Sentenza n. 24 del 1979
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SENTENZA N. 24

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Leonetto AMADEI, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 381, secondo comma, 205 e 576, terzo comma, del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 27 ottobre 1976 dal giudice istruttore del tribunale di Cassino, nel procedimento penale a carico di Cucchi Annino, iscritta al n. 43 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 94 del 6 aprile 1977;

2) ordinanza emessa il 17 settembre 1977 dal giudice istruttore del tribunale di Reggio Emilia nel procedimento penale a carico di Pasqualini Alberto, iscritta al n. 502 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 334 del 7 dicembre 1977.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 marzo 1979 il Giudice relatore Michele Rossano;

udito il vice avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con sentenza 26 luglio 1976 il giudice istruttore del tribunale di Cassino, su conforme richiesta del pubblico ministero, dichiarò non doversi procedere nei confronti di Annino Cucchi in ordine ai reati di cui agli artt. 624, 625, n. 1, e 495 cod. pen. perché lo stesso non era imputabile, e, a norma dell'art. 222 cod. pen., ordinò il ricovero del medesimo in manicomio giudiziario, per la durata minima di due anni.

Avverso tale sentenza il Cucchi propose appello e incidente d'esecuzione, sostenendo che l'impugnazione sospendeva l'applicazione della misura di sicurezza e sollevando, in via subordinata, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 576, comma terzo, cod. proc. pen. in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Con ordinanza 27 ottobre 1976 il giudice istruttore del tribunale di Cassino ha ritenuto rilevante, ai fini della decisione sull'incidente di esecuzione, e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 381, comma secondo, 205, 576, comma terzo, cod. proc. pen. nella parte in cui non prevedono la sospensione dell'esecuzione della misura di sicurezza, in pendenza del giudizio sull'impugnazione proposta da parte dell'imputato, prosciolto con sentenza istruttoria, con la quale é stata disposta l'applicazione di misura di sicurezza.

L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 6 aprile 1977.

Nel giudizio davanti a questa Corte non si é costituita la parte e non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

2. - Con sentenza 5 agosto 1977 il giudice istruttore del tribunale di Reggio Emilia, su conforme richiesta del pubblico ministero, dichiarò non doversi procedere nei confronti di Alberto Pasqualini in ordine al reato di cui agli artt. 582 e 577, n. 1, cod. pen., trattandosi di persona non imputabile per totale infermità di mente e, a norma dell'art. 222 cod. pen., ordinò il ricovero dello stesso in ospedale psichiatrico giudiziario per un periodo non inferiore a due anni.

Avverso tale sentenza il Pasqualini propone appello e incidente di esecuzione, chiedendo la sospensione dell'esecuzione della misura di sicurezza e sollevando, in via subordinata, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 576, cpv. secondo, 205 e 381, cpv. primo, cod. proc. pen., in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Con ordinanza 17 settembre 1977 il giudice istruttore del tribunale di Reggio Emilia ha ritenuto rilevante ai fini della decisione sull'incidente di esecuzione e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 576, comma terzo, cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede che l'esecuzione della sentenza di proscioglimento, che applichi una misura di sicurezza, sia sospesa fino a quando la sentenza stessa sia divenuta irrevocabile.

L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 334 del 7 dicembre 1977.

Nel giudizio davanti a questa Corte non si é costituita la parte privata.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con atto depositato il 6 dicembre 1977, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.

Considerato in diritto

I due giudizi vanno riuniti in quanto sollevano questioni che per aspetti diversi attengono ad una comune censura di violazione dell'art. 3, comma primo, della Costituzione.

1. - Secondo il giudice istruttore del tribunale di Cassino gli artt. 381, comma secondo, 205 e 576, comma terzo, cod. proc. pen. sarebbero in contrasto con il principio di eguaglianza in quanto determinerebbero una disparità di trattamento non giustificata tra due soggetti che si trovano nella medesima condizione: l'imputato condannato e l'imputato prosciolto. La disparità sussisterebbe in quanto l'imputato condannato può beneficiare, in pendenza della impugnazione, della sospensione della esecuzione della condanna e della misura di sicurezza, mentre il prosciolto, pur avendo diritto all'impugnazione (art. 387 c.p.p.) avverso la sentenza, con la quale il giudice istruttore ha dichiarato non doversi procedere, trattandosi di persona non imputabile per infermità psichica (art. 378 c.p.p.), ed ha ordinato il ricovero in un manicomio giudiziario (art. 222 c.p.), non ha diritto alla sospensione della misura di sicurezza anche quando l'impugnazione investe l'applicabilità di detta misura, contestandosi il presupposto dell'infermità mentale.

Potrebbe, quindi, accadere che il giudice della impugnazione escluda la non imputabilità e prosciolga l'imputato con altra formula o ne ordini il rinvio a giudizio, mentre, nel frattempo, l'imputato é ricoverato in manicomio giudiziario e rimane privo della libertà personale per un periodo di durata tale da rendere vano l'accoglimento dell'impugnazione.

2. - Il giudice istruttore del tribunale di Reggio Emilia ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 576, comma terzo, cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede che l'esecuzione della sentenza di proscioglimento, che applichi la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, sia sospesa fino a quando la sentenza stessa non sia divenuta irrevocabile.

