Sentenza n. 138 del 1977
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SENTENZA N. 138

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 12 del d.lg.lgt. 27 febbraio 1919, n. 219, convertito in legge 24 agosto 1921, n. 1290 (esprospriazione senza previo indennizzo o idonea garanzia), promosso con ordinanza 21 marzo 1974 dalla Corte di cassazione nel procedimento civile vertente tra Cangiano Colomba ed altri e il Comune di Napoli, iscritta al n. 469 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3 del 3 gennaio 1975.

Visto l'atto di costituzione del Comune di Napoli;

udito nell'udienza pubblica del 19 ottobre 1977 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;

udito l'avv. Tommaso Peccerillo per il Comune di Napoli.

Ritenuto in fatto

In sede di decisione sull'impugnazione avverso una pronuncia conseguente a un giudizio di rinvio, la Corte di cassazione, occupandosi per la seconda volta delle pretese risarcitorie avanzate dai congiunti Cangiano nei confronti del Comune di Napoli in relazione ad un'espropriazione di loro beni, avvenuta nel 1939, e da essi ritenuta illegittima, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 d.lg.lgt. 27 febbraio l9l9, n. 219, in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione.

Si osserva nell'ordinanza di rimessione che la norma impugnata prevede, secondo la comune interpretazione giurisprudenziale, una forma di espropriazione di urgenza non condizionata dall'effettivo deposito dell'indennità provvisoria stabilita dal prefetto. Conseguentemente sarebbe lecito il trasferimento del bene espropriato sulla base della semplice determinazione dell'importo dovuto, senza il previo deposito dell'indennità.

La norma denunciata, permettendo che il pagamento avvenga anche a grande distanza di tempo, eventualmente dopo la svalutazione della moneta cagionata dagli eventi bellici, contrasterebbe con l'art. 42 della Costituzione, secondo cui l'espropriazione é consentita "salvo indennizzo".

L'illegittimità del'impugnato art. 12 apparirebbe inoltre evidente per effetto di una comparazione con le più comuni fattispecie espropriative, nelle quali il legislatore ha condizionato l'effetto ablativo al previo deposito dell'indennizzo. La stessa norma, risultando poi modificata dall'art. 19 della legge 29 maggio 1939, n. 1208, nel senso che anche nell'ipotesi di procedura espropriativa abbreviata la somma stabilita sia previamente depositata presso la Cassa depositi e prestiti, creerebbe una disparità di trattamento tra coloro cui siano state applicate le leggi speciali per Napoli prima o dopo l'entrata in vigore della citata legge del 1939. Per tali ragioni sarebbe violato l'art. 3 della Costituzione.

Il giudice a quo motiva a lungo sull'ammissibilità della questione proposta, prospettandosi il quesito se dopo una prima sentenza di Cassazione con rinvio ed enunciazione del principio di diritto cui avrebbe dovuto adeguarsi il giudice di merito - con effetto vincolante per tutte le successive fasi del giudizio - si verifichi ancora la possibilità di provocare un giudizio di legittimità costituzionale avente ad oggetto la norma che dovrebbe ormai esser necessariamente applicata. Risolve tale dubbio in senso positivo, osservando che se la novazione legislativa può travolgere il principio di diritto enunciato nella sentenza di rinvio, il medesimo effetto deve verificarsi qualora sia riconosciuta la illegittimità costituzionale della norma da applicarsi, con conseguente rilevanza della relativa questione.

Si é costituito innanzi a questa Corte il Comune di Napoli, rappresentato e difeso dagli avvocati Amedeo Gleijeses e Tommaso Peccerillo, con atto di deduzioni depositato il 23 ottobre 1974, chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione proposta.

La difesa del Comune eccepisce preliminarmente che la Corte di cassazione, in quella sede, non avrebbe potuto sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'impugnato art. 12, perché i principi vigenti in tema di giudizi di rinvio avrebbero precluso siffatta proposizione. Nel merito osserva in primo luogo che la norma costituzionale nulla dispone in ordine al momento in cui deve essere pagata l'indennità all'espropriato, limitandosi ad assicurare che l'espropriazione avvenga "salvo indennizzo". Soggiunge quindi che numerose leggi prevedono che il pagamento dell'indennità avvenga dopo l'avvenuta ablazione, e che la norma impugnata prevede una espropriazione d'urgenza, con determinazione immediata di una indennità provvisoria, salvo determinazione di quella definitiva da parte della Giunta Speciale prevista dalla legge per il risanamento della città di Napoli, la cui competenza é richiamata dall'art. 19 del d.lg.lgt. 27 febbraio 1919, n. 219.

Con memoria depositata il 5 ottobre 1977 la difesa del Comune, sviluppando ampiamente le argomentazioni svolte nell'atto di costituzione, ha concluso per l'infondatezza della questione proposta, insistendo ulteriormente, in pubblica udienza, nelle conclusioni prese.

Considerato in diritto

1) La Corte costituzionale é chiamata a decidere se contrasti o meno con gli artt. 42 e 3 della Costituzione l'art. 12 del d.lg.lgt. 27 febbraio 1919, n. 219 (convertito in legge 24 agosto 1921, n. 1290), nella parte in cui non condiziona la particolare espropriazione d'urgenza da esso prevista al preventivo deposito dell'indennità, o quanto meno, a precise modalità che assicurino l'effettivo pagamento della medesima.

La norma é denunciata per il dubbio che essa consenta un illimitato differimento nel tempo del deposito dell'indennizzo il quale apparirebbe in tal modo aleatorio e potrebbe anche assumere carattere irrisorio per effetto della svalutazione, con conseguente violazione dell'art. 42 della Costituzione.

