - In via preliminare, dev'essere verificata l'ammissibilità delle impugnative promosse dal Pretore di Grosseto, quanto agli artt. 11, 16, 17 e 18 del predetto decreto presidenziale. Il giudice a quo non motiva specificamente la rilevanza di ognuna di tali impugnative, che pure riguardano discipline ben distinte, dalla decadenza o dall'annullamento o dalla revoca delle assegnazioni fino al rilascio degli alloggi occupati senza titolo; ma si limita invece a sostenere, globalmente, che "il giudizio non può essere definito indipendentemente dalla risoluzione delle seguenti questioni di legittimità costituzionale". Dagli atti del giudizio stesso si desume per altro, con certezza, che la controversia ha per oggetto un provvedimento di revoca, fondato sull'art. 17 lett. d del d.P.R. n. 1035 del 1972 (relativo al fatto che l'assegnatario fruisca di un reddito annuo complessivo superiore di un quinto al limite massimo previsto per conseguire l'assegnazione). Vanno pertanto dichiarate inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni proposte dal Pretore di Grosseto nei riguardi degli artt. 11, 16 e 18.

Del pari inammissibile é la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11 dodicesimo comma, sollevata dal Pretore di Trivento unitamente all'impugnativa dell'art. 17 del medesimo decreto. Anche in questo giudizio si controverte, infatti, circa un caso di revoca dell'assegnazione. E non ha rilievo la circostanza che l'ultimo comma dell'art. 17 rimandi all'art. 11 dodicesimo comma, per definire l'efficacia dei provvedimenti di revoca: poiché il nesso di pregiudizialità, ai fini del giudizio a quo, sussiste pur sempre nei confronti della sola norma di rinvio, che appunto concerne le ipotesi di revoca, e non nei confronti della norma richiamata, che di per se stessa attiene alle ipotesi di decadenza.

3. - Nel merito, giova esaminare in primo luogo le censure prospettate dai Pretori di Brescia e di Grosseto, per l'eccesso di delega da cui risulterebbero viziati gli artt. 7 e 18 del d.P.R. n. 1035 del 1972: l'accoglimento delle quali assorbirebbe le altre questioni di legittimità costituzionale, sollevate nei riguardi dei medesimi articoli (e comprometterebbe la stessa legittimità degli artt. 11 e 16).

Da un lato, in effetti, il Pretore di Brescia sostiene l'indiretta violazione dell'art. 76 Cost., poiché le norme impugnate contrasterebbero con l'art. 8 lett. g della legge delegante 22 ottobre 1971, n. 865, nelle parti in cui conferiscono ai provvedimenti di revoca delle assegnazioni (o di rilascio degli alloggi indebitamente occupati) l'efficacia di titolo esecutivo, non assoggettabile a graduazioni o proroghe e non impugna bile dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria. D'altro lato, anche il Pretore di Grosseto lamenta che la legge di delega, cui si ricollegano le norme per l'assegnazione e la revoca degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, non avrebbe stabilito in alcun modo il "principio per il quale il presidente dell'Istituto Autonomo per le case popolari possa esercitare funzione giurisdizionale con l'emanazione di decreti di annullamento o di revoca che importino la risoluzione di diritto del contratto e costituiscano titolo esecutivo nei confronti dell'assegnatario e di chiunque occupi l'alloggio e non siano peraltro soggetti a graduazioni e proroghe".

Tuttavia, sotto entrambi i profili - assai sommariamente argomentati dalle ordinanze di rimessione - la questione si dimostra infondata.

Testualmente, l'art. 8 lett. g della legge n. 865 del 1971 non é certo contraddetto dalle norme denunciate: dal momento che esso delega il Governo, con una disposizione molto comprensiva, a "riordinare e unificare i criteri di assegnazione degli alloggi di edilizia economica e popolare, semplificandone la procedura e disciplinando le assegnazioni medesime e la loro revoca...". Né si può dire che, in tema di revoche oppure di rilasci, la disciplina legislativa delegata abbia esorbitato dall'oggetto della delega.

