Sentenza n. 140 del 1977
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SENTENZA N. 140

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti, per conflitto di attribuzione, sorti a seguito: a) della lettera 7 aprile 1975, n. 1/4C-91 del Commissario del Governo per la Regione Friuli- Venezia Giulia, avente ad oggetto "autorizzazione agli acquisti degli enti locali",

b) dei decreti 20 luglio e 25 agosto 1976 del Comitato provinciale di controllo, con i quali il Comune di Gorizia veniva autorizzato ad acquistare due appezzamenti di terreno; giudizi promossi rispettivamente con ricorsi del Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, notificato il 6 giugno 1975 e depositato in cancelleria il 23 successivo, e del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 16 novembre 1976 e depositato in cancelleria il 26 successivo, iscritti al n. 21 del registro 1975 e al n. 37 del registro 1976.

 

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri e della Regione Friuli- Venezia Giulia;

udito nell'udienza pubblica del 19 ottobre 1977 il Giudice relatore Livio Paladin;

uditi l'avv. Gaspare Pacia per la Regione Friuli- Venezia Giulia, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con atto notificato il 6 giugno 1975, il Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione, impugnando la nota del 7 aprile 1975, n. 1/4C-91, nella quale il Commissario del Governo presso quella Regione sosteneva la competenza statale in materia di autorizzazioni agli acquisti effettuati, a titolo oneroso o gratuito, dai Comuni, dalle Province e dai loro consorzi.

La nota precisava che la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva deciso di discostarsi dall'orientamento precedentemente assunto in conformità del parere 30 agosto 1967, numero 1797, della I Sezione del Consiglio di Stato, per cui si riconosceva la competenza della Regione Friuli-Venezia Giulia ad adottare i provvedimenti autorizzativi; e ciò a seguito della sentenza 16 maggio 1973, n. 62 della Corte costituzionale, che aveva affermato la spettanza allo Stato del potere di autorizzare Comuni e Province ad acquistare beni immobili e ad accettare lasciti e donazioni. Sebbene tale sentenza riguardasse un conflitto fra lo Stato ed una Regione a statuto ordinario, la nota sosteneva che le argomentazioni della Corte non potevano non applicarsi nei confronti delle stesse Regioni a statuto speciale. Pertanto la nota concludeva che l'esercizio del potere di autorizzare gli acquisti dei Comuni, delle Province e dei loro consorzi doveva venire riassunto dai competenti organi dello Stato, senza che occorresse integrare o modificare le relative norme di attuazione dello Statuto regionale (d.P.R 26 giugno 1965, n. 960).

A sostegno del suo ricorso, il Presidente della Giunta regionale rileva viceversa che la Regione Friuli-Venezia Giulia ha ininterrottamente esercitato il potere autorizzativo in questione, sulla base degli artt. 5, nn. 4, 5, e 60 dello Statuto regionale (legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1), nonché delle corrispondenti norme di attuazione (d.P.R. nn. 959 e 960 del 1965), quali sono state interpretate dal ricordato parere della I Sezione del Consiglio di Stato. In particolare, il ricorso assume che la Regione Friuli-Venezia Giulia si troverebbe in una posizione diversa da quella spettante alle Regioni ordinarie: sia perché l'art. 60 St. le conferisce genericamente il "controllo sugli atti degli enti locali", senza fare menzione dei controlli tipici "di legittimità" e "di merito", cui si riferisce invece l'art. 130 Cost.; sia perché la Regione Friuli-Venezia Giulia dispone di altre peculiari competenze, concernenti il regime dei Comuni e delle Province, sia, finalmente, perché la normativa contenuta nei d.P.R. nn. 959 e 960 del 1965 sarebbe essenzialmente unica e tale da riservare allo Stato- secondo l'espressa previsione dell'art. 8 del d.P.R. n. 959-le sole autorizzazioni all'accettazione di lasciti e donazioni da parte delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. Su questa base il ricorso conclude chiedendo che si riaffermi la competenza regionale in materia e che si annulli la nota impugnata.

2. - Si é costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, resistendo al ricorso della Regione. L'atto di costituzione ribadisce che le motivazioni della sentenza n. 62 del 1973 sarebbero inconciliabili con la tesi regionale della dimensione puramente locale del fenomeno degli acquisti effettuati dai Comuni e dalle Province, come pure con l'idea che le relative autorizzazioni siano riconducibili agli ordinari controlli di merito. Al contrario, il potere autorizzativo non avrebbe riguardo alla funzionalità degli enti territoriali minori, bensì risponderebbe ad esigenze di carattere generale, accomunanti persone giuridiche di ogni tipo ed estrazione; e ricadrebbe perciò nella competenza istituzionale dello Stato.

La difesa della Regione ha quindi depositato una memoria, in cui si argomenta che il d.P.R. n. 960 del 1965 avrebbe trasferito alla Regione la generalità dei controlli, tipici ed atipici, ivi comprese le autorizzazioni agli acquisti degli enti locali.

