Sentenza n. 61 del 1979
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 61

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Leonetto AMADEI, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti promossi con ricorsi del Presidente della Regione Toscana, notificati il 20 aprile 1977 e il 5 aprile 1978, depositati in cancelleria il 2 maggio 1977 e il 26 aprile 1978 ed iscritti ai nn. 9 del registro 1977 e 14 del registro 1978, per conflitto di attribuzione sorto a seguito dei decreti del Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le finanze, in data 20 novembre 1976 e 11 ottobre 1977, rispettivamente concernenti la ripartizione per gli anni 1977 e 1978 del fondo comune fra le Regioni a statuto ordinario.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 18 aprile 1979 il Giudice relatore Livio Paladin;

uditi l'avvocato Alberto Predieri per la Regione Toscana ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ricorsi rispettivamente notificati il 20 aprile 1977 ed il 5 aprile 1978, la Regione Toscana ha proposto due consecutivi conflitti di attribuzione, impugnando i decreti 20 novembre 1976 (pubbl. in G.U. 23 febbraio 1977, n. 50) ed 11 ottobre 1977 (pubbl. in G.U. 7 febbraio 1978, n. 37): mediante i quali il Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le finanze, ha ripartito fra le Regioni a statuto ordinario - quanto agli anni 1977 e 1978 - il fondo comune di cui agli artt. 8 della legge n. 281 del 1970 ed 1 della legge n. 356 del 1976.

In effetti, il Ministro competente ha interpretato l'art. 1 della legge n. 356 del 1976 nel senso che la cifra-base, cui applicare la percentuale di incremento annuo del complesso delle entrate tributarie dello Stato, debba essere di norma costituita - per tutto il quinquennio 1977-1981 - dalla somma che lo stesso Parlamento ha fissato per l'esercizio finanziario 1976 nella cifra di L. 767.495.200.000: con la conseguenza che il fondo comune sarebbe sempre rappresentato dalla risultante di quella cifra-base più la predetta percentuale di incremento, salva soltanto l'ipotesi - prevista dall'art. 1, quarto comma - che l'entità del fondo si dimostri più elevata, qualora calcolata secondo i criteri già stabiliti dall'art. 8 della legge n. 281 del 1970. Constatato perciò che il calcolo del primo tipo determinava una cifra più alta di quella derivante dal calcolo del secondo tipo (1.O69 miliardi in luogo di 812, per il 1977; 1.413 miliardi in luogo di 977, per il 1978) il Ministro ha senz'altro stabilito nella prima cifra la consistenza del fondo da ripartire fra le Regioni a statuto ordinario.

Così facendo, però, il Ministro avrebbe operato in un modo illegittimo, menomando l'autonomia finanziaria che l'art. 119 Cost. garantisce alle Regioni, nelle forme e nei modi stabiliti dalle apposite leggi dello Stato: dal momento che l'art. 1 della legge n. 356 del 1976 dovrebbe applicarsi - secondo la Regione Toscana - nel senso di maggiorare della predetta percentuale di incremento il fondo comune calcolato secondo i criteri originari, anziché la cifra-base di 767 miliardi, già fissata per il 1976. Per meglio dire, la ricorrente afferma che quella cifra-base dovrebbe tenersi presente, negli anni successivi al 1976, solo nell'ipotesi che l'entità del fondo comune risulti inferiore a 767 miliardi, per effetto di un decremento dei relativi introiti tributari. In ogni altro caso, viceversa, é al fondo stesso che bisognerebbe avere riguardo; sicché per il 1977 la cifra-base da maggiorare dovrebbe essere di 812 e non di 767 miliardi, per il 1978 di 977 miliardi, e via discorrendo.

Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene, per contro, l'infondatezza della questione sulla quale si regge la tesi della ricorrente. In particolar modo, quella lettura priverebbe di significato l'art. 1, quarto comma, della legge n. 356 del 1976 ("La consistenza del fondo resta determinata ai sensi del citato art. 8 qualora risulti superiore a quella calcolata ai sensi del comma precedente"): in quanto all'art. 8 della legge n. 281 del 1970 si dovrebbe far ricorso - in base a questo comma - nella sola ipotesi di un incremento del gettito delle imposte di fabbricazione e sul consumo (già costituenti il fondo comune) ben superiore al complessivo aumento delle entrate tributarie dello Stato; mentre in ogni altro caso la cifra- base rimarrebbe fissata in L. 767 miliardi. In linea più generale, poi, da parte statale si osserva che la ratio dell'art. 1 della legge n. 356 del 1976 consisterebbe nel correlare l'ammontare del fondo comune alla maggiorazione delle entrate tributarie dello Stato; non già nel conferire al fondo stesso un ritmo di incremento alquanto più elevato, come invece si verificherebbe - di fatto - se venisse accolta l'interpretazione regionale.

