Sentenza n. 56 del 1979
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SENTENZA N. 56

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Leonetto AMADEI, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (istitutiva dei tribunali amministrativi regionali), promosso con ordinanza emessa il 12 ottobre 1977 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna nel procedimento vertente tra Honnorat Teodoro e il Ministero del tesoro, iscritta al n. 164 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 154 del 5 giugno 1978.

Visto l'atto di costituzione del Ministro del tesoro;

udito nell'udienza pubblica del 21 marzo 1979 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;

udito il vice avvocato generale dello Stato Elio Vitucci, per il Ministro del tesoro.

Ritenuto in fatto

Il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, decidendo preliminarmente sulla ricevibilità di un ricorso avverso un provvedimento del Ministero del tesoro, proposto dopo i sessanta giorni dalla notificazione dell'atto all'interessato, ha sollevato d'ufficio questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 - che tale termine prescrive - in riferimento all'art.24, primo e terzo comma, della Costituzione.

osserva il giudice a quo che la richiesta del ricorrente di ottenere una rimessione in termini é assolutamente priva di fondamento, non ricorrendone i presupposti giuridici; che tuttavia l'accertata non riferibilità a colpa del ricorrente della tardività del ricorso, fa dubitare della legittimità della norma impugnata secondo cui il termine per ricorrere, essendo stabilito a pena di decadenza, non consente interruzioni o sospensioni che non siano espressamente previste dal legislatore.

Invero posto che la procedura per il gratuito patrocinio assorbe, per il suo espletamento, un certo lasso di tempo, e che il difensore nominato può, come nel caso di specie, declinare l'incarico per impedimento, con la necessità di nominarne un altro, accade a volte che anche il termine di 60 giorni non é sufficiente all'indigente per potersi provvedere di un difensore in tempo utile all'esercizio di una tempestiva proposizione del ricorso. Da ciò deriverebbe che la norma impugnata (ed il richiamato istituto del gratuito patrocinio), non prevedendo una sospensione o una diversa decorrenza del termine a favore del cittadino non abbiente, renda eccessivamente gravoso l'esercizio del diritto di agire in giudizio, con conseguente violazione dell'art. 24, primo e terzo comma, della Costituzione.

Si é costituito in giudizio il Ministero del tesoro - parte nel giudizio amministrativo - rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con deduzioni dell'8 giugno 1978, chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione.

Premette la difesa dello Stato che ai fini della certezza del diritto, costituente un principio fondamentale dell'ordinamento giuridico, occorre che di tutte le situazioni giuridiche contestate si possa conoscere se sono state definitivamente decise o se sono ancora in uno stato di pendenza. Il principio ha pari importanza nei confronti della pubblica amministrazione, giacché questa opera attraverso un sistema di attività concatenate: ad es., i tributi non vengono iscritti a ruolo finché non siano divenuti definitivi; non si decreta l'espropriazione finché non sia divenuta definitiva la dichiarazione di pubblica utilità, ecc. L'accertamento della definitività di un atto é connessa all'avvenuto decorso dei termini per impugnarlo, la cui constatazione va effettuata tenendo conto anche di talune eccezionali cause di sospensione dei termini di decadenza, come quelle introdotte dal legislatore per le ferie estive, per le calamità naturali, per taluni scioperi degli uffici giudiziari o finanziari (ma non postali).

Ad avviso del giudice a quo, prosegue l'Avvocatura generale occorrerebbe altresì prendere in considerazione la condizione di abbienza o meno dei soggetti interessati dall'atto; se essi si siano rivolti alla Commissione per il gratuito patrocinio e questo, valutato il fumus, abbia, o non, ammesso alla concessione, ecc. ecc. La norma denunciata avrebbe quindi dovuto tenere conto delle condizioni di indigenza degli interessati all'atto, introducendo termini differenziabili in relazione alle condizioni personali dei vari soggetti. Secondo l'Avvocatura le discriminazioni che ne deriverebbero non sarebbero in linea con i principi costituzionali, mentre la tutela dei non abbienti, garantita dall'art. 24, terzo comma, della Costituzione, é attuata proprio mediante l'istituto del gratuito patrocinio che consente, in caso di urgenza, la nomina provvisoria del difensore. Il problema si traduce quindi esclusivamente in una valutazione della congruità del termine di 60 giorni, previsto dalla norma impugnata.

