Sentenza n. 27 del 1978
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SENTENZA N. 27

ANNO 1978

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE,

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 115, tabella XV (rectius: tabella XIV) e nota (a) e 118, tabella XVI (rectius: tabella XIV), del D.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077 (Riordinamento delle carriere degli impiegati civili dello Stato), in relazione all'art. 11 e nota 2 della tabella allegata alla legge di delegazione 18 marzo 1968, n. 249, modificata con legge 28 ottobre 1970, n. 775 (Delega al Governo per il riordinamento dell'Amministrazione dello Stato, per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti statali), promosso con ordinanza emessa il 9 dicembre 1975 dal Consiglio di Stato, sui ricorsi proposti da Renato Cavallari ed altri contro il Ministero delle poste e telecomunicazioni, iscritta al n. 382 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 164 del 23 giugno 1976.

 

Visti gli atti di costituzione di Vezzi Guido ed altri, Renato Cavallari ed altri, del Ministero delle poste e telecomunicazioni, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 18 gennaio 1978 il Giudice relatore Edoardo Volterra;

 

uditi l'avv. Aldo Sandulli per Vezzi Guido ed altri, l'avv. Stefano Varvesi per Renato Cavallari ed altri ed il sostituto avvocato generale dello Stato Elio Vitucci per il Ministero delle poste e telecomunicazioni e per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza emessa il 9 dicembre 1975 il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 115 tabella XIV e 118 tabella XIV del D.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione ed in relazione ai principi espressi nell'art. 11, quinto comma, e nella nota 2 alla tabella allegata alla legge di delegazione 18 marzo 1968, n. 249 modificata con legge 28 ottobre 1970, n. 775. Le norme impugnate riguardano personale delle poste e telecomunicazioni, già distinto, quanto a qualifiche, nelle tabelle L e M della legge 20 febbraio 1970, n. 27, ed hanno raggruppato nelle qualifiche della carriera esecutiva di dirigente d'ufficio e capo ufficio e operatore principale di esercizio rispettivamente i capi ufficio superiori e i capi ufficio di prima classe da un lato nonché i capi ufficio principale, i capi ufficio e ufficiali di prima classe da un altro.

Esse hanno anche (nota A tabella XIV art. 115) attribuito ai capi ufficio e operatori principali di esercizio mansioni meramente esecutive previste dal terzo comma dell'art. 37 della legge 27 febbraio 1958, n. 119.

L'ordinanza lamenta la violazione del principio della piena valutazione del servizio prestato e dell'inserimento nel nuovo ordinamento degli uffici tenendo conto della natura delle mansioni attribuite, a prescindere dalla carriera di provenienza.

Le norme denunziate, infatti, avrebbero illegittimamente "commassato" personale di livello inferiore, preposto anche a mansioni esecutive, con personale di livello superiore, e, per il restante personale, avrebbero previsto l'utilizzazione in mansioni prettamente esecutive con retrocessione rispetto all'impiego cui anteriormente erano adibiti.

2. - L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.

Dinanzi alla Corte costituzionale si sono costituiti Vezzi Guido ed altri rappresentati e difesi dall'avv. Aldo Sandulli, Cavallari Renato ed altri rappresentati e difesi dall'avv. Stefano Varvesi. É intervenuto il presidente del Consiglio e si é costituito il Ministero delle poste e telecomunicazioni rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato.

La difesa di Vezzi Guido in un'ampia ed approfondita memoria si riporta integralmente all'ordinanza del Consiglio di Stato lamentando anche l'irragionevolezza dell'operato del legislatore delegato e la violazione del principio del buon andamento amministrativo.

A sua volta la difesa di Cavallari Renato chiede che la questione venga accolta limitatamente all'inserimento del personale in una carriera esecutiva anziché di concetto. Osserva infatti, quanto alla questione dell'indebita commassazione che il legislatore delegante avrebbe garantito solo la posizione giuridica ed economica acquisita da ciascuno in assoluto e non la relazione di questa posizione con quella di altri dipendenti, anche con riguardo all'intento di ordinare i pubblici uffici secondo le cosiddette qualifiche funzionali. Per quanto invece concerne l'inserimento di una carriera di concetto, ciò sarebbe dovuto discendere dalla nota 2 della tabella allegata alla legge di delegazione che appunto aveva prescritto di tener conto della natura della mansione attribuita prescindendo dalla carriera di provenienza.