Nella legislazione già vigente in materia, che il d.P.R. n. 1035 del 1972 ha riordinato e unificato, veniva previsto espressamente che i provvedimenti o le ordinanze, da emettere contro gli assegnatari che avessero violato le norme sulla "concessione" degli alloggi (o fossero incorsi in altri motivi di risoluzione dei contratti di affitto) o contro gli occupanti illegittimi o abusivi, avessero "forza di titolo esecutivo a tutti gli effetti di legge": come appunto disponevano gli artt. 263, 264 e 386 del testo unico sull'edilizia popolare ed economica numero 1165 del 1938, nonché l'art. 6 del decreto legislativo luogotenenziale m 387 del 1945 e l'articolo unico della legge 16 maggio 1956, n. 503. E non va trascurato che il regime delle ingiunzioni amministrative, l'esecutorietà delle quali veniva fatta dipendere dal visto pretorile in forza del'art. 2 del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, é stato profondamente rinnovato negli ultimi anni: a partire dall'art. 9 della legge 3 maggio 1967, n. 317. Anche di questi nuovi dati normativi, in parte precedenti la delega operata dalla legge n. 865 del 1971, il legislatore delegato ha legittimamente potuto tener conto, nel ridisciplinare i decreti di revoca e di rilascio degli alloggi, in materia di edilizia residenziale pubblica (conformemente all'articolo 474 n. 1 c.p.c., sui provvedimenti ai quali la legge attribuisce efficacia esecutiva).

D'altra parte non si prevedeva, nelle norme riordinate e unificate dal d.P.R. n. 1035 del 1972, a quale autorità giudiziaria dovessero venire proposti i relativi ricorsi: non diversamente da ciò che si riscontra negli artt. 17 e 18 del decreto stesso, i quali affidano anch'essi agli interpreti la risoluzione del problema.

Fondato sopra un evidente equivoco é poi quell'assunto del Pretore di Grosseto, per cui ai presidenti degli Istituti autonomi per le case popolari sarebbero state illegittimamente attribuite vere e proprie funzioni giurisdizionali. Vale la pena di ripetere, in contrario, ciò che questa Corte ha precisato fin dall'ordinanza n. 26 del 1971, sebbene con riferimento a parametri diversi dall'art. 76 Cost.: ossia "che l'assegnatario ha modo di difendersi presso l'autorità giudiziaria ordinaria e amministrativa, mentre é ovvio che l'Istituto o il suo presidente non sono organi giurisdizionali ed é singolare che se ne dubiti nelle ordinanze di rinvio".

4. - La generalità dei giudici a quibus impugna per altro gli artt. 16,17 e 18 del d.P.R. n. 1035 del 1972, per diretta violazione del principio costituzionale di eguaglianza: ora assumendo che le controversie concernenti l'annullamento o la revoca delle assegnazioni, come pure il rilascio degli alloggi occupati senza titolo, sarebbero implicitamente devolute alla giurisdizione amministrativa, donde un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto alle controversie in tema di decadenza per omessa occupazione dell'alloggio, che l'art. 11 tredicesimo comma del medesimo decreto affida espressamente al Pretore; ora partendo dall'opposta premessa che la giurisdizione appartenga pur sempre al giudice ordinario, ma ritenendo violato l'art. 3 Cost. nel senso che il giudice stesso non sarebbe dotato, nei casi di annullamento o di revoca oppure di rilascio, degli speciali poteri di sospensione dell'atto impugnato, dei quali invece dispone - in base al quattordicesimo e quindicesimo comma dell'art. 11 - per i casi di decadenza dall'assegnazione.

Sia l'una che l'altra censura presuppongono, però, un'interpretazione delle norme denunciate che non é affatto pacifica, né in sede giurisdizionale né in sede dottrinale, ma anzi risulta quanto mai discussa. Secondo la più recente giurisprudenza delle sezioni unite civili della Corte di cassazione, il fatto che le norme stesse richiamino soltanto il dodicesimo comma dell art. 11 si spiega perché - diversamente - sarebbe stato arduo riconoscere efficacia di titolo esecutivo ai decreti di annullamento o di revoca oppure di rilascio; ma non esclude per nulla che i commi successivi dell'art. 11, concernenti la giurisdizione e gli speciali poteri pretorili in ordine alla decadenza dalle assegnazioni, abbiano una portata più ampia di quella testualmente desumibile dalla formulazione e dalla collocazione di essi. Al contrario, posto che gli artt. 16, 17 e 18 dettino una serie di tipiche norme di relazione, garantendo in un modo immediato le situazioni soggettive in gioco, la Cassazione deduce che anche in tali ipotesi debba affermarsi la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.

Ora, é manifesto che in questa prospettiva non sussiste alcuna violazione dell'art. 3 Cost.: per il semplice motivo che il regime dei ricorsi dell'assegnatario o dell'occupante, avverso i decreti di annullamento o di revoca oppure di rilascio, finisce per essere identico a quello stabilito in tema di decadenza.

