Sentenza n. 75 del 1979
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 75

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Leonetto AMADEI, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20 del d.l. 3 febbraio 1970, n. 7, in relaz. agli artt. 8 e 9 legge 3 maggio 1967, n. 317 promosso con ordinanza emessa il 17 dicembre 1973 dal pretore di Petilia Policastro, nel procedimento civile vertente tra Talarico Simone e l'Ispettorato provinciale del lavoro di Catanzaro, iscritta al n. 495 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 332 del 17 dicembre 1975.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri nonché l'atto di costituzione del Ministero del lavoro;

udito nell'udienza pubblica del 3 maggio 1979 il Giudice relatore Alberto Malagugini;

udito il vice avvocato generale dello Stato Giovanni Albisinni per il Presidente del Consiglio dei ministri e per il Ministero del lavoro.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un procedimento di opposizione ad ordinanza 5 aprile 1973 dell'Ispettorato provinciale del lavoro di Catanzaro, concernente il pagamento di una sanzione pecuniaria amministrativa a sensi del d.l. 3 febbraio 1970, n. 7 (convertito con legge 11 marzo 1970, n. 83), il pretore di Petilia Policastro con ordinanza 17 dicembre 1973, accogliendo un'istanza dell'opponente Talarico Simone, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del citato art. 20 del d.l. n. 7/1970, per ritenuto contrasto con gli artt. 102, 113 e 24, secondo comma, della Costituzione.

Il d.l. n. 70/1970 ("norme in materia di collocamento e accertamento dei lavoratori agricoli") all'art. 20 prevede le sanzioni per la violazione delle disposizioni in esso contenute; i primi tre commi prevedono sanzioni penali (ammenda), gli altri una sanzione pecuniaria amministrativa. Nella specie, viene in questione il quarto comma, in base al quale "I datori di lavoro che non assumono i lavoratori per il tramite della sezione dell'Ufficio del lavoro sono assoggettati alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 50.000 a lire 200.000 per ogni lavoratore assunto".

Il pretore prende le mosse dalla sentenza n. 32/1970 della Corte costituzionale, e riconosce la legittimità di principio di leggi di depenalizzazione e di un conseguente procedimento del tipo di quello introdotto dalla legge n. 317/67. Rileva tuttavia che, nella specie, é questione di una violazione che, fino al d.l. n. 7/70, era punita come contravvenzione dalla legge 21 aprile 1949, n. 264 (artt. 13 e 27) e successivamente, a suo giudizio, é tornata ad essere punita come contravvenzione dall'art. 33 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (statuto dei lavoratori). Rileva, inoltre, che il d.l. n. 7/70, a differenza della legge n. 317/67, non reca alcuna dichiarazione espressa sulla depenalizzazione di violazioni in esso contemplate. Da ciò la conclusione "che il legislatore, nell'assoggettare a sanzione amministrativa una violazione di legge già esistente nel nostro ordinamento e per tradizione considerata sempre quale illecito penale stabilendo per essa la procedura di cui agli artt. 8 e 9 sopra citati e senza espressamente dichiararne la depenalizzazione, abbia violato quanto disposto dagli articoli 102, 113, 24 della Costituzione, trasferendo ad un organo amministrativo il potere di giudicare e punire una violazione di legge che non poteva, senza idoneo provvedimento legislativo, essere sottratta al giudice penale ordinario, con conseguente soppressione del diritto alla difesa, garantito e disciplinato dalle norme del processo penale".

L'ordinanza di rimessione é stata emessa in data 17 dicembre 1973; il fascicolo di causa é pervenuto alla Corte costituzionale incompleto, il 26 maggio 1975, ed ha potuto essere registrato soltanto in data 29 ottobre 1975.

Nel procedimento davanti alla Corte costituzionale é intervenuta l'Avvocatura di Stato sostenendo l'erroneità del surriportato ragionamento del giudice a quo. "Non vi é dubbio infatti - argomenta l'Avvocatura di Stato - che l'idoneo provvedimento legislativo esiste ed é costituito appunto dal decreto-legge 3 febbraio 1970, n. 7, convertito nella legge 11 marzo 1970, n. 83. In tale provvedimento legislativo non era certamente necessaria una espressa dichiarazione circa la intenzione del legislatore di "depenalizzare" un illecito, degradandolo a sanzione amministrativa, risultando ciò chiaramente dalla qualificazione di "sanzione amministrativa" che, nell'art. 20 del d.l. 3 febbraio 1970, n. 7, viene data alla sanzione comminata per l'illecito previsto".

Considerato in diritto

1. - Il pretore di Petilia Policastro dubita della legittimità costituzionale "dell'art. 20 d.l. 3 febbraio 1970, n. 7, in relazione agli artt. 8 e 9 legge 3 maggio 1967, n. 317, sotto il profilo della violazione degli artt. 102, 113, 24 della Costituzione".

Il d.l. 3 febbraio 1970, n. 7 é stato convertito con legge 11 marzo 1970, n. 83, portante modifiche, non rilevanti ai fini del presente giudizio incidentale, anche agli artt. 10 e 20. La disposizione in esame é, dunque, quella dell'art. 20, quarto comma, del d.l. 3 febbraio 1970, n. 7, nel testo risultante per effetto della modificazione introdotta con la succitata legge di conversione.

Il giudice a quo muove dal riconoscimento che "non esistendo distinzione qualitativa tra illecito amministrativo ed illecito penale contravvenzionale, la qualificazione di un fatto e la sua trasposizione dall'una all'altra categoria dipende esclusivamente dalla discrezionale valutazione del legislatore". Ciò non ostante egli dubita della legittimità costituzionale dell'art. 20, quarto comma, del d.l. n. 7 del 1970, perché con esso il legislatore ha trasformato in illecito amministrativo una fattispecie in precedenza disciplinata quale illecito penale "senza espressamente dichiararne la depenalizzazione". Risulterebbero perciò violati, sempre secondo il giudice a quo, gli artt. 102, 113, 24 della Costituzione, perché sarebbe stato trasferito "ad un organo amministrativo il potere di giudicare e punire una violazione di legge che non poteva, senza idoneo provvedimento legislativo, essere sottratta al giudice penale ordinario, con conseguente soppressione del diritto alla difesa, garantito e disciplinato dalle norme del processo penale".

2. - La semplice enunciazione delle argomentazioni addotte dal giudice a quo dimostra la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità da lui sollevata. Appare perciò superflua ogni ulteriore motivazione che potrebbe soltanto richiamare principi e concetti elementari a cominciare da quello per cui una legge (o atto avente forza di legge) é il provvedimento legislativo pienamente idoneo a produrre gli effetti risultanti dal testo normativo, inequivocabilmente voluti dal legislatore ordinario, nei limiti della propria indiscutibile e indiscussa competenza.

E poiché questo é il pretesto del quale il pretore di Petilia Policastro si avvale per riproporre motivi di incostituzionalità, con riguardo agli artt. 8 e 9 della legge n. 317 del 1967, già dichiarati non fondati da questa Corte con la sentenza n. 32 del 1970 - che il giudice a quo mostra di conoscere, ma di voler disattendere - la questione va dichiarata manifestamente infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 d.l. 3 febbraio 1970, n. 7, in relazione agli artt. 8 e 9 della legge 3 maggio 1967, n. 317, sotto il profilo della violazione degli artt. 102, 113 e 24 Cost. sollevata dal pretore di Petilia Policastro con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,l'll luglio 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 16 luglio 1979.