Sentenza n. 50 del 1979
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SENTENZA N. 50

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Leonetto AMADEI, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1916 del codice civile in relazione al d.P.R. 3 febbraio 1965, n. 14 (diritto di surrogazione dell'assicuratore), promosso con ordinanza emessa il 18 dicembre 1974 dal pretore di Milano, nel procedimento civile vertente tra la S.p.a. Ferrovie Nord Milano e Tozzi Tullio e Ranieri Franco, iscritta al n. 422 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 306 del 19 novembre 1975.

Visto l'atto di costituzione di Tozzi Tullio nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1979 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;

uditi l'avv. Giuseppe Fanelli per Tozzi Tullio, e il vice avvocato generale dello Stato Giovanni Abisinni per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con atto di citazione, notificato il 21 e 22 febbraio 1973, la S.p.a. Ferrovie Nord Milano, assumendo che a seguito di sinistro stradale, avvenuto il 28 novembre 1971, in Milano, in cui erano venute a collisione l'autovettura MI P-81327 di proprietà di Ranieri Franco e l'autovettura di Tozzi Tullio dallo stesso condotta nella quale viaggiava Scalise Antonio, dipendente, in veste di assuntore, dell'attrice, lo Scalise era rimasto gravemente ferito e, pertanto, si era assentato dal lavoro, e che erano state, nel periodo di assenza, corrisposte allo Scalise dalla medesima società attrice lire 625.261 a titolo di indennità, evocò il Tozzi e il Ranieri avanti il pretore di Milano per sentirne dichiarare la responsabilità in via alternativa o solidale o pro quota, e pronunciarne la condanna alla somma di lire 625.261 a favore della S.p.a. Ferrovie Nord Milano.

Avendo i convenuti eccepito la carenza di titolarità del diritto fatto valere dall'attrice, questa sollevò questione di legittimità costituzionale dell'art. 1916 cod. civ. in riferimento all'art. 3 Costituzione, assumendo che il carattere assistenziale, e non remunerativo, della prestazione della indennità, dovuta all'assuntore colpito da infortunio non professionale, in virtù dell'art. 7 legge 3 febbraio 1965 n. 14 (regolamentazione delle assuntorie nelle ferrotranvie esercitate in regime di concessione), da ricondursi, sempre ad avviso dell'attrice, all'art. 2110 cod. civ., convincerebbe a riconoscere al datore di lavoro, che abbia corrisposta la indennità, il diritto di surrogazione, attribuito dall'art. 1916 cod. civ. ai soli istituti assicuratori, e che il mancato riconoscimento di tale diritto, sancito dalla preminente giurisprudenza, si risolverebbe in contrasto tra l'art. 1916 cod. civ. e l'art. 3 della Costituzione.

Con ordinanza 18 dicembre 1974, notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 306 del 19 dicembre 1975, in cui viene invocato a parametro anche l'art. 24 Costituzione, il pretore di Milano, facendo proprie le argomentazioni della S.p.a. Ferrovie Nord Milano, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità, in riferimento agli artt. 3 e 24 Costituzione, dell'art. 1916 cod. civ. sul riflesso che la esclusività, riservata dalla norma all'assicuratore che abbia corrisposto l'indennità, del diritto alla surrogazione determina ingiustificata disparità di trattamento rispetto ad altri soggetti che (come, nel caso, il datore di lavoro per effetto dell'art. 7 legge 14/1965) ugualmente provvedono al pagamento; disparità di trattamento, che si risolve, a giudizio del pretore, in violazione dell'articolo 3.

Avanti la Corte si é costituito il solo Tozzi allegando:

a) che la corresponsione della retribuzione all'operaio infortunato non per occasione di lavoro riceve giustificazione dallo stesso rapporto di lavoro, il cui carattere particolare, quale risulta dagli artt. 36 e 38 Costituzione, non consente che la retribuzione venga sospesa, salve determinate limitazioni, per la sopravvenuta temporanea impossibilità del lavoratore di effettuare la propria prestazione, e, pertanto, il datore di lavoro non ha alcun titolo per surrogarsi nel diritto del dipendente verso il terzo responsabile dell'infortunio che ha determinato la sospensione delle prestazioni di lavoro,