3. - Con atto notificato il 16 novembre 1976, il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto a sua volta ricorso per conflitto di attribuzione, impugnando due decreti rispettivamente datati 20 luglio e 25 agosto 1976, pervenuti alla Presidenza del Consiglio il 17 settembre ed il 5 ottobre del medesimo anno, con i quali il Comitato provinciale di controllo autorizzava il Comune di Gorizia ad acquistare altrettanti appezzamenti di terreno. Il ricorso assume l'invasione di una competenza che dovrebbe ritenersi riservata allo Stato, secondo i criteri fissati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 62 del 1973.

Si é costituita nel giudizio la Regione Friuli- Venezia Giulia, insistendo anche a questi effetti nelle tesi già esposte.

Considerato in diritto

1. - Tanto il ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia, quanto quello proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, hanno per oggetto la spettanza del potere di autorizzare gli acquisti di immobili e le accettazioni di lasciti e donazioni da parte dei Comuni, delle Province e dei loro consorzi, nell'ambito della Regione stessa. Pertanto i due conflitti si prestano ad essere congiuntamente risolti.

2. - Nel merito, é incontestato che tali autorizzazioni sono state finora concesse dagli organi della Regione esercitanti il controllo sugli atti degli enti locali. In questo senso, infatti, il d.P.R. n. 960 del 1965, che ha dettato le norme di attuazione dello Statuto speciale in materia di controlli sogli atti delle Province, dei Comuni e dei loro consorzi, é stato interpretato sia dalla Regione sia dallo Stato: dalla Regione, che sin dall'inizio ha proclamato - mediante l'art. 38 legge reg. 2 marzo 1966, n. 3 - l'"esclusività dei controlli regionali", fatta eccezione per quanto altrimenti disposto dai decreti presidenziali n. 959 e n. 960 del 1965; e dallo Stato stesso, non appena la I Sezione del Consiglio di Stato, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha espresso il ricordato parere 30 agosto 1967, n. 1797.

Il problema che si pone a questo punto - per effetto della nota commissariale del 7 aprile 1975, che ha dato origine agli attuali conflitti - é se l'iniziale riparto delle attribuzioni sia stato implicitamente contraddetto e superato dalla sentenza n. 62 del 1973, con cui questa Corte ha riconosciuto alla competenza degli organi statali le autorizzazioni degli acquisti effettuati dagli enti territoriali minori, nell'ambito delle Regioni di diritto comune; o se non si debba, viceversa, riconoscere in tal campo alla Regione Friuli-Venezia Giulia una posizione particolare e privilegiata, tale che quella giurisprudenza non potrebbe venirle riferita.

3. - Per affrontare la questione, non é determinante il ricorso agli artt. 5, nn. 4 e 5, e 60 del relativo Statuto speciale, cui s'é richiamata la difesa della Regione: dal momento che le generiche previsioni statutarie di una competenza regionale propria, in tema di "disciplina dei controlli previsti nell'articolo 60", di "ordinamento e circoscrizione dei Comuni", di "controllo sugli atti degli enti locali", da un lato non valgono e dall'altro non bastano a definire la sorte del potere autorizzativo in esame.

Risolutivo é invece il confronto fra le norme statali che hanno rispettivamente regolato i controlli sugli enti locali, in attuazione dell'art. 130 della Costituzione e dell'art. 60 dello Statuto del Friuli-Venezia Giulia. Da una parte, gli articoli 59 e 60 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, hanno affidato agli appositi organi regionali "il controllo di legittimità deferito al Prefetto ed alla Giunta provinciale amministrativa", nonché la richiesta di riesame delle deliberazioni già sottoposte all'approvazione della Giunta medesima; sicché, su questa base, la Corte ha potuto affermare - nella sentenza n. 62 del 1973-che alle Regioni sono stati conferiti i soli controlli "per antonomasia", aventi un carattere generale e tipico, ferma restando allo Stato la spettanza dei controlli particolari ed atipici, quali le autorizzazioni agli acquisti degli enti locali. D'altra parte, l'art. 1 del d.P.R. n. 960 del 1965 ha invece stabilito il principio che "i controlli sugli atti delle Province, dei Comuni e dei loro consorzi" rientrino nella competenza dell'Amministrazione regionale, sia che spettassero "al Prefetto, alla Giunta provinciale amministrativa ed al Consiglio di prefettura", sia che fossero svolti dagli "organi governativi centrali". E già da questo esordio si può dunque desumere - come ha chiarito a suo tempo la I Sezione del Consiglio di Stato - che nello speciale ordinamento della Regione Friuli- Venezia Giulia non vi é spazio per una sistematica contrapposizione fra controlli tipici e controlli atipici, gli uniattribuiti alla Regione stessa, gli altri tuttora assegnati - per lo meno in via di massima - alle competenti autorità dello Stato.