3. - L'Avvocatura dello Stato chiede che tutte le questioni vengano respinte osservando che, mentre da un lato si stentava di intendere anche sul piano teorico la differenza di funzioni esistente fra le dirigenze della tabella L e quelle della tabella M, dall'altro tali carriere sarebbero state prettamente esecutive e niente affatto dirigenziali come attestato anche dalla terminologia ufficiale impiegata nelle tabelle anzidette.

La nota a) all'art. 115 del decreto delegato non toglierebbe esattezza al discorso che precede. Si tratterebbe d'una salvaguardia per le situazioni di carattere eccezionalissimo, intesa ad assicurare l'efficienza e la funzionalità del servizio. Di una salvaguardia doverosa, posta a tutela dell'interesse della generalità degli utenti del servizio.

4. - Con ordinanza n. 124/1977, la Corte costituzionale ha disposto l'acquisizione agli atti del parere della Commissione parlamentare previsto dalla legge di delega n. 775 del 1970.

5. - A seguito del deposito da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri del parere della Commissione parlamentare di cui all'art. 21 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, la difesa di Cavallari Renato ed altri ha presentato memoria.

In questa, rilevato che per la qualifica di inquadramento di "dirigente d'ufficio" l'art. 118 del D.P.R. n. 1077 del 1970 ha conservato la corrispondenza con le qualifiche di provenienza fissate nello schema di decreto (mentre invece tale corrispondenza non é stata conservata per gli "ufficiali di 1a classe" inquadrati nella tabella XIV tra i "capi ufficio ed operatori principali di esercizio", anziché in quella di "operatori di esercizio" per essi prevista) si insiste per la dichiarazione di infondatezza della questione della legittimità costituzionale dell'art.118, tabella XIV, del d.P.R.28 dicembre 1970, n. 1077 per quanto riguarda la corrispondenza fra la qualifica di inquadramento di "dirigente d'ufficio" e le qualifiche di provenienza di "capo ufficio superiore" e "capo ufficio di 1a classe". Si chiede invece che sia dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 115 del citato D.P.R. n. 1077, per quanto riguarda il mancato inquadramento in una carriera di concetto dei "dirigenti d'ufficio".

 

 

Considerato in diritto

 

 

1. - Occorre in primo luogo, di fronte alle complesse difese presentate dalle parti, individuare esattamente il thema decidendi in relazione ai termini della questione di costituzionalità sollevata dal Consiglio di Stato.

L'ordinanza in epigrafe denunzia che, in violazione delle norme costituzionali sulla delegazione legislativa (artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione) con riferimento ai principi espressi nell'art. 11 e nella nota 2 alla tabella allegata alla legge di delegazione 18 marzo 1968, n. 249 (modificata con la legge 28 ottobre 1970, n. 775), gli artt. 115 tabella XIV e nota a; 118 tabella XIV del D.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, abbiano raggruppato, nelle qualifiche della carriera esecutiva di dirigente d'ufficio e di capo ufficio e operatore principale di esercizio, personale delle Poste e telecomunicazioni, già distinto dalle tabelle L ed M della legge 20 febbraio 1970, n. 27, rispettivamente in capi ufficio superiori e capi ufficio di prima classe da un lato nonché in capi ufficio principale, capi ufficio e ufficiali di prima classe dall'altro.

L'ordinanza, in particolare, prospetta la violazione del principio della piena valutazione del servizio prestato nell'inserimento del nuovo ordinamento degli uffici, tenendo conto della natura delle mansioni attribuite, a prescindere dalla carriera di provenienza. Le norme denunziate, infatti, nelle qualifiche suddette, avrebbero illegittimamente "commassato" personale che svolgeva compiti qualitativamente diversi. Inoltre, avrebbero previsto, per gli inseriti nella qualifica di capo ufficio e operatore principale di esercizio, anche l'utilizzazione in mansioni esecutive con regresso rispetto all'attività cui anteriormente erano adibiti.