b) che la sentenza 26 gennaio 1971 n. 174, con la quale le Sezioni unite della Cassazione affermarono il diritto del datore di lavoro a pretendere dal terzo responsabile dell'uccisione del lavoratore il risarcimento del danno procuratogli dalla perdita delle prestazioni, consecutiva alla morte del dipendente, era non a proposito invocata perché non si verificava il fenomeno della utilizzazione del diritto altrui al risarcimento, con la quale si realizza la surrogazione prevista dall'art. 1916 cod. civ.; surrogazione, che é, invece, giustificata dal principio indennitario dominante nella disciplina dell'assicurazione contro i danni. Né ha mancato il Tozzi di esprimere dubbi nella sussunzione del rapporto di assuntoria nello schema del lavoro subordinato, su cui il pretore di Milano si é basato pur senza offrirne motivazione, e sul carattere "assicurativo" della indennità, prevista dall'art. 7 legge 14/1965, in difetto del quale l'attentato al principio di uguaglianza, consumato per la mancata estensione dell'art. 1916 al concessionario di ferrotranvie private, non potrebbe neppur prospettarsi.

Né infine ha omesso lo stesso Tozzi di osservare che, una volta esclusa la lesione dell'art. 3, non residua spazio per prendere in esame la denunciata violazione dell'art. 24 della Costituzione.

Mediante atto 6 dicembre 1975, testualmente riprodotto, con la sola emenda di qualche errore di stampa, nella memoria 2 maggio 1979, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha spiegato intervento ponendo in luce che il datore di lavoro, il quale, in applicazione dell'art. 2110, abbia corrisposto la retribuzione al dipendente durante la sospensione provocata da infortunio pur non professionale, potrebbe agire ex articolo 2043 cod. civ. nei confronti del terzo responsabile senza giovarsi della surrogazione, attribuita ai soli istituti assicuratori, dall'art. 1916, il cui contrasto con l'art. 3 non sarebbe neppure ipotizzabile, così come non sembra ipotizzabile la violazione dell'art. 24 in quanto al datore di lavoro viene, con il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno, garantita anche la conseguente possibilità di tutela in giudizio.

Alla pubblica udienza del 16 maggio 1979 la difesa del Tozzi e l'Avvocatura generale dello Stato hanno illustrato le già formulate conclusioni.

Considerato in diritto

1 - La proposizione, svolta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, che il datore di lavoro sia legittimato a con. seguire dal terzo responsabile (della morte o) dell'infortunio non professionale del lavoratore il risarcimento dei danni, consecutivi alla perdita (definitiva o) temporanea delle prestazioni del lavoratore, anche se ritenuta conforme a diritto, non é sufficiente a decretare la irrilevanza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1916 cod. civ. nei termini prospettati dal pretore di Milano, perché la surrogazione, in detta norma prevista, comporta l'acquisizione (non importa se autonoma o subordinata alla dichiarazione dell'assicuratore) dei diritti vantati dall'assicurato danneggiato verso il terzo responsabile nei limiti - s'intende - della indennità corrisposta, laddove il datore di lavoro mira ad ottenere iure proprio ristoro dal sacrificio che il suo patrimonio ha sofferto per la mancata utilizzazione delle energie di lavoro del dipendente.

Né la ipotizzata declaratoria d'irrilevanza potrebbe trar conforto dal recente mutamento di indirizzo giurisprudenziale della Corte di cassazione inteso a dire non risarcibile il danno sofferto, in dipendenza d'infortunio non professionale, dal lavoratore, che ha continuato a percepire, durante il periodo d'invalidità, l'intera retribuzione dal proprio datore di lavoro, senza lamentare altri pregiudizi, pur radicati nel rapporto di lavoro, che non siano coperti dalla percetta retribuzione, perché il lavoratore, a differenza dell'assicuratore, non fruisce di diritti, derivanti da un diverso rapporto, ma mira ad addossare al terzo le conseguenze a lui pregiudizievoli della mancata o imperfetta utilizzazione delle proprie energie di lavoro.

2. - La prospettata questione, invece, si appaleserebbe irrilevante se si negasse la inserzione del rapporto d'assuntoria nelle ferrovie in regime di concessione nello schema di lavoro subordinato, disciplinato, per quel che ne interessa, dall'art. 2110 cod. civ. (sussunzione postulata ma non verificata dal giudice a quo). Sennonché la questione sulla corretta qualificazione del rapporto di assuntoria é di tale consistenza da reputare priva di utilità la restituzione degli atti al pretore di Milano, voltaché la natura, puntuale ma non esaustiva, che é propria della cognizione del presupposto della rilevanza, non consentirebbe di eliminare i relativi dubbi.

