Sentenza n. 58 del 1979
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SENTENZA N. 58

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Leonetto AMADEI, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 314/12 del codice civile, in relazione all'art. 82 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 5 maggio 1978 dalla Corte di cassazione, nel procedimento civile vertente tra Ferrara Mario ed altra contro Tumbiolo Liana ed altro, iscritta al n. 687 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 73 del 14 marzo 1979.

Visto l'atto di costituzione di Ferrara Mario ed altra nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 3 maggio 1979 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;

uditi l'avv. Francesco Paolo Cordova, per Ferrara Mario ed altra, e il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza 5 maggio 1978 la Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 314/12 c.c. (in relazione all'art. 82 c.p.c.), nella parte in cui determina in 30 giorni il termine per proporre opposizione alla dichiarazione di adottabilità di un minore, "senza prevedere alcuna dilazione per coloro che... debbano richiedere il gratuito patrocinio, e senza comunque far salvi gli effetti dell'opposizione proposta personalmente entro il predetto termine".

Premette in fatto il giudice a quo che i ricorrenti - le cui opposizioni erano state respinte una nel merito, e l'altra in rito perché in origine sottoscritta personalmente dalla parte, e poi riproposta fuori termine con l'ausilio di un difensore di fiducia - avevano fatto valere i seguenti motivi di ricorso:

1) i giudici di merito avevano errato nel dichiarare l'inammissibilità del primo atto di opposizione, proposto senza il patrocinio legale, perché il procedimento de quo avrebbe natura camerale e non richiederebbe l'ausilio del difensore;

2) anche ammettendosene la natura contenziosa, l'opposizione non costituirebbe l'atto introduttivo di tale fase processuale, bensì quello conclusivo della precedente e potrebbe quindi esser sottoscritta dalla parte;

3) in ogni caso v'era stata nullità della notifica del decreto di adottabilità perché privo delle indicazioni stabilite dall'art. 314/11, ultimo comma, c.c., secondo cui é prescritto sia dato avviso ai genitori e ai parenti del diritto di proporre opposizione nelle forme e nei termini di cui all'art. 314/12 del codice civile.

L'ordinanza di rimessione prosegue osservando che proprio da quest'ultimo motivo di ricorso aveva tratto il convincimento della necessità di sollevare di ufficio la questione di legittimità sopra indicata, per la mancata considerazione della condizione degli opponenti non abbienti.

Ribadisce la Corte di cassazione che il giudizio di opposizione alla dichiarazione di adottabilità ha natura contenziosa - così come già ripetutamente affermato da precedenti decisioni (sentenze nn. 1154/72; 2514/74; 1165/77) - rafforzando il suo convincimento non tanto per motivi dommatico/giuridici, quanto per ragioni di carattere funzionale in relazione alle quali una diversa conclusione in ordine alla necessità del patrocinio legale deve considerarsi incompatibile con l'intenzione del legislatore e con la logica di tutto il sistema creato dalla legge sull'adozione speciale. Attesa l'importanza del bene primario tutelabile con l'opposizione alla dichiarazione di adottabilità, e sulla base della considerazione che molto spesso i genitori o i parenti - eventuali opponenti - non sono in grado di esprimere per iscritto i motivi dell'opposizione, il giudice a quo deduce l'assoluta irrinunciabilità del patrocinio legale, cui i non abbienti devono sopperire mediante l'istituto del gratuito patrocinio.