2. - Tali essendo i termini della questione sollevata dall'ordinanza del Consiglio di Stato, la quale non riguarda questioni afferenti alla conservazione della progressione di carriera e del meccanismo parametrale adottato, la Corte non può allargare il thema decidendi, prendendo in esame la censura avanzata dalla difesa di Cavallari Renato ed altri, di violazione dei principi contenuti nella legge di delegazione, per avere il decreto legislativo inserito il personale in questione in una carriera esecutiva anziché di concetto; parimenti non vanno considerati ulteriori profili di illegittimità (prospettati dalla difesa di Vezzi Guido ed altri) relativi a principi costituzionali diversi da quelli che regolano la materia della delegazione legislativa.

3. - La questione nei termini prospettati é infondata.

Le norme impugnate si inquadrano nel più generale disegno del legislatore delegante (art. 11 della legge 18 marzo 1968, n. 249) per cui compito del legislatore delegato era quello di riordinare le carriere degli impiegati civili e degli operai dello Stato sulla base di qualifiche funzionali, operando, di massima, una riduzione delle qualifiche previgenti in base al criterio dell'abolizione di quelle alle quali non corrispondessero, in concreto, mansioni specifiche e differenziate.

Tali norme riguardano un settore dell'amministrazione, quello delle Poste e telecomunicazioni, in cui massima era la frammentazione delle qualifiche in riferimento alle mansioni da svolgersi negli uffici di modesta importanza, e riducono cinque delle preesistenti qualifiche delle tabelle L ed M della legge 11 febbraio 1970, n. 27, alle qualifiche di dirigente d'ufficio e capo ufficio ed operatore principale di esercizio, con ciò già armonizzandosi al generale disegno surriferito.

Né alla disposizione impugnata può muoversi la censura di una indebita "commassazione" delle carriere, perché l'articolo 11 della legge di delegazione n. 249 del 1968 prevede espressamente al secondo comma la fusione delle qualifiche in atto ed alla nota 2 della tabella allegata impone di prescindere dalle carriere di provenienza, così dimostrando l'esattezza della tesi per cui il legislatore delegante ha garantito (e nemmeno in maniera assoluta, stanti le modifiche di cui all'art. 9 della legge 775/1970) solo la posizione giuridica ed economica acquisita da ciascuno senza riguardo alle rispettive posizioni di altri dipendenti.

D'altra parte nella legge delegata si é osservata la distinzione delle mansioni già esercitate prevedendosi una qualifica di dirigenti d'ufficio (che ha raccolto il personale ai vertici delle tabelle L ed M) separata da quella di capo ufficio ed operatore principale di esercizio. E l'omogeneità delle mansioni esercitate dal personale inserito nella qualifica di dirigente d'ufficio può ricavarsi dall'art. 37 della legge 27 febbraio 1958, n. 119, considerando come i cosiddetti capi di ufficio superiore della tabella L - già inquadrati, nonostante la terminologia, in una carriera esecutiva - potevano svolgere mansioni di coadiuvanza nella dirigenza degli uffici e reparti di uffici principali di minore importanza del tutto analoghe alle funzioni di piccola dirigenza e di aiuto dirigenza negli uffici esecutivi postali e telegrafici attribuite ai capi ufficio di prima classe della tabella M. A sua volta il restante personale, inserito nella qualifica di capo ufficio ed operatore principale di esercizio, svolgeva anche le medesime mansioni di collaborazione contabile.

Infine, per quanto riguarda la nota a) dell'art. 115 denunziata, la previsione che gli operatori principali di esercizio possano essere utilizzati anche per le mansioni previste dal terzo comma dell'art. 37 della legge 27 febbraio 1958, n. 119, si giustifica, osservando che la qualifica di operatore principale di esercizio raccoglie anche gli ufficiali di 1a classe dell'ex tabella M, già adibiti a quelle mansioni e che criterio direttivo ricavabile dall'intero contesto della legge di delegazione é quello per cui il legislatore delegato emani norme dirette alla salvaguardia delle esigenze di servizio, quale appunto quella di specie.

 

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 115 tabella XIV e nota a), 118 tabella XIV D.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, promossa, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli artt. 76 e 77, 1 comma, della Costituzione ed in relazione all'art. 11 e nota 2 della tabella allegata alla legge 18 marzo 1968, n. 249, modificata con la legge 28 ottobre 1970, n. 775.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 1978.

 

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE

 

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 12 aprile 1978.