Sentenza n. 70 del 1979
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SENTENZA N. 70

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Leonetto AMADEI, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 10 del d.l. 24 luglio 1973, n. 427 (Disciplina dei prezzi di beni di largo consumo), convertito nella legge 4 agosto 1973, n.496, promosso con ordinanza emessa il 16 ottobre 1974 dal pretore di Canicattì nel procedimento civile vertente tra la s.p.a. Fratelli G. e R. Barilla ed il Prefetto di Agrigento, iscritta al n. 401 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 293 del 5 novembre 1975.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 4 aprile 1979 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;

uditi l'avv. Walter Prosperetti per la s.p.a. Barilla e il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza 16 ottobre 1974 il pretore di Canicattì, nel corso di un procedimento dinanzi a sé pendente, promosso dalla Soc. Barilla contro il Prefetto pro- tempore di Agrigento, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 1, 2 e 10 del decreto-legge 24 luglio 1973, n. 427 (recante: Disciplina dei prezzi di beni di largo consumo), convertito nella legge 4 agosto 1973, n. 496, (per mero errore materiale indicata col n. 486) in riferimento all'art. 41 della Costituzione.

Si espone in detta ordinanza che con provvedimenti adottati l'8 agosto 1973 ed il 4 settembre dello stesso anno il Prefetto di Agrigento, avendo ravvisato, sulla scorta di dati comparativi fra due fatture emesse dalla Barilla G. e R. S.p.a. rispettivamente in data 16 e 25 luglio 1973, un aumento del prezzo unitario delle confezioni di pasta, ebbe a comminare a detta Società la sanzione amministrativa di lire 10 milioni, ai sensi degli artt. 1, 2 e 10 del d.l. 24 luglio 1973, n. 427, convertito nella legge 4 agosto 1973, n. 496. Contro la ingiunzione di pagamento la Soc. Barilla propose l'azione prevista dagli artt. 10 d.l. n. 427/1973 e 9, legge 3 maggio 1967, n. 317, e convenne il Prefetto pro-tempore di Agrigento chiedendo la declaratoria di illegittimità dei decreti suindicati, nonché l'accertamento della inesistenza dell'infrazione. Sollevò inoltre questione di illegittimità costituzionale del d.l. 24 luglio 1973, n. 427, conv. in legge 4 agosto 1973, n. 496, perché in contrasto con gli artt. 3, 4 nonché con l'art. 41 della Costituzione.

Il pretore di Canicattì, ritenuta manifestamente infondata la questione con riferimento agli artt. 3 e 4 della Costituzione, ha ritenuto non manifestamente infondata, per quanto attiene agli artt. 1, 2 e 10 del d.l. n. 427/1973, la questione in riferimento all'art. 41 della Costituzione.

A suo giudizio, infatti, il blocco dei prezzi per il periodo 16 luglio 1973-31 ottobre 1973, avendo svuotato di ogni significativo contenuto il principio enunciato dal primo comma dell'art. 41 della Costituzione, attraverso la imposizione immotivata dei prezzi senza considerare la possibile incidenza sui costi di oneri ulteriori quali rivendicazioni salariali, maggiori perdite, necessità di ammortizzamenti a breve termine, ecc. e prescindendo altresì dagli aumenti delle materie prime verificatisi in quel medesimo torno di tempo con progressione preoccupante in tutta l'area mondiale (e con particolare riferimento al notorio aumento del prezzo del grano già in atto al momento dell'entrata in vigore del d.l. n. 427/1973), sì da ridurre potenzialmente a valori pressoché negativi il margine di utile delle imprese vincolate dal provvedimento e metterne in pericolo la medesima concreta possibilità di esercizio.

Si é costituita in giudizio l'Avvocatura dello Stato per il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata. Le norme impugnate, infatti, nel pieno rispetto dell'art. 41 della Costituzione, avrebbero introdotto solo un temporaneo congelamento dei prezzi, per ragioni d'interesse nazionale e per un brevissimo periodo.

Si é costituita anche la Soc. Barilla, chiedendo che la questione proposta sia ritenuta fondata, non ostante che su una questione analoga la Corte costituzionale si sia già pronunciata, ritenendola non fondata, con la sentenza n. 200 del 1975.

La Soc. Barilla ritiene che l'ordinanza del pretore di Canicattì conterrebbe profili nuovi in quanto prospetta l'incidenza sui costi di oneri sopravvenuti nel periodo 16 luglio-31 ottobre 1973 in particolare dell'aumento del prezzo del grano ed aggiunge che nel settore delle paste alimentari il blocco avrebbe escluso - a differenza che in altri settori - la materia prima, costringendo i produttori di pasta a vendere il prodotto a prezzi inferiori a quelli di costo.