L'ordinanza di rimessione conclude argomentando come segue: 1) il termine perentorio di trenta giorni per proporre opposizione con il necessario ausilio del patrocinio legale, disposto per persone che, per le loro condizioni culturali ed economiche, non sono in grado, nella stragrande maggioranza dei casi, di comprendere che l'opposizione presentata personalmente é inammissibile, anche a cagione della genericità delle indicazioni contenute nell'avviso loro notificato, rende estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa, violando l'art. 24 Cost., sicché occorrerebbe prevedere una dilazione del termine utile per coloro che si rivolgono al gratuito patrocinio, ed altresì che la tempestiva proposizione personale della opposizione interrompa il decorso del termine finché gli opponenti non siano stati avvertiti esplicitamente, ex articolo 314/11 c.c., della necessità del patrocinio legale; 2) la previsione di un termine unico ed indilazionabile violerebbe l'art. 3 Cost., perché gli abbienti potrebbero usufruire dell'intero periodo di 30 giorni, e i non abbienti solo dei pochi giorni che residuassero dopo la nomina del difensore ottenuto tramite l'ammissione al gratuito patrocinio.

É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto di deduzioni del 3 aprile 1979, chiedendo dichiararsi la infondatezza della questione.

La difesa dello Stato osserva che la questione é infondata, una volta che si consideri che il termine di 30 giorni é un termine non brevissimo, ma abbastanza comune e generalizzato per le impugnazioni avverso provvedimenti giudiziali disciplinate dal codice di procedura civile.

Altri termini più brevi sono stati ripetutamente riconosciuti legittimi dalla Corte costituzionale, con numerose decisioni, sempre in riferimento all'art. 24 della Costituzione.

L'Avvocatura generale non disconosce la difficoltà in cui si trovano persone indigenti e prive di ogni conoscenza delle leggi processuali per proporre opposizione avverso la dichiarazione di adottabilità del minore: deduce tuttavia che tale situazione si ripete ogni qualvolta dette persone devono osservare dei termini processuali di siffatta ampiezza. Da ciò deriverebbe, quindi, l'opportunità di un intervento legislativo per semplificare la procedura prevista dagli artt. 314/11 c.c. e seguenti, ma non un vizio di illegittimità della norma impugnata posto che, come rilevato dalla Corte costituzionale, la dichiarazione di adottabilità non é necessariamente collegata alla condizione economica familiare, ma all'abbandono del minore.

Per quanto concerne la disparità in cui vengono a trovarsi gli abbienti rispetto ai non abbienti, provvede una esplicita norma costituzionale, realizzata attraverso l'istituto del gratuito patrocinio.

Si sono costituiti in giudizio i coniugi Ferrara, rappresentati e difesi dagli avvocati Vittorio Umiltà e Francesco P. Cordova, con atto di deduzioni depositato il 13 gennaio 1979, chiedendo dichiararsi l'illegittimità della norma impugnata.

La difesa della parte privata, nel prendere atto del consolidato orientamento della Cassazione in ordine alla natura contenziosa del procedimento di opposizione alla dichiarazione di adottabilità, svolge varie considerazioni generali sulla gravità degli effetti della mancata opposizione al decreto del tribunale che dichiara adottabili i minori, con conseguente perdita dei figli da parte dei genitori che, per essere semianalfabeti, non sono in grado di comprendere il significato della comunicazione che ricevono. Soggiunge che il testo della comunicazione non spiega ai destinatari "in che termine, a che organo, in che forma l'opposizione può essere proposta" e soprattutto non contiene l'espresso avvertimento che l'opposizione avrebbe dovuto essere sottoscritta da un legale, prescrizione non espressamente dettata dalla legge.

La difesa della parte privata riporta, inoltre, gli stessi argomenti svolti nella ordinanza di rimessione a dimostrazione della fondatezza della questione sottoposta all'esame di questa Corte, asserendo anche che se il legislatore avesse previsto la nomina di un difensore di ufficio, o termini più ampi, non si verificherebbero conseguenze così gravi in danno di genitori ignari delle leggi, la cui tutela non può ritenersi assicurata dall'istituto del gratuito patrocinio.

Considerato in diritto

1. - La Corte é chiamata a decidere se contrasti o meno con l'art. 24 Cost. l'art. 314/12 c.c. - in relazione all'articolo 82 c.p.c. - nella parte in cui determina il termine perentorio di 30 giorni per proporre opposizione contro il decreto di adottabilità del minore con l'inderogabile ausilio di un legale, senza prevedere alcuna dilazione nei confronti di coloro che devono chiedere il gratuito patrocinio, e senza far salvi mediante interruzione del termine, gli effetti dell'opposizione proposta tempestivamente di persona dagli opponenti.