3. - Il giudice a quo ha ravvisato la violazione dell'art. 3, di cui si rende colpevole chi non estenda ai rapporti tra datore di lavoro e terzo responsabile dell'infortunio non professionale del lavoratore il diritto di surrogazione, riservato dall'art. 1916 all'assicuratore, nella pretermissione della identità di posizione giuridica tra assicuratore che ha pagato l'indennità all'assicurato responsabile del danno, e datore di lavoro, che ha corrisposto la retribuzione al lavoratore, che ha sospeso le proprie prestazioni a seguito di infortunio non professionale, provocato dal fatto ingiusto di un terzo.

Sennonché l'art. 1883 del vigente codice civile, raccogliendo l'insegnamento di autorevolissima dottrina, ha riservato la legittimazione a dar vita a contratti di assicurazione alle imprese di assicurazione, esercitate da istituti di diritto pubblico o da società per azioni con la osservanza di leggi speciali, e tale riserva non consente, pur nella identità di elementi oggettivi, strutturali e funzionali che si vedrà insussistente, di ravvisare parità di posizioni tra istituti assicuratori e soggetti, che di tale qualità sian privi. Questa diversità di posizioni riceve conferma proprio dall'art. 1916, il quale, all'ultimo comma, statuisce che le relative disposizioni si applicano anche alle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e contro le disgrazie accidentali.

4. - Ribaditi poi i rilievi già svolti sub n. 1, sulla estraneità, alla soluzione della questione di legittimità costituzionale, del riconoscimento, o no, al datore di lavoro della legittimazione a conseguire dal terzo responsabile il risarcimento del danno, provocatogli dalla mancata utilizzazione delle energie di lavoro del dipendente, così come della irrisarcibilità in parte qua del pregiudizio sofferto dal lavoratore infortunato, che abbia continuato a percepire la retribuzione, é la funzione della surrogazione dell'assicuratore, che non consente di ravvisare nella mancata sua estensione al datore di lavoro violazione della regola della parità di trattamento di posizioni uguali. L'assicurazione contro i danni fa dell'impresa, che la stipula, il garante in via sussidiaria del danneggiato assicurato, e tale funzione spiega la surrogazione dell'assicuratore, che ha corrisposto l'indennità, nei limiti quantitativi di questa, nei diritti dell'assicurato danneggiato e, nel contempo, il dovere, che su quest'ultimo grava, di non arrecare pregiudizio al diritto di surrogazione che all'assicuratore compete.

L'art. 2110 non consente di ravvisare nel datore di lavoro, che continui a corrispondere la retribuzione al lavoratore infortunato per cause non professionali, una sorta di garante in via sussidiaria del lavoratore stesso perché la causa di tali attribuzioni patrimoniali é pur sempre il rapporto di lavoro, che é sospeso e non risolto.

Del che somministra sicura conferma l'u1timo comma dell'art. 2110, il quale ammonisce che il periodo di assenza dal lavoro per infortunio, malattia, gravidanza o puerperio, deve essere computato nell'anzianità di servizio.

Che infine il primo comma dell'art. 2110 avverta che la retribuzione non sia dovuta per i tempi di assenza del prestatore di lavoro le quante volte la legge stabilisce forme equivalenti di previdenza e di assistenza, non giova ad istituire tra queste e l'obbligo del datore di lavoro quella identità di natura giuridica in difetto della quale non é lecito ipotizzare parità di posizioni tra datore di lavoro e assicuratore contro i danni; il che é, tra l'altro, evidenziato, sul piano esegetico, dall'aggettivo: "equivalenti", prudentemente adoperato dal legislatore, e dal già menzionato ultimo comma dell'art. 2110.

5. - Per riassumere e concludere: se il datore di lavoro, che - lo si ripete - é privo dello status d'impresa di assicurazioni, corrisponde la retribuzione al lavoratore infortunato perché ne é astretto dal contratto di lavoro liberamente voluto e sospeso ma non sciolto, logica, ad un tempo economica e giuridica, vuole che non possa indossare anche la veste del garante in via sussidiaria del lavoratore stesso, in difetto della quale la identità di posizione tra datore di lavoro e assicuratore contro i danni non sussiste, e il sospetto d'incostituzionalità dell'art. 1916 per mancata previsione dell'ipotesi del datore di lavoro, che osserva l'art. 2110, non può non giudicarsi infondato. Il quale giudizio coinvolge la questione di costituzionalità in riferimento all'art. 24, dappoiché la tutela giudiziale é assicurata ai soli diritti, previsti nell'ordinamento sostanziale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1916 codice civile, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, con la ordinanza 18 dicembre 1974 del pretore di Milano.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 giugno 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 18 giugno 1979.