Considerato in diritto

1. - Il pretore di Canicattì ha sottoposto a questa Corte questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 1 O del d.l. 24 luglio 1973, n. 427, sostenendo che tali norme, stabilendo il blocco dei prezzi di alcuni prodotti dal 16 luglio 1973 al 31 ottobre dello stesso anno, avrebbero violato il disposto dell'art. 41 della Costituzione che garantisce la libertà d'iniziativa economica.

2. - In effetti l'art. 1 del d.l. 24 luglio 1973, n. 427, convertito con modificazioni nella legge 4 agosto 1973, n. 496, al primo comma statuiva che "i prezzi di vendita alla produzione, alla distribuzione ed al consumo dei beni di cui al successivo art. 2 non possono superare sino al 31 ottobre 1973 quelli praticati al 16 luglio 1973".

Questa Corte, con sentenza n. 200 del 1975, rilevato che gli articoli 1 e 2 del d.l. 24 luglio 1973, n. 427 suddetto, rientravano fra le norme emanate dal legislatore nel 1973 per frenare la forte spinta inflazionistica esistente, ha ritenuto non fondata la questione osservando che:

a) le variazioni in aumento che i costi di produzione delle merci potevano subire, oltre ad essere contenute - perché il blocco comprendeva l'intero arco del fenomeno economico, incidendo sia sulla produzione sia sulla distribuzione e cessione al consumo - non avevano effetto sulle merci in magazzino e su quelle non introdottevi ma acquistate a prezzi anteriori;

b) le disposizioni impugnate trovavano base ed appoggio in quelle del decreto di pari data n. 425, il quale poneva a monte un blocco più generale, incidente specialmente sulle materie prime, attuato mediante il controllo dei prezzi cui venivano sottoposte le imprese commerciali produttrici o distributrici di beni che, nel primo semestre 1973, avessero avuto un volume d'affari superiore ai cinque miliardi di lire;

c) per rendere meno oneroso il blocco l'AIMA (art. 7 della legge di conversione n. 496/1973) fu incaricata di svolgere attività per la regolamentazione del mercato interno del grano, mediante acquisto e stoccaggio, all'interno ed all'estero, e successiva immissione nel mercato nazionale alle condizioni stabilite dal CIPE.

In conseguenza di tali considerazioni la Corte ritenne che il sacrificio imposto agli imprenditori dal blocco dei prezzi in questione fosse tollerabile e ragionevole.

Non essendo stati prospettati dal pretore di Canicattì profili nuovi che possano indurre ad un riesame della precedente decisione, la questione sollevata con la predetta ordinanza del 16 ottobre 1974, deve essere dichiarata manifestamente infondata per quanto attiene agli artt. 1 e 2 del d.l. 24 luglio 1973, n. 427, convertito nella legge 4 agosto 1973, n. 496.

3. - Il pretore di Canicattì ha sollevato questione di legittimità costituzionale in riferimento all'art. 41 della Costituzione, anche per l'art. 10 del d.l. n. 427/1973, convertito, con modificazioni, nella legge n. 496 dello stesso anno, a norma del quale: "Le sanzioni amministrative previste dal presente decreto sono applicate dal Prefetto. Si osservano le disposizioni degli articoli da 9 a 13 della legge 3 maggio 1967, n. 317.

Se sia stata emessa dal Prefetto ingiunzione per la violazione di disposizioni del presente decreto e successivamente si accerti che ricorre l'ipotesi di cui al primo comma dell'articolo 10 della legge 3 maggio 1967, n. 317, la sospensione dell'esecuzione dell'ingiunzione può essere disposta soltanto dal giudice penale, al quale il pretore trasmette gli atti del caso in cui sia stata già proposta opposizione".

Tale questione, peraltro, é priva di qualsiasi motivazione e nel generico assunto dell'ordinanza di rimessione non si ravvisa alcun elemento che possa farla ritenere fondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara manifestamente infondata le questioni di legittimità costituzionale degli artt. l e 2 del decreto- legge 24 luglio 1973, n. 427, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1973, n. 496, sollevate, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all'art. 41 della Costituzione;

b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 dello stesso decreto-legge 24 luglio 1973, n. 427, convertito, con modificazioni, nella legge n. 496 del 1973, sollevata con la medesima ordinanza, in riferimento all'art. 41 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'll luglio 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 16 luglio 1979.