Secondo l'ordinanza di rimessione sarebbe nel contempo vulnerato l'art. 3 della Carta costituzionale perché la deroga al principio generale del preventivo deposito dell'indennità d'espropriazione non avrebbe idonea giustificazione e creerebbe, persino nell'ambito delle stesse espropriazioni previste dalle leggi speciali per Napoli, una disparità di trattamento tra gli espropriati in base a leggi anteriori al 1939 e quelli che hanno subito il procedimento ablativo dopo l'entrata in vigore della legge 29 maggio 1939, n. 1208, il cui art. 19 reintroduce l'obbligo del previo deposito dell'indennità.

2) Occorre innanzitutto vagliare l'eccezione di inammissibilità della questione, formulata nell'atto di costituzione dal Comune di Napoli. Essa é infondata. Non può invero condividersi il dubbio che il regime delle preclusioni proprio del giudizio di rinvio impedisca la proposizione della questione di legittimità costituzionale di quella norma da cui é stato tratto il principio di diritto cui deve uniformarsi il giudice di rinvio; e cio quando anche questi si sia già pronunciato con decisione impugnata.

Infatti la contraria interpretazione contrasta con il chiaro disposto degli artt. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948 e 23 della legge n. 87 del 1953, secondo cui tali questioni possono essere sollevate nel corso del giudizio, senza alcuna specifica limitazione. In tal senso é del resto la comune interpretazione giurisprudenziale e dottrinale. Si può inoltre aggiungere che, altrimenti, la Corte costituzionale non potrebbe pronunciarsi sulle questioni di legittimità costituzionale relative a norme che devono ancora ricevere applicazione nella fase di rinvio, con conseguente violazione della disposizione costituzionale sopra indicata.

3) Nel merito, entrambe le censure prospettate non sono fondate.

La norma impugnata configura, secondo una costante trentennale interpretazione della Cassazione, il decreto prefettizio di immissione nel possesso dei beni come provvedimento nel contempo formalmente e sostanzialmente espropriativo, e ne condiziona la validità alla determinazione prefettizia di una somma che l'espropriante dovrà depositare in via provvisoria, salva la determinazione dell'indennità definitiva da parte dell'apposita Giunta arbitrale istituita presso la Corte di appello di Napoli. Va soggiunto che secondo il denunciato art. 12 il momento assunto per la commisurazione del valore del bene viene a coincidere con quello in cui il provvedimento produce l'effetto ablativo.

Tale speciale procedura espropriativa non contrasta con gli invocati principi costituzionali.

Infatti l'art. 42 della Carta dispone che "la proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale". Per costante giurisprudenza di questa Corte l'indennizzo non rappresenta un integrale risarcimento del pregiudizio subito dal proprietario, bensì il massimo di contributo e di riparazione garantito all'interesse privato; esso tuttavia non può essere fissato in misura simbolica o irrisoria, ma deve rappresentare un serio ristoro.

Dalla funzione dell'indennizzo, così delineata, non deriva che il deposito dello stesso debba precedere necessariamente, in ogni previsione legislativa, il provvedimento di espropriazione.

Neppure é fondata la censura mossa sotto il profilo che all'espropriato non spetterebbero mezzi giuridici adeguati per costringere l'espropriante al pagamento dell'indennizzo e all'eventuale risarcimento dei danni provocati da un suo illecito comportamento.

Invero, alla stregua della comune interpretazione giurisprudenziale e dottrinale, trova applicazione anche al caso di specie il principio, deducibile dall'art. 1183 del vigente codice civile (art. 1173 c.c. del 1865), secondo cui quod sine die debetur statim debetur. Ossia, perfezionatosi il procedimento amministrativo ablativo con il provvedimento d'espropriazione, e sorta in capo all'espropriante l'obbligazione di indennizzo, il privato può sempre ottenere che il giudice fissi un congruo termine perché la pubblica amministrazione espropriante depositi l'indennizzo, scaduto il quale termine sorgerà a favore del soggetto espropriato il diritto al risarcimento dei danni previsti dall'art. 1224 c.c.. Per giurisprudenza costante l'espropriato, se dimostri di essere stato danneggiato dal comportamento anormale e colposo dell'espropriante, può ottenere altresì il risarcimento dei danni che ne sono conseguiti, fino a comprendervi, nei congrui casi, anche gli effetti della svalutazione sopravvenuta nel frattempo.

Risulta pertanto erroneo l'assunto da cui muove l'ordinanza di rimessione, mentre non sarebbe pertinente il rilievo, ai fini del giudizio rimesso a questa Corte, che nel caso di specie gli interessati non abbiano fatto valere in tempo utile i mezzi giuridici loro conferiti dall'ordinamento.

4) Neppure sussiste la denunciata violazione dell'art. 3 della Costituzione. La deroga al principio del preventivo deposito dell'indennizzo appare ragionevole e giustificata sol che si consideri che essa é prevista per i casi di espropriazione d'urgenza ed é configurata in provvedimenti legislativi dettati per attuare speciali opere di risanamento e bonifica di alcuni rioni del Comune di Napoli.

Alla disparità di trattamento, prospettata dal giudice a quo, tra coloro che subirono in Napoli procedure espropriative prima o dopo l'entrata in vigore della legge 29 maggio 1939, n. 1208, si obietta, come questa Corte ha già altre volte affermato, che "non può contrastare il principio di eguaglianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti ma in momenti diversi nel tempo, perché lo stesso fluire di questo costituisce di per se elemento diversificatore in rapporto a situazioni concernenti sia gli stessi soggetti come gli altri componenti dell'aggregato sociale" (sentenza n. 92 del 1975).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 del d.lg.lgt. 27 febbraio 1919, n. 219 (convertito in legge 24 agosto 1921, n. 1290), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 novembre 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 6 dicembre 1977.