Sentenza n. 29 del 1979
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 29

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Leonetto AMADEI, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. un. della legge 7 giugno 1977, n. 296 (cause di sospensione della durata della custodia preventiva), promosso con ordinanza emessa il 26 ottobre 1977 dalla Corte di assise di Torino nel procedimento penale a carico di Brunelli Franco ed altri, iscritta al n. 117 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 135 del 17 maggio 1978.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 18 aprile 1979 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza 26 ottobre 1977, notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 135 del 17 maggio 1978 (n. 117 ord. 1978), la Corte d'assise di Torino, nel procedimento penale a carico di Brunelli Franco ed altri, dopo aver rilevato che, ove non fosse intervenuta la sospensione, prevista nell'art. 272, comma sesto, c.p.p., sostituito nell'art. 1 d.l. 30 aprile 1977, n. 151, conv. in legge 7 giugno 1977, n. 296, il termine massimo di custodia preventiva sarebbe già maturato per gli imputati Fasoli, Galati e Pedilarco, ha ritenuto infondata la questione di costituzionalità della menzionata norma in riferimento agli artt. 3, 24, comma secondo, 27 Cost. e non manifestamente infondata in relazione all'art. 13, comma quinto, della Costituzione.

Nessuno si é costituito; ha spiegato intervento la Presidenza del Consiglio dei ministri con atto 25 maggio 1978, nel quale l'Avvocatura generale dello Stato ha chiesto dichiararsi infondata la questione di costituzionalità ponendo in chiaro che il conflitto tra la esigenza di difesa della collettività e il rispetto della presunzione di non colpevolezza dell'imputato é, nel caso di forza maggiore la quale incida su questa in non diversa misura che su quelle, risolto in guisa ragionevole e, comunque, non contrastante con l'art. 13, comma quinto, dappoiché i casi di forza maggiore considerati non sembrano avere operatività sine die, destinati, come sono, a risolversi in un tempo tale da non vanificare i ragionevoli limiti temporali della carcerazione preventiva.

Argomentazioni e conclusioni ribadite nel corso della udienza pubblica del 18 aprile 1979.

Considerato in diritto

Il giudice a quo premette che, mentre per talune ipotesi descritte nell'art. 272, comma sesto, c.p.p. sub art. 1 d.l. 151/1977, la sospensione dei termini della custodia preventiva nel corso della fase dibattimentale vien fatta dipendere da circostanze rapportabili alla volontà dell'imputato e del suo difensore tecnico e, comunque, da circostanze a lui imputabili, nell'ipotesi, invece, in cui la sospensione del dibattimento sia determinata da forza maggiore che impedisce di formare il collegio giudicante e di esercitare la difesa, la sospensione sarebbe provocata da circostanze, sottratte all'iniziativa, al controllo e alla disponibilità dell'imputato; soggiunge che la norma non specifica neppure da qual momento riprendano a decorrere i termini del "novellato" art. 272, comma sesto, c.p.p., ditalché - sempre a giudizio della Corte d'assise di Torino - la custodia preventiva potrebbe protrarsi sine die; conclude che la questione di costituzionalità non é manifestamente infondata nella parte in cui la norma impugnata, in riferimento al rinvio o alla sospensione del dibattimento dovuti a causa di forza maggiore, non dispone che la durata della custodia non sia comunque procrastinabile oltre un limite cronologico predeterminato in riferimento all'art. 13, comma quinto, della Costituzione, il quale riserva alla legge la determinazione dei limiti massimi della carcerazione preventiva.

Agevole é osservare in primo luogo che gli eventi di forza maggiore - quale che ne sia la natura - operano all'interno dei termini massimi fissati nell'art. 272, e, in secondo luogo, che la forza maggiore non é per definizione suscettibile di predeterminazione: o le si nega rilevanza (il che neppure il giudice a quo opina), o, se gliela si riconosce, la sua virtù sospensiva non può non esplicarsi per il tempo in cui permane.

L'accertamento, poi, della persistenza della forza maggiore che impedisca di formare il collegio giudicante o di esercitare la difesa compete al giudice di merito, il quale dovrà, con il rigore imposto dal rispetto del diritto di libertà personale dell'imputato, costituzionalmente garantito, accertare se si tratti davvero di forza maggiore ovvero se, per mutuare la incisiva espressione dall'atto d'intervento dell'Avvocatura generale dello Stato, si contrabbandino per impossibilità di formare collegi giudicanti o di provvedere alla difesa eventi privi di tali caratteristiche.

É appena il caso di rilevare che l'effetto della sospensione del termine massimo di carcerazione preventiva, che la norma impugnata ricollega al provvedimento di sospensione o di rinvio del dibattimento, si risolve in un implicito provvedimento incidente sulla libertà personale dell'imputato, che, in quanto tale e indipendentemente dalle vicende del provvedimento di sospensione o di rinvio del dibattimento, forma oggetto di quelle stesse garanzie processuali, che operano nel campo delle limitazioni della libertà personale dell'imputato non solo nel momento, per così dire, genetico della forza maggiore, ma anche, e soprattutto, nel suo protrarsi nel tempo.

Né va dimenticato che per quel che attiene alla impossibilità di formare il collegio giudicante ben potrà l'imputato muovere denuncia al Consiglio superiore della Magistratura, così come, per quel che concerne l'impossibilità di provvedere alla difesa, potrà lo stesso imputato rivolgere censura al competente Consiglio dell'ordine forense.

In riferimento all'unico parametro di costituzionalità, identificato dalla Corte d'assise di Torino nell'art. 13, comma quinto, il sospetto d'illegittimità del "novellato" art. 272, comma sesto, c.p.p. nella parte in cui detta norma non fissa i termini, oltre i quali la forza maggiore cessa di provocare la sospensione della durata della custodia preventiva, é ingiustificato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto legge 30 aprile 1977, n. 151, conv. in legge 7 giugno 1977, n. 296, sollevata dalla Corte d'assise di Torino, in riferimento all'art. 13, comma quinto, della Costituzione, con la ordinanza 26 ottobre 1977.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 24 maggio 1979.