Il giudice a quo prospetta il dubbio che sia reso troppo difficile l'esercizio del diritto di difesa da parte di soggetti che, attese le loro misere condizioni economiche, non sarebbero in grado di valersi nei termini prescritti dell'opera di un difensore.

La norma impugnata é censurata anche per aver previsto un unico termine di 30 giorni a favore dei non abbienti, come degli abbienti, assumendo che da ciò possa derivare un'ingiustificata disparità di trattamento nell'esercizio del diritto di difesa, perché in concreto i primi avrebbero a disposizione, per difendersi, soltanto i pochi giorni che residuassero dopo la concessione del gratuito patrocinio, con conseguente violazione dell'art. 3 Cost.

2. - Le questioni non sono fondate.

Va premesso che la stessa Cassazione, nel rimettere gli atti a questa Corte, ha ribadito il principio secondo cui, per la proposizione dell'opposizione al decreto dichiarativo dello stato di adottabilità dei minori, é necessario il ministero di procuratore legale, non soltanto in relazione alla ravvisata natura contenziosa di tale procedimento, ma altresì per la estrema importanza del bene primario tutelabile mediante l'opposizione, trattandosi del mantenimento o della perdita del legame del minore con la famiglia d'origine.

La questione é prospettata, in sostanza, per l'asserita eccessiva brevità del termine in riferimento ai non abbienti, i quali sono costretti a ricorrere al gratuito patrocinio e necessitati ad ottenere in tempo utile la nomina di un difensore.

Secondo quanto più ampiamente esposto nella sentenza di questa Corte n. 57/79, il termine di 30 giorni, fissato dalla norma impugnata, va considerato congruo e non contrastante con l'art. 24 della Costituzione. Per giunta, in subiecta materia, l'ammissione al gratuito patrocinio é disposta dal Presidente del tribunale per i minorenni (art. 9 r.d. 20-9-1934, n. 1579), con una procedura che può espletarsi in pochissimi giorni, lasciando anche ai non abbienti un sufficiente margine di tempo perché il diritto di difesa possa esser esercitato in maniera soddisfacente.

In realtà, secondo quanto sembra emergere da questo come da altri casi, é prevalentemente l'ignoranza delle disposizioni processuali che induce gli interessati a non svolgere quel minimo di attività che consentirebbe loro di non far decorrere il termine in esame. In relazione alle condizioni personali degli eventuali opponenti, che nella generalità dei casi versano in misere condizioni economiche e sono culturalmente sprovveduti, sarebbe quindi assai opportuno che l'avviso del loro diritto a proporre opposizione nelle forme e nei termini di cui agli artt. 314/12 e segg. c.c (notificato contestualmente al decreto di adottabilità), venisse completato di dettagliate ed esplicite indicazioni, idonee a rendere in concreto più facilmente esercitabile il diritto di difesa.

3. - Per quanto attiene, infine, alla dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione, é sufficiente rilevare, dopo quanto già osservato, che la diversità di situazioni in cui vengono a trovarsi gli abbienti e i non abbienti, in ordine al diritto di difesa, é espressamente presa in considerazione dall'art. 24, terzo comma, della Costituzione. Alla disparità in questione é apprestato un apposito rimedio, il ricorso al gratuito patrocinio, considerato idoneo, dallo stesso sistema costituzionale, ad eliminare gli inconvenienti lamentati. Non risulta pertanto giustificabile la previsione di termini soggettivamente differenziati.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 314/12, primo comma, del codice civile - in relazione all'art. 82, ultimo comma, c.p.c. - sollevate. in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, con l'ordinanza della Corte di cassazione in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 4 luglio 1979.