In una successiva memoria la Regione Toscana ha per altro sviluppato i propri assunti: notando in primo luogo che, secondo i lavori preparatori della nuova legge finanziaria, il fondo comune - e non la cifra-base di 767 miliardi - doveva venire integrato proporzionalmente all'incremento del gettito tributario dello Stato; e sottolineando, in secondo luogo, che solo a questo modo s'intenderebbe la proposizione iniziale dell'art. 1 della legge stessa, per cui l'ammontare del fondo istituito dall'art. 8 della prima legge finanziaria "é commisurato, oltre al gettito annuale delle quote dei tributi erariali ivi indicati, a una quota del complesso delle entrate tributarie dello Stato". Quello previsto dall'art. 1, primo comma, sarebbe dunque il flusso normale del finanziamento delle Regioni a statuto ordinario. Per converso, terzo e quarto comma, riguarderebbero - alternativamente - due ipotesi di carattere eccezionale: il terzo comma, disponendo che la cifra-base da maggiorare sia sempre quella di 767 miliardi (già determinata per il 1976) qualora la consistenza del fondo comune originariamente inteso scenda al di sotto del livello stesso; il quarto comma, prevedendo invece che il fondo comune non debba venire maggiorato affatto, qualora l'entità di esso superi la cifra-base di 767 miliardi, accresciuta della predetta percentuale di incremento complessivo delle entrate tributarie dello Stato.

Nella pubblica udienza, entrambe le parti hanno ribadito le rispettive argomentazioni.

Considerato in diritto

1. - Data l'identità del tema di cui si controverte in ambedue le ipotesi, fatta soltanto eccezione per i diversi anni di riferimento, i giudizi sui conflitti sollevati dalla Regione Toscana vanno riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Assumendo che sarebbe erronea l'interpretazione dell'art. 1 della legge n. 356 del 1976, sulla quale si fondano entrambi i decreti ministeriali impugnati, e che gli atti stessi risulterebbero dunque illegittimi, la Toscana rivendica - in sede di ripartizione del fondo comune fra le Regioni a statuto ordinario - somme maggiori di quelle che le sono state attribuite dal Ministro competente, quanto agli esercizi finanziari 1977 e 1978.

Pretese del genere non possono, però, venir fatte rientrare nell'ambito di quei conflitti fra Regioni e Stato la cui risoluzione spetta a questa Corte. A dimostrazione dell'inammissibilità dei ricorsi regionali, valgono infatti le stesse considerazioni che la Corte ha già svolto, nella sentenza n. 111 del 1976. In quella decisione si riconosce esplicitamente che "nella esperienza attuativa... la nozione di conflitto di attribuzione si é estesa anche ad ipotesi in cui non tanto veniva contestata l'appartenenza del potere concretamente esercitato, quanto l'esercizio di tale potere, idoneo a determinare una lesione della sfera di attribuzione del soggetto ricorrente". Ma anche in quest'ultimo senso - ha precisato la Corte - "oggetto della decisione é stato pur sempre l'accertamento della spettanza di una competenza, con l'eventuale conseguente annullamento dell'atto adottato dal soggetto... riconosciuto responsabile di invasione o di menomazione della sfera di competenza propria dell'altro".

Ora, ciò che accomuna la controversia in esame a quella cui si riferiva la sentenza n. 111 del 1976 consiste appunto nella circostanza che, in entrambe le ipotesi, non si trattava e non si tratta di alcuna lesione delle competenze regionali, per sé considerate. Nel primo dei due casi, oggetto dei ricorsi delle Regioni interessate era invece "una effettiva e diretta vindicatio rerum", concernente l'appartenenza di determinati complessi di beni forestali; nel caso attualmente in questione, del pari, la Corte é chiamata a giudicare della fondatezza di pretese regionali aventi un contenuto puramente patrimoniale.

Non si vuole porre in dubbio, a questa stregua, che l'autonomia finanziaria delle Regioni di diritto comune sia costituzionalmente garantita, con particolare riferimento ai "tributi propri" ed alle "quote di tributi erariali" che devono esser loro attribuiti per l'adempimento delle "funzioni normali" spettanti alle Regioni stesse; cosicché le illegittime applicazioni dei criteri stabiliti dalle relative leggi finanziarie dello Stato possono tradursi in una indiretta violazione dell'art. 119, secondo comma, Cost. E- certo, però, che i ricorsi della Regione Toscana non hanno di mira - né direttamente né indirettamente - lesioni o menomazioni di specifiche attribuzioni regionali; ma tendono unicamente a contestare l'uso che il Ministro competente ha fatto quanto ad un'attribuzione propria dello Stato, come quella consistente nel ripartire il cosiddetto fondo comune, sulla base di norme legislative statali che non conferiscono alle Amministrazioni regionali nessuna funzione costituzionalmente tutelata, neppure nel senso di farle concorrere al procedimento formativo dei decreti ministeriali impugnati.

Ne segue, pertanto, che il proposto conflitto fra Regione e Stato non rappresenta l'idoneo strumento di tutela giurisdizionale delle richieste avanzate dalla ricorrente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione, proposti dalla Regione Toscana in relazione ai decreti 20 novembre 1976 ed 11 ottobre 1977, emanati dal Ministro per il tesoro di concerto con il Ministro per le finanze.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 4 luglio 1979.