5. - Ma la conclusione non muta - quanto alla legittimità costituzionale delle norme impugnate - anche ad assumere l'opposta ipotesi interpretativa, secondo le impostazioni dell'Avvocatura dello Stato. Negli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri si afferma diffusamente che i provvedimenti di annullamento o di revoca (o relativi al rilascio degli alloggi occupati senza titolo) sarebbero impugnabili dinanzi ai tribunali amministrativi regionali: poiché riguarderebbero "i presupposti della assegnazione, discrezionalmente valutati dall'autorità amministrativa sulla base delle risultanze del relativo procedimento", venendo quindi ad incidere su "posizioni di interesse legittimo".

Ed effettivamente queste tesi sono ancora condivise in giurisprudenza, soprattutto da una parte dei giudici amministrativi; anche se alcuni fra di essi preferiscono procedere dalla premessa che le assegnazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica rientrino nel genus delle concessioni, devolute alla giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi regionali per effetto degli artt. 5 e 7 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

Se così fosse, non verrebbe meno la rilevanza della questione in esame, come invece sostiene l'Avvocatura dello Stato: in quanto i giudici a quibus rivendicano, dinanzi a questa Corte, quella giurisdizione della quale appunto si ritengono carenti, nell'attuale ordinamento delle assegnazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Ma la questione sarebbe comunque infondata. La pretesa che spetti ad un giudice ordinario tutelare posizioni di interesse legittimo, sebbene argomentata in base al principio costituzionale di eguaglianza, é infatti smentita dai chiari disposti dell'art. 113 primo comma e - principalmente - dell'art. 103 primo comma della Costituzione: "Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi", oltre che degli stessi diritti soggettivi, "in particolari materie indicate dalla legge". Né giova replicare che, al confronto con quella prestata dalla giurisdizione amministrativa, la tutela offerta dalla giurisdizione ordinaria sarebbe maggiormente immediata ed efficace; tanto più che la tesi non regge neanche alla stregua della legislazione processuale ordinaria, dato il potere di sospendere l'esecuzione dei provvedimenti impugnati, del quale i giudici ordinari non sono dotati che in particolari ipotesi, diversamente dai giudici amministrativi.

6. - Ciò basta ad escludere che sia fondatamente sostenibile la violazione degli altri parametri costituzionali, variamente invocati dalle ordinanze di rinvio.

Circa il diritto di agire in giudizio, costituzionalmente garantito dall'art. 24 primo comma, riesce del tutto evidente che esso non é leso nemmeno nella ipotesi che le controversie riguardanti la revoca delle assegnazioni oppure il rilascio degli alloggi occupati senza titolo mettano in gioco posizioni di interesse legittimo od altre situazioni soggettive comunque devolute alla giurisdizione amministrativa, sulla base dell'art. 103 primo comma della Costituzione.

Del pari, non ha consistenza l'assunto che siffatta giurisdizione amministrativa contrasti con gli artt. 25 primo comma e 102 primo comma Cost.: quasi che il "giudice naturale precostituito per legge" si risolvesse nel solo Pretore, ad esclusione dei tribunali amministrativi regionali.

Infine, questa Corte ha già dichiarato - con la ricordata ordinanza n. 26 del 1971 - la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, 5 e 6 del d.lg.lgt. 9 giugno 1945, n. 387, in riferimento all'art. 102 secondo comma Cost.: sollevata nel presupposto che le norme impugnate, consentendo ai Presidenti degli Istituti autonomi per le case popolari di revocare l'assegnazione e di ordinare il rilascio degli alloggi occupati senza titolo, avrebbero creato una "magistratura speciale" preclusa dalla Costituzione. E la stessa pronuncia dev'essere ora confermata, anche in vista della nuova disciplina stabilita dal d.P.R. n. 1035 del 1972.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibili, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 11, 16 e 18, nonché la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11 dodicesimo comma del d.P.R. 30 dicembre 1972. n. 1035, rispettivamente sollevate dai Pretori di Grosseto e di Trivento, con le ordinanze indicate in epigrafe;

2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, in riferimento all'art. 102 secondo comma Cost., sollevata dal Pretore di Grosseto con l'ordinanza indicata in epigrafe;

3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, 17 e 18 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, in riferimento agli artt. 3,24 primo comma, 25 primo comma, 76 e 102 primo comma Cost., sollevate dai Pretori di Castelnuovo Garfagnana, di Carrara, di Massa Marittima, di Grosseto, di Potenza, di Brescia, di Trivento e di Mestre, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 26 luglio 1979.