In proposito viene ricordata la costante giurisprudenza della Corte costituzionale che ha escluso l'illegittimità di termini assai più brevi, di 15 o di 3 giorni, precisando che la congruità del termine va valutata non soltanto in considerazione dell'interesse del soggetto che ne può far uso, ma specialmente in relazione all'esigenza pubblica che é soddisfatta mediante la previsione del termine comminato (sent. n. 93 del 1962 e n. 118 del 1963).

Pertanto, l'esigenza di certezza del diritto, che interessa anche le pubbliche amministrazioni, giustifica pienamente la fissazione di un termine di 60 giorni, escludendo qualsiasi dubbio sulla incongruità ed illegittimità costituzionale dello stesso.

Considerato in diritto

La Corte costituzionale deve decidere se contrasti o meno con l'art. 24, primo e terzo comma, della Costituzione, l'art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (istitutiva dei tribunali amministrativi regionali), nella parte in cui non prevede la sospensione o una diversa decorrenza del termine ordinario di 60 giorni per proporre gravame avverso un provvedimento amministrativo, a favore del non abbiente che abbia fatto domanda per l'ammissione al gratuito patrocinio. Si prospetta infatti il dubbio, da parte del giudice a quo, che la durata della correlativa procedura renda estremamente difficoltoso ai non abbienti l'esercizio del diritto di agire in giudizio, per la possibilità che i medesimi non riescano ad ottenere tempestivamente la nomina di un difensore.

La questione non é fondata.

É noto che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il diritto di difesa e di agire in giudizio deve essere regolato dalla legge in modo da garantirne l'effettività, sicché ove fossero stabiliti termini così ristretti da renderne eccessivamente difficile l'esercizio o da vanificarlo, la relativa normativa dovrebbe esser dichiarata illegittima. Alla stregua di tale consolidato orientamento, la congruità di un termine deve esser valutata tanto in rapporto all'interesse del soggetto che ha l'onere di compiere un atto per tutelare i propri diritti e interessi, quanto in relazione alla funzione ad esso assegnata nell'ambito dell'ordinamento giuridico.

Sotto l'uno e l'altro profilo non v'é dubbio che il termine di 60 giorni, stabilito per proporre ricorso giurisdizionale avverso gli atti della pubblica amministrazione, sia ragionevole e congruo per apprestare un'adeguata impugnazione, attesa l'ampiezza di esso, e l'interesse generale alla sollecita definizione dei rapporti tra privati e pubblica amministrazione. Non occorre quindi nemmeno far riferimento alla giurisprudenza di questa Corte che ha respinto analoghe censure avverso disposizioni che sancivano termini perentori di durata assai più breve.

Né appaiono più consistenti le censure che si appuntano sulla pretesa necessità di una sospensione del termine a favore dei non abbienti che siano ricorsi all'istituto del gratuito patrocinio. Invero il termine in esame é certamente sufficiente al non abbiente per provocare, in tempo utile, la pronuncia dell'apposita Commissione per il gratuito patrocinio, istituita, ai sensi dell'art. 28 del d.P.R. 21 aprile 1973, n. 214, presso ogni Tribunale amministrativo regionale o Sezione distaccata di esso, la quale si riunisce, periodicamente, nei giorni prestabiliti all'inizio di ogni anno. Inoltre l'art. 29 del citato regolamento prevede espressamente che il Presidente, in caso di urgenza, deve disporre convocazione straordinaria della stessa Commissione.

Pertanto la norma impugnata non rende eccessivamente oneroso l'esercizio del diritto di azione nemmeno nei confronti di coloro che son costretti a valersi dell'istituto del gratuito patrocinio.

Che se poi la violazione delle disposizioni in esame, o eventi eccezionali abbiano dato luogo a differenze di trattamento derivanti da circostanze di fatto, tali inconvenienti non sono riferibili alla norma impugnata, né determinano, quindi, vizio di illegittimità costituzionale, come questa Corte ha già avuto occasione di affermare (sentenze nn. 109 e 209 del 1971).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, sollevata, in riferimento all'art. 24, primo e terzo comma, della Costituzione, con l'ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 4 luglio 1979.