SENTENZA N. 122
ANNO 1977
REPUBBLICA ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI,
Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Leopoldo ELIA
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel
giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 573 del codice penale,
promosso con ordinanza emessa il 21 dicembre 1974 dal pretore di Roma, nel
procedimento penale a carico di Nicola Aliotta,
iscritta al n. 175 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 166 del 25 giugno 1975.
Visto
l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito
nell'udienza pubblica dell'11 1977 il Giudice relatore Alberto Malagugini;
udito
il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti,
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.
- Nel corso di un procedimento penale a carico di Nicola Aliotta,
per la sottrazione consensuale di Maria Rinaldi, di anni 20, all'esercente la
patria potestà su di lei, il pretore di Roma, con ordinanza 21 dicembre
Ad
avviso del giudice a quo, la norma denunziata, secondo l'interpretazione datane
dalla più diffusa dottrina e unanimemente dalla giurisprudenza, nell'escludere
la punibilità del minore, darebbe luogo, anzitutto, ad un'ingiustificabile diseguaglianza di trattamento in materia penale, per non
tener nel debito conto l'evoluzione psico- fisica dei
minori nell'epoca attuale e la loro maturità intellettiva, specialmente
nell'età compresa fra i 18 e i 21 anni.
Sempre
secondo il giudice a quo, si avrebbe,
poi, una lesione del principio "della responsabilità penale personale
dell'imputato" in quanto la posizione volitiva del minore sarebbe ridotta
nello schema normativo del mero consenso, anche nei casi in cui quest'ultimo
fosse l'esclusivo protagonista dell'attività criminosa, ed il soggetto
incriminato dalla norma venisse a trovarsi in una posizione del tutto passiva
di acquiescenza.
L'ordinanza
é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale.
2.
- Innanzi a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
Dopo
aver accennato all'opinione dottrinale, secondo la quale il minore consenziente
sarebbe coautore del fatto e personalmente responsabile dell'azione delittuosa,
l'Avvocatura osserva che, secondo l'opposto (e più diffuso) orientamento
prevalente in dottrina e senza contrasti in giurisprudenza, la disposizione
censurata troverebbe la sua ratio nell'esigenza di tutelare la famiglia di cui
il minore fa parte e quindi di evitare l'offesa ad un bene che é anche di
quest'ultimo. In presenza di un fatto compiuto in
danno di se come in altre ipotesi penalmente apprezzate, ragionevolmente il
legislatore avrebbe escluso che sia punito il minore, nei cui confronti
potrebbero essere adottate le misure previste dal codice civile.
Deduce,
infine, l'Avvocatura che la incriminazione del minore
costituirebbe grave remora alla presentazione della querela e ciò renderebbe
praticamente inefficace la tutela cui é diretta la norma impugnata.
Considerato in diritto
1.
- Viene sottoposta alla Corte la questione se l'art.
573 del codice penale violi gli artt. 3 e 27 della
Costituzione, nella parte in cui non consente di estendere la
incriminazione al minore sottratto con il di lui consenso e
"costringe nel contempo la partecipazione psichica di esso minore entro
uno schema sterile e pregiudizievole per la responsabilità penale
dell'imputato".
2.
- La questione é inammissibile per manifesta irrilevanza.
L'eventuale
estensione al minore, qualificato dal giudice a quo concorrente necessario nel
reato, della incriminazione di cui all'art. 573 del codice penale, non
spiegherebbe effetto di sorta nel caso di specie, per il tassativo disposto
degli artt. 25, comma secondo,
della Costituzione, e 2 del codice penale.
Neppure
una decisione del genere resa dalla Corte potrebbe incidere sulla posizione
dell'imputato, che risponde e continuerebbe a rispondere unicamente del proprio
fatto doloso, quale apprezzabile dal giudice, in tutti i suoi aspetti, con gli
strumenti e nei limiti stabiliti dall'ordinamento.
La
questione posta dal giudice a quo e che sollecita alla
Corte una scelta di politica legislativa ad essa estranea, é, dunque,
manifestamente irrilevante, anche a prescindere dal fatto che, con l'entrata in
vigore della legge 8 marzo 1975, n. 39, la sottrazione ex art. 573 del codice
penale é punibile soltanto se commessa nei confronti di persona che abbia
compiuto gli anni quattordici ma non abbia ancora compiuto gli anni diciotto.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 573 del
codice penale, in riferimento agli artt. 3 e 27 della
Costituzione, sollevata con l'ordinanza in epigrafe.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 15 giugno 1977.
Paolo
ROSSI - Luigi
OGGIONI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI -
Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI -
Alberto MALAGUGINI.
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata
in cancelleria il 20 giugno 1977.