Ha considerato che la sentenza di proscioglimento, pur in pendenza di impugnazione, é immediatamente esecutiva anche per quanto concerne la misura di sicurezza in essa disposta, laddove il condannato, a termini degli artt. 205, 576, comma quarto, cod. proc. pen., non é assoggettato, fino alla data in cui la sentenza diviene irrevocabile, alla esecuzione della pena e della misura di sicurezza. Siffatto trattamento differenziato non sarebbe giustificato dalla considerazione che "caratteristica della pena é l'afflittività", laddove le misure di sicurezza sono "piuttosto tese alla cura e al recupero dell'individuo", in quanto può opporsi: da un lato che la misura di sicurezza presenta "in realtà un concreto connotato di afflittività" e dall'altro che "anche la pena tende alla rieducazione del condannato, ma soprattutto che le esigenze di assistenza medica e di difesa sociale, che possono richiedere l'immediato ricovero del prosciolto, sono già sufficientemente tutelate dall'art. 206 cod. pen., secondo il quale nell'istruttoria o nel giudizio il giudice provvede, all'occorrenza, all'applicazione provvisoria della misura di sicurezza che sarà revocata, ai sensi dell'art. 381 cod. proc. pen.", allorché con la sentenza di proscioglimento sarà applicata la misura di sicurezza a norma del codice penale.

3. - Le questioni non sono fondate.

Il giudice, se si tratta di persona che, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere e di volere (artt. 85 e 88 c.p.), deve pronunciare sentenza di non doversi procedere perché si tratta di persona non imputabile (art. 378 c.p.p.) ed ordinare il ricovero in un manicomio giudiziario per un certo periodo di tempo (art. 222, comma primo, c.p.). Il giudice fonda la pronuncia su perizia psichiatrica, cioè su accertamento tecnico dei disturbi della sfera intellettiva e volitiva di indubbia natura patologica. Ed é in considerazione di siffatto accertamento, del grave pericolo per la comunità, della necessità di difesa preventiva sociale e, nel contempo, di cura del prosciolto, che la qualità di persona socialmente pericolosa é presunta dalla legge (art. 204, comma secondo, c.p.).

Il legislatore non ravvisa conciliabile con dette esigenze una esecuzione dilazionata sulla base dell'art. 205 cod. proc. pen., che, con la statuizione "salvo che la legge disponga altrimenti", attribuisce al legislatore stesso il potere di stabilire le eccezioni al principio generale dell'effetto sospensivo della impugnazione.

Le suddette esigenze non possono essere soddisfatte solo dall'art. 206 cod. pen., che prevede l'applicazione provvisoria di misure di sicurezza nell'istruzione.

In vero questa applicazione provvisoria deve cessare in caso di proscioglimento (art. 381, comma secondo, c.p.p.); ed allora, qualora non fosse immediatamente esecutiva la sentenza di proscioglimento che applica la misura di sicurezza definitiva, si giungerebbe alla situazione irragionevole che il prosciolto, provvisoriamente internato in manicomio giudiziario, deve essere posto in libertà proprio dopo che con quella sentenza é stata accertata la sua infermità psichica e, di conseguenza, sussiste la pericolosità presunta.

Ben diversa da quella del prosciolto per difetto di imputabilità é la situazione del condannato al quale é applicata anche la misura di sicurezza.

Nella ipotesi di misura di sicurezza conseguente a condanna, la pena costituisce l'oggetto primario ed essenziale della sentenza, mentre la misura di sicurezza ha natura complementare rispetto alla pena e, perciò, va eseguita dopo la espiazione della pena.

Invece, l'applicazione della misura di sicurezza é disposta dalla sentenza di proscioglimento per infermità di mente in quanto conseguenza immediata e diretta dell'accertata infermità; la misura di sicurezza é isolata, autonoma e non subisce l'influenza del regime di esecuzione proprio delle pene.

Non é valido neppure l'altro argomento della parziale equiparazione delle misure di sicurezza alle pene, poiché, come questa Corte ha più volte affermato (sentenze n. 96 del 1970 e n. 167 del 1972), le misure di sicurezza si differenziano ontologicamente dalle pene per la diversità della natura e delle finalità: esecutive e precauzionali le prime, rieducative e retributive le seconde.

Le precisate finalità della misura di sicurezza dell'internamento in manicomio giudiziario e la diversità della situazione giuridica dell'imputato prosciolto per infermità psichica e del condannato escludono che sussista la denunciata irrazionale disparità di trattamento tra soggetti in situazioni identiche o analoghe.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate:

a) la questione di legittimità costituzionale degli artt. 576, comma terzo, 205 e 381, comma secondo, cod. proc. pen., proposta dal giudice istruttore del tribunale di Cassino, con ordinanza 27 ottobre 1976, in riferimento all'art. 3 della Costituzione;

b) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 576, comma terzo, cod. proc. pen. proposta dal giudice istruttore del tribunale di Reggio Emilia, con ordinanza 17 settembre 1977, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 24 maggio 1979.