Che la generalità dei controlli sugli atti degli enti locali, larghissimamente concepiti, ricada comunque fra le attribuzioni regionali, é poi confermato dalle successive previsioni del d.P.R. n. 960. Nel configurare una serie di eccezioni al principio informatore dell'art. 1, tali norme considerano infatti - con l'intento di colmare ogni lacuna - non solo certe forme di controllo atipico, ma anche talune funzioni di amministrazione attiva, in quanto collegate od interferenti con i controlli regionali. Così, specialmente, l'art. 3, primo comma, precisa che "gli organi statali continuano ad esercitare il controllo sugli atti relativi ai servizi di interesse generale dello Stato..."; l'art. 3, terzo comma, dispone che "restano ferme le attribuzioni surrogatorie demandate al Prefetto per l'adozione delle ordinanze contingibili ed urgenti in materia di edilizia, polizia locale ed igiene"; l'art. 4, primo comma, ritiene addirittura necessario ribadire che spettano agli organi dello Stato i controlli sugli organi dei Comuni e delle Province; l'art. 5, secondo comma, affida ancora allo Stato "i provvedimenti di costituzione, modificazione ed estinzione" dei consorzi fra Comuni e Province; l'art. 6, secondo comma, fa salve "le attribuzioni che le leggi vigenti demandano... alla Commissione centrale per la finanza locale". Ed é abbastanza evidente che queste ed altre simili riserve sarebbero state superflue (o controproducenti) qualora il d.P.R. n. 960 si fosse ispirato al criterio di conservare allo Stato - in linea di principio - l'insieme dei controlli cosiddetti atipici.

D'altra parte, se l'autorizzazione agli acquisti dei Comuni e delle Province non figura in questo dettagliato elenco di competenze statali attinenti ai controlli sugli enti locali, ciò non é imputabile ad un'accidentale dimenticanza del legislatore. Nell'art. 8 del d.P.R. 26 giugno 1965, n. 959, elaborato ed emanato contemporaneamente al d.P.R. n. 960, si dispone in modo espresso, quanto alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza operanti nella Regione Friuli-Venezia Giulia, che "nulla é innovato circa le competenze degli organi statali previsti dalla legge 21 giugno 1896, n. 218, e dal regolamento approvato con regio decreto 26 luglio 1896, n. 361, per l'accettazione di lasciti o donazioni". Sicché la circostanza che le autorizzazioni agli acquisti non vengano affatto menzionate, relativamente agli enti territoriali ricompresi nella Regione medesima, concorre a far concludere che le norme di attuazione dello Statuto speciale hanno voluto coinvolgerle nel trasferimento dei poteri di controllo già spettanti allo Stato.

4. - Né si può dire che le norme di attuazione, così ricostruite ed applicate, trasferiscano alla Regione Friuli-Venezia Giulia poteri che non le spetterebbero secondo i criteri seguiti da questa Corte nella sentenza n. 62 del 1973. L'originaria ragion d'essere dell'istituto dell'autorizzazione agli acquisti effettuati dagli enti morali di qualunque specie consisteva, in verità, nel prevenire fenomeni considerati pregiudizievoli di pubblici interessi, facenti capo allo Stato ed all'intera collettività nazionale. Ma nei riguardi degli enti territoriali minori (nonché delle istituzioni pubbliche di beneficenza) la successiva evoluzione dell'istituto stesso ha avuto ed ha di mira la soddisfazione di esigenze che sono almeno in parte diverse e più specifiche, in quanto peculiari delle istituzioni autorizzate: come si ricava con chiarezza dall'art. 2 del citato r.d. 26 luglio 1896, n. 361, per cui le amministrazioni interessate all'acquisto di beni stabili a titolo corrispettivo sono tenute a dimostrare - in particolar modo - "la sicurezza dell'acquisto", "il valore dello stabile da acquistare", "la convenienza dell'acquisto e la disponibilità dei mezzi", anche in relazione all'"adempimento del fine dell'ente".

Coerentemente con tali premesse, la giurisprudenza della Corte si é espressa nel senso che l'autorizzazione agli acquisti di immobili ed all'accettazione di lasciti e donazioni da parte di enti locali, pur essendo "qualitativamente diversa dagli ordinari controlli di merito" cui si riferisce l'art. 130, secondo comma, Cost., rappresenti pur sempre "una particolarissima figura di controlli" sugli atti degli enti medesimi (secondo le affermazioni rispettivamente contenute nelle sent. n. 62 del 1973 e n. 139 del 1972). Sotto questo aspetto, la funzione in esame si trova pertanto in quel rapporto di "stretta connessione" con altre funzioni di sicura spettanza regionale, in vista del quale si giustifica l'integrazione delle competenze attribuite alle Regioni (ai sensi del principio direttivo enunciato dall'art. 1, terzo comma, n. 1, della legge 22 luglio 1975, n. 382). E le norme di attuazione del relativo Statuto fanno appunto intendere che tale integrazione si é verificata, limitatamente agli enti territoriali minori sottoposti al controllo della Regione Friuli-Venezia Giulia.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spetta alla Regione Friuli-Venezia Giulia il potere di autorizzare i Comuni, le Province ed i loro consorzi all'acquisto di beni immobili ed all'accettazione di lasciti e donazioni; ed in conseguenza annulla la nota del 7 aprile 1975, n. 1/4C-91, con la quale il Commissario del Governo presso la Regione stessa ha rivendicato il predetto potere allo Stato.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 novembre 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 6 